Caro Bersani,
errare è umano, perseverare è diabolico. Peggio la pezza del buco. Sono molti i proverbi popolari che si adattano al tentativo del Pd di rimediare al clamoroso errore di astenersi sull’abolizione delle Province. Sempre che di errore si tratti e non invece di una lucida prevaricazione degli apparati sull’ elettorato.
Il responsabile enti locali del partito, Davide Zoggia, nel tentativo di sedare la rabbia che sta esplodendo nella base, ma anche nell’area di consenso, dice: “Non è che basta fare un segno con la matita dicendo abolite, anche se sarebbe più facile: dobbiamo creare delle cose che diano dei risultati”. Una giustificazione un po’ misteriosa e vaga in merito a cosa si debba intendere per risultati, ma che è straordinariamente simile all’argomento che veniva presentato fino alla primavera di quest’anno per giustificare la freddezza del Pd sui referendum: non si può semplicemente mettere una croce sopra. Invece si è scoperto che si può benissimo, che alle volte i no sono salutari contro la pigrizia e contro l’opacità. Anche il Pd alla fine se ne era convinto. Ora invece si torna alla precedente e ambigua prudenza come se tutto ciò che è accaduto, l’aria nuova che spira, alzasse le gonne, ma non la politica.
Come direbbe Carl Schmitt viviamo in tempi di eccezione, il Paese sta passando attraverso la cruna dell’ago dove si riuniscono e si confondono tutti i fili di un’epoca politica, di un assetto economico, di una cultura: tutto è in gioco e persino l’alea del tiro di dadi costituisce un azzardo minore rispetto all’immobilità. Ma questa è una mia personale opinione che non pretendo sia condivisa. Ciò che stona però, nelle sue parole come di altri esponenti del partito è quella tentazione latente, ma non troppo, di accusare i delusi e gli incazzati di demagogia.
Lei sostiene : confondere i costi della politica con il tema delle istituzioni, come si sta facendo in una confusa discussione sulle province, è un nonsenso. Ma non è un non senso passare un decennio a promettere l’ abolizione delle province per scoprire che solo ora, dopo questa astensione, il Pd sta mettendo in cantiere una proposta di “riforma complessiva” delle istituzioni? Non è stato demagogico e qualunquista lanciare delle parole d’ordine, senza curarsi di concretarle e senza nemmeno volerlo fare? E perché poi si vuole riformare l’articolazione dello Stato se questa non ha nulla a che fare con i costi della politica?
Dicevo, siamo in tempi di eccezione e le dita diventano un luogo molto scomodo dietro cui nascondersi e anche molto pericoloso perché se non si offre un progetto realmente diverso per il Paese, ma nemmeno l’impressione di essere diversi in quanto ceto politico, allora si imbocca la strada di una marginalità ideativa che precede quella dei numeri. E allora si che la demagogia avrà vinto la partita.
Caro segretario, non volevo morire democristiano, non voglio morire berlusconiano, ma di questo passo finirò per morire democristiano e berlusconiano. E morire anche male, con una pensione misera sulla quale graverà non soltanto la filosofia fiscale della destra che dà ai ricchi per togliere ai poveri (e la manovra di Tremonti ne è una dimostrazione) , ma anche il costo di un passato che non sa passare nemmeno con voi. Ammettere di aver commesso un grave errore di valutazione, grazie al quale Berlusconi l’ha scampata per l’ennesima volta, forse non sarebbe la verità. Ma alle volte una bugia che dia il segno di aver compreso ciò che si dovrebbe essere è meglio della verità che rivela ciò che si è.