Ok, sono un povero peccatore
A causa del mio pessimo rapporto con la puntualità e le scadenze, questo post vi arriva con il “dovuto” ritardo. Ma quando si sceglie un blogger preferito lo si prende tutto, nel bene e nel male, nella buona e nella cattiva sorte… Ah, a proposito di matrimoni: l’ultimo post, quello sui matrimoni, ha scatenato una serie di commenti molto interessanti che vi invito a leggere e ai quali potreste replicare, se vi va.
Comunque, dicevamo: accolgo oggi l’invito di Emanuela a partecipare al Carnevale della Fisica (invito che, a proposito di scadenze, scade esattamente domattina). Insomma, qualche settimana fa mi viene chiesto di scrivere un articolo su “Fisica e Arte”. Io accetto forte del mio entusiasmo per le sfide, salvo poi ricordarmi che le mie nozioni di “Fisica” si limitano al sapere che gli oggetti cadono, generalmente, verso il basso. Non che le competenze sull’Arte vadano molto meglio: so giusto che La Venere di Botticelli è un dipinto di Michelangelo, ma non molto di più.
Cosa c’entro con “Arte e Fisica”?
In poche parole, mi sono messo in un pasticcio. Ma non mi sono dato per vinto e mi sono detto: Andre, la Fisica, prova a pensare a cosa rappresenta per te la Fisica. Mi sono risposto che Beh, per me la Fisica è la curiosità di scoprire i meccanismi che stanno dietro agli eventi del mondo, un po’ come la psicologia cerca di capire i meccanismi che stanno dietro ai processi della mente. Insomma, la Fisica, come la Psicologia, nasce da un forte desiderio di non fermarsi alla superficie delle cose, un voler scendere in profondità per meglio capire cosa accade intorno e dentro di noi.
Ok, ci siamo quasi, ho pensato. Questa concezione di Fisica mi si addice, ci sono dentro in pieno. Ora non mi resta che capire cosa “ci azzecco” con l’Arte… Decido di prendere spunto da Wikipedia, e trovo:
“L’arte, nel suo significato più ampio, comprende ogni attività umana – svolta singolarmente o collettivamente – che, poggiando su accorgimenti tecnici, abilità innate e norme comportamentali derivanti dallo studio e dall’esperienza, porta a forme creative di espressione estetica. Nella sua accezione odierna, l’arte è strettamente connessa alla capacità di trasmettere emozioni.”
Mmhh… Un’attività umana che viene svolta collettivamente, che poggia su accorgimenti tecnici ma anche su abilità innate, che necessita su studio ed esperienza e che porta a forme creative di espressione, a trasmettere emozioni… Ma… Ce l’ho! Cosa, per me, rispecchia questa definizione di Arte più del mio lavoro, l’educatore? Da qui nasce l’idea di questo decalogo.
Raccontare la fisica ai giovani di oggi
Ben poche sfide educative appaiono oggi, a mio modo di vedere, più difficili del dare ai giovani una certa concezione del mondo, come dire: scientifica. “Scientifica” che non vuol dire affatto il dover imparare le formule dietro alla relatività piuttosto che alla fisica quantistica. Si tratta del modo di ragionare sugli eventi, si tratta di lasciarsi emozionare non soltanto dall’ultimo litigio da Maria De Filippi, ma anche dalle balene in via d’estinzione, dai lampi che arrivano prima dei tuoni, dalle stelle che noi vediamo com’erano milioni di anni fa.
Sembra una sfida persa in partenza, perché una balena ha ben poco appeal se messa a confronto con un tronista di Uomini e Donne. Ma noi adulti abbiamo il compito di trasmettere questo interesse, questo atteggiamento nei confronti della conoscenza. Vi presento quindi le mie personalissime regole per farlo bene: certamente si tratta di una lista incompleta, che vi invito a concludere nei commenti.
1. Entusiasmarsi
Prima regola: entusiasmo! Un ragazzino, un adolescente, ha un approccio alla conoscenza basato sulle emozioni (tradotto: poca testa e molto cuore) e cerca inesorabilmente di succhiare le emozioni della vita da chi ha percorso il viaggio prima di lui. Non dobbiamo trasmettergli “concetti”, ma “emozioni”. Purtroppo per poterlo fare dobbiamo essere noi per primi a provarle: ciò che raccontiamo ci deve entusiasmare.
2. Romanzare (ma non inventare) per trasmettere emozioni
Difficilmente un giovane capirà da solo l’importanza e la forte emozione connessi alle regole del galleggiamento dei corpi. Illustrare la formula sarebbe inutile, ma raccontare di Archimede e della sua esclamazione “Eureka”, del fatto che, per la gioia, è uscito nudo dall’acqua li farà sorridere e trasmetterà loro parte dell’emozione provata.
Solo un piccolo appunto: non c’è bisogno di inventare grandi storie (tipo elefanti verdi, uomini che lievitano, ufo), perché non farebbero altro che alimentare strane ed irrazionali credenze: la realtà è già sufficientemente emozionante!
3. Approfondire
Già, non posso mica raccontare ai miei ragazzi sempre la stessa teoria secondo cui schiacciando il naso agli squali questi si rimbambiscono perché hanno proprio lì un sacco di terminazioni nervose (cosa che racconto spesso, con un discreto successo) e che quindi se ti trovi di fronte uno squalo bianco è sufficiente schiacciargli il naso. Due o tre volte lo accetteranno, ma poi…? Devo variare i miei racconti, e questo è possibile se io, prima di tutto, mi informo, mi appassiono, leggo.
4. Concretizzare (magari con degli esperimenti)
Vietate formule e teorie! Bambini e adolescenti hanno un pensiero estremamente concreto, ed hanno bisogno di esempi. Gli esperimenti (ricordare quello “Dell’acqua fredda e dell’acqua calda”?) sono una possibilità grandiosa: se ne trovano a migliaia su internet e sui libri, ma si possono tranquillamente inventare.
5. Far comprendere i risvolti nella vita quotidiana
La principale obiezione che viene posta quando si parla di Fisica (o di Matematica, per esempio) è: “si, ok, ma a cosa mi serve?”. L’obiezione è del tutto lecita. Dobbiamo essere noi adulti, prima di tutto, a comprendere l’utilità profonda di certe materie per poi farla passare quando raccontiamo. Si può partire dai classici, come l’utilità della matematica per non farsi fregare al mercato quando ti danno il resto, sino alle teorie più disparate. Confidate nella vostra creatività.
6. Creare mistero, stimolare curiosità
Perché storie di ufo e fantasmi prendono tanto? Perché sono misteriose, perché generano la curiosità dell’ignoto. Un buco nero non può generare la stessa curiosità? Secondo me: sì, se raccontato nel modo giusto. Basti pensare che l’oceano più profondo arriva a 10.000 metri di profondità e l’uomo è sceso a meno della metà. Da far girare la testa, altro che fantasmi.
7. Usare il giusto linguaggio
La Fisica (e la Scienza in generale) non ha bisogno necessariamente di grandi parole e discorsi forbiti per essere compresa. E ancora meno ne hanno bisogno i ragazzi! Il linguaggio giusto deve essere terra terra, a tratti iperbolico, emozionato e, per quanto possibile, “cciovane”. È una questione di allenamento: venusta, soave, maliarda, leggiadra… Non bastava dire “bella”?
Per quel che riguarda i mezzi: se i nostri figli sono “Digital Native”, non possiamo permetterci il lusso di fare i dinosauri. Insistere con enciclopedie ed atlanti è una partita persa da quando hanno inventato Wikipedia e Google Maps. Internet non è il Demonio da combattere, ma un prezioso alleato.
8. Ironia!
Sai che voglia di imparare qualcosa, se non è divertente…!! L’ironia è spesso una chiave d’ingresso formidabile. Personalmente non saprei un accidente della Divina Commedia (lo so, non è un vanto) se non me l’avesse raccontata Benigni “a modo suo”. Se vogliamo essere ascoltati dobbiamo (anche) divertire, strappare qualche sorriso, trovare il lato comico di eventi e teorie. E tutto, e dico “tutto”, ha il suo lato comico.
9. Leggere i Feedback
Siamo nel bel mezzo di un’importante dissertazione sull’importante differenza tra Anione e Catione e la nostra “platea” si è equamente suddivisa tra una partita a Tressette e un pisolino di gruppo? Forse è il caso di cambiare argomento, di cambiare tono, di cambiare platea, insomma: di cambiare qualcosa!
Allo stesso tempo, quando vediamo di averli agganciati, dobbiamo fare uno o più affondi. Facciamo come i pescatori: lanciamo in mare più ami, ma tiriamo con vigore solo quando il pesce ha abboccato.
10. Non aver paura di annoiare
Anzi, molte volte si risulterà sicuramente noiosi, ma non dimentichiamo che noi siamo adulti e loro sono ragazzi: rientra nella nostra natura primordiale essere noiosi.
Se siete arrivati sino alla regola numero 10, questa, fate parte di una sparuta schiera di coraggiosi (o folli) che hanno voluto seguirmi sin qui. La maggior parte dei lettori si saranno annoiati prima e ne hanno tutte le ragioni, vista la lunghezza del post. Ma la paura di risultare noiosi non deve bloccarci: su dieci cantonate che prenderemo, un tiro colpirà il bersaglio e su dieci ragazzi che non ci ascolteranno, uno resterà a bocca aperta. E l’Arte di raccontare la Fisica ai giovani avrà avuto successo.