Il Carnevale è una delle feste più antiche e conosciute della tradizione veneziana. Si scrive di questa festività già in un documento del 1094, al tempo del doge Vitale Falier, che parla dei divertimenti pubblici nei giorni che precedevano la Quaresima, in seguito al ritrovamento del corpo di San Marco andato perso durante l’incendio del 1050.
Il Carnevale fu celebrato dalla Serenissima in tutta spensieratezza e allegria anche durante numerosi momenti critici come, per esempio, quando le truppe della Lega di Cambrai accendevano i fuochi dei loro accampamenti ai bordi della laguna minacciando i veneziani “fin nei stramassi”, fino ai loro materassi.
«La stagion del Carnoval tutto il mondo fa cambiar. Chi sta bene e chi sta male Carneval fa rallegrar. Chi ha denari se li spende; chi non ne ha ne vuol trovar, e s’impegna, e poi vende, per andarsi a sollazar. Qua la moglie e là il marito, ognuno corre a qualche invito, chi a giocare e chi a ballar»
Chi se non il Goldoni avrebbe meglio potuto fotografare il Carnevale con questa poesia?
Questa festa, infatti, ha sempre rappresentato una vera e propria rottura con il quotidiano, una parentesi di follia che rovescia le abitudini di tutti i giorni.
In una società in cui la fame era la regola, la vita grama del povero veniva dimenticata e per qualche giorno si metteva il “mondo alla rovescia”.
Venezia diventava un grande palcoscenico aperto a tutti e, anche se per poco, persino i rapporti gerarchici tra governante e governato, tra padrone e servitore venivano sospesi o capovolti.
Il carnevale non poteva nemmeno venir interrotto: così che la morte del doge Paolo Renier, avvenuta attorno il 13 febbraio 1789, venne comunicata solo il 2 marzo seguente, al termine di tutti i festeggiamenti.