Magazine Cultura
Il carnevale in Sardegna ha mille volti affascinanti. Quello antico dei suggestivi carnevali barbaricini che - con le loro ancestrali maschere antropomorfe e zoomorfe, le vesti di pelli di capra, orbace e campanacci – rievocano riti misteriosi, danze propiziatorie e un rapporto stretto tra uomo e animale. Quello vibrante dei carnevali a cavallo, come quello di Oristano ("Sa Sartiglia"), durante il quale i cavalieri devono infilare in corsa una stella di metallo, auspicio di buon raccolto, e quello di Santulussurgiu ("Sa Carrela 'e nanti") nei quali i cavalieri mostrano il loro valore, coraggio e abilità, sfidandosi in corse temerarie per il centro cittadino. Oppure quello irriverente di Tempio con il fantoccio di Re Giorgio processato e bruciato in piazza, senza dimenticare la simbologia dei travestimenti di Bosa.
Il carnevale di Ottana affonda le sue radici nel mondo sardo arcaico e nei suoi valori agropastorali, e perpetua una tradizione mai interrotta. È una delle ricorrenze più attese dalla popolazione che partecipa attivamente dimostrando un profondo senso di appartenenza alla propria cultura.
Le maschere descrivono, attraverso spontanee interpretazioni che si sviluppano in una sorta di canovaccio, personaggi, ruoli e situazioni della vita dei campi, quali l'aratura, la semina, il raccolto; la cura, la domatura, la malattia, la morte degli animali.
A Bosa il Carnevale viene denominato Karrasegare, termine utilizzato anche per indicare i tre giorni finali e i più importanti della festa: domenica, lunedì e martedì. Il Carnevale è la festa della comunità in cui anche i ruoli sociali sono meno rigidi, è quindi caratterizzato da aspetti parodistico - satirici, con la messa in scena di eventi che coinvolgono gli abitanti del paese attraverso l'esecuzione di canti satirici.
Il carnevale di Fonni è caratterizzato dalle antiche maschere de s'Urthu e sos Buttudos che rappresentano la lotta quotidiana dell'uomo contro gli elementi della natura. S'Urthu è vestito di pelli di montone o di caprone di colore bianco o nero, ha un grosso campanaccio legato al collo, la faccia annerita dal sughero carbonizzato ("s'inthiveddu"), ed è tenuto al guinzaglio con una rumorosa catena di ferro. Sos Buttudos indossano un cappotto di orbace sopra abiti di velluto, scarponi e gambali di cuoio, sulle spalle i campanacci ("sonaggias").
S'Urhtu, l'orso, lotta continuamente tentando di liberarsi dalle catene, aggredendo uomini e cose che incontra sul suo cammino, arrampicandosi dappertutto, sugli alberi e sui balconi, aizzato ad avventarsi sulla gente e soprattutto sulle ragazze che subiscono le sue esuberanze, mentre sos Buttudos tentano di domarlo.
Il carnevale di Gavoi inizia il giovedì grasso, "jobia lardajola" (così chiamato perché in questa occasione si preparavano le fave con il lardo), con "sa sortilla 'e tumbarinos", il raduno di centinaia di tamburini. Gli strumenti sono costruiti interamente a mano con pelli di capre e pecore; anticamente si adoperavano anche le pelli di cane o d'asino. Per la realizzazione dei tamburi si riutilizzano i setacci per la farina o le forme in legno per il pecorino o i vecchi secchi di sughero usati per la mungitura e per cagliare il formaggio ("sos malùnes") o i grandi contenitori per conservare il grano ("sos majos").
Il Carnevale di Lodine si svolge il Mercoledì delle Ceneri (Merhulis de Lessia) e il protagonista del Carnevale è un fantoccio con una maschera di legno, scolpita da un artista locale, avente le fattezze o di un personaggio della comunità che durante l'anno si è distinto per un comportamento non ben accetto dal paese, oppure di un personaggio nazionale o internazionale che si è messo in evidenza con connotazioni negative.
La maschera protagonista del carnevale di Lula è Su Battileddu, la vittima. È vestito di pelli di pecora o montone, ha il volto sporco di fuliggine e di sangue e la testa coperta da un fazzoletto nero femminile, porta un copricapo con corna caprine, bovine o di cervo tra le quali è sistemato uno stomaco di capra ("sa 'entre ortata"). Sul petto porta i "marrazzos" (campanacci), sulla pancia seminascosto dai campanacci porta "su chentu puzone" , uno stomaco di bue pieno di sangue e acqua, che ogni tanto viene bucato per bagnare la terra e fertilizzare i campi.
Il carnevale di Mamoiada è uno degli eventi più celebri del folclore sardo. Le maschere tradizionali di questo carnevale sono i Mamuthones e gli Issohadores, che fanno la loro apparizione in occasione della festa di Sant'Antonio tra il 16 e il 17 gennaio, poi la domenica di carnevale e il martedì grasso. Le origini del carnevale di Mamoiada, conosciuto anche come "la danza dei Mamuthones", sono oscure, molte sono le ipotesi che sono state avanzate, nessuna effettivamente dimostrabile.
Secondo alcuni il rito risalirebbe all'età nuragica, nato come gesto di venerazione degli animali, per proteggersi dagli spiriti del male o per propiziare il raccolto.
Il carnevale a Nuoro prevede ogni anno una serie di eventi che si svolgono nelle vie del centro e che coinvolgono la popolazione ed i turisti.
Come in molti paesi della Barbagia, anche a Nuoro la festa si apre il 16 gennaio con i falò in onore di Sant'Antonio Abate, fra cui sarà premiato il fuoco più bello per magnificenza e per il coinvolgimento della comunità.
Oltre al carnevale dei bambini, che ha luogo il 2 febbraio, e ai tradizionali balli in piazza, vengono organizzate altre iniziative (cacce al tesoro, eventi di spettacolo, concorsi ecc.) che possono variare di edizione in edizione.
La manifestazione prevede poi una sfilata per le vie del centro, il pomeriggio di sabato 26 gennaio, a cui partecipano le maschere tradizionali della Barbagia, fra le quali i Mamuthones e gli Issohadores di Mamoiada, i Thurpos di Orotelli, i Bundos di Orani, i Tumbarinos di Gavoi.
Il carnevale di Ollolai è reso particolarmente suggestivo dalla presenza di numerose maschere tradizionali: Sos Bumbones. Nello specifico sos Truccos o sos Turcos sono avvolti in un telo di pizzo bianco, "inghirialettu", in passato utilizzato per ricoprire i piedi del letto ove giaceva il defunto prima della sepoltura, e portano sulle spalle su mantella rubia, uno scialle ricamato in rosso, viola e blu che per tradizione veniva usato per avvolgere il neonato durante il battesimo
Il carnevale di Olzai ha la particolarità di proseguire oltre la tradizionale data di chiusura delle manifestazioni carnascialesche: i festeggiamenti si protraggono, infatti, fino alla domenica successiva. Dalla domenica di carnevale fino al mercoledì delle Ceneri e poi anche la domenica della Pentolaccia, le strade del paese vengono percorse da vivaci sfilate di maschere.
La maschera tipica del Carnevale di Oniferi, Su Maimone, scomparsa alla fine degli anni '50 del Novecento, è stata recuperata solo da una decina d'anni, grazie alla tradizione orale tramandata dagli anziani del paese e all'apporto di alcuni studi.
Il termine Maimone deriverebbe dal greco mainomai, sono posseduto, e più in particolare dall'epiteto del Dio Dioniso, Mainoles, il pazzo, il furioso, e viene impiegato, assieme al termine Mamuthone, che presenta la stessa radice, in diversi paesi della Barbagia proprio per indicare le maschere che, rifacendosi al culto dionisiaco, impersonano i seguaci del Dio o il Dio stesso, simbolo di ebbrezza ed estasi.
Il carnevale dei Bundos, pur riallacciandosi alle antiche credenze contadine, ha probabilmente origini successive rispetto agli altri più noti carnevali barbaricini. Su Bundu è una creatura metà umana e metà bovina; il colore rosso della maschera che gli copriva il volto in origine veniva ottenuto proprio con il sangue di bue, mentre il loro forcone, "su trivuthu", simboleggiava le origini contadine.
La Sartiglia è una delle manifestazioni carnevalesche sarde più spettacolari e coreografiche. Il nome deriva dal castigliano "Sortija" e dal catalano "Sortilla" entrambi aventi origine dal latino sorticola, anello, ma anche diminutivo di "sors", fortuna. Nell'etimologia del termine è racchiuso il senso della giostra equestre legata strettamente alla sorte. Le origini della Sartiglia sono da ricercarsi nelle gare equestri medievali, praticate già dai Saraceni ed introdotte in Occidente dai Crociati tra il 1118 e il 1200. Questa corsa all'anello, probabilmente presente ad Oristano già nel 1350, potrebbe essere stata eseguita per la prima volta in occasione delle nozze del giudice Mariano II.
I protagonisti del Carnevale di Orotelli sono i Thurpos, che inscenano diverse situazioni legate alla tradizione contadina: Su Thurpu Voinarzu (il contadino) che deve governare i testardi Thurpos Boes (i buoi); i Thurpos seminatori che spargono crusca lungo il cammino; Su Thurpu Vrailarzu (il fabbro) che ferra Su Thurpu Boe e Su Thurpu che accende il fuoco con un acciarino, una pietra focaia e un cornetto di bue pieno di midollo di ferula secca ("corru esca"). Come gli altri carnevali sardi a sfondo agropastorale, il carnevale di Orotelli ripropone in chiave grottesca il capovolgimento del rapporto uomo-animale e la lotta dell'uomo contro la natura, con un rituale di propiziazione della pioggia e della fertilità della terra.
Il carnevale viene però tradizionalmente letto come rappresentazione del rapporto proprietario terriero-braccianti. L'occasione consentiva eccezionalmente ai braccianti di Orotelli di mimare l'autorità dei "padroni", senza doverne subire le conseguenze. Le persone più ricche del paese venivano inoltre "catturate" e costrette ad offrire da bere. Dal capovolgimento dei ruoli una temporanea rivincita dei più deboli.
Il carnevale a Ovodda si festeggia il Mercoledì delle Ceneri, "Mehuris de Lessia", e costituisce un momento di forte identificazione della comunità con le proprie tradizioni secolari.
Personaggio principale è Don Conte, fantoccio antropomorfo maschile, talvolta ermafrodito; indossa una larga tunica colorata da cui traspare una grossa pancia fatta di stracci che copre l’anima in ferro che lo sorregge. Sono diversi gli elementi che differenziano questo evento dagli altri carnevali barbaricini: non solo il fatto che si svolge il Mercoledì delle Ceneri, Mehuris de Lessìa, ma anche la totale assenza degli enti istituzionali nell'organizzazione dell'evento e la mancanza di qualsiasi tipo di propaganda.
I protagonisti principali del carnevale di Samugheo sono: Su Mamutzone, maschera muta col volto annerito dal sughero bruciato che, sopra un abito di fustagno nero, indossa una casacca di pelli di capra senza maniche, con una cintura da cui pendono diverse file di sonagli ("campaneddas e trinitos"); s'Urtzu, la vittima della rappresentazione, indossa un completo di pelle di caprone nero, pelli di capretto sul petto ed un unico pesante campanaccio come la capra che guida del gregge; s'Omadore, il pastore, con un lungo pastrano nero e il viso coperto di fuliggine, tiene "sa soga" (la fune), un bastone, una zucca contenente vino e il pungolo; su Traga Cortgius, personaggio che trasporta pelli bovine secche e rappresenta un presagio di morte. Il carnevale di Samugheo affonda le sue origini nella cultura agropastorale e conserva parecchi elementi del culto di Dioniso rappresentato da s'Urtzu che ne inscena la passione e la morte. Ai riti dionisiaci si può ricondurre anche il comportamento dei Mamutzones che saltano invasati intorno a s'Urtzu.
La sacralità dei Mamutzones è testimoniata dalla cantilena da questi tradizionalmente recitata mentre inseguono i bambini del paese: "S'Ocru mannu piludu non timet a nissunu, solu du Deus mannu, s'Ocru mannu corrudu..." (L'Orco grande peloso non teme nessuno, solo il grande Iddio, l'Orco grande cornuto...).
Il Carnevale di Santu Lussurgiu è caratterizzato dalla corsa a pariglie detta "Sa Carrela 'e nanti" ("strada che si trova davanti": la corsa ha preso il nome della via dove tradizionalmente si svolge l'evento, un tempo strada principale, oggi via Roma). Tra le più spericolate e spettacolari dell'isola, la corsa dei cavalli di Santu Lussurgiu chiama intorno a sé l'intera comunità: non vi è solo lo spettacolo offerto dalle audaci acrobazie equestri, ma anche la partecipazione della folla che in massa si apre un attimo prima dell'arrivo dei cavalli in corsa per richiudersi subito dopo il loro passaggio.
Le tradizioni equestri, come Sa Carrela 'e nanti, sono molto antiche, risalgono ai tempi dei Giudici di Arborea e dei viceré spagnoli che incrementarono l'allevamento razionale dei cavalli, tanto da ottenere razze speciali per le corse.
Nelle corse a pariglia che si svolgono durante il Carnevale a Santu Lussurgiu, i cavalieri mostrano una grande abilità equestre e molta compostezza, come impongono le regole di questo genere di manifestazione che ha origini nelle esercitazioni e nelle tradizioni delle cavallerie leggere.
La maschera principale del carnevale di Sarule è "sa Maschera a Gattu", che porta "duos oddes", le due gonne del costume tradizionale indossate al rovescio per nascondere i ricami e garantire l'anonimato, una copertina bianca sulla testa come simbolo della nascita, un velo nero davanti al viso come emblema della morte, e una fascia rossa intorno al capo per simboleggiare il matrimonio. Con la scelta degli indumenti usati, "sa Maschera a Gattu" perpetua simbolicamente riti agrari di morte e rinascita della natura diffusi nel mondo antico mediterraneo, tra questi i rituali dionisiaci.
Il carnevale di Tempio comincia il giovedì grasso con l'entrata trionfale in città del Re Giorgio, rappresentato da un fantoccio. La domenica si celebra il matrimonio tra Re Giorgio e la popolana Mannena, di solito abbigliata in modo audace; come vuole la tradizione, Mannena darà al re un figlio che sarà Re Giorgio per il successivo carnevale. La sfilata dei carri allegorici del carnevale tempiese ha luogo per la prima volta nel 1956. Il personaggio principale è "Giorgio", un tempo chiamato Jolgliu Puntogliu, oggi invece "Sua Maestà Re Giorgio" che rappresenta il potere in tutte le sue forme.
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