Da bambina, mi innamorai perdutamente di Dai Dai, protagonista dell’anime Un fiocco per sognare. Ve lo ricordate? Avevo anche istituito un fan club, il Dai Dai fan club appunto. Contava due membri: mia sorella ed io.
Simbolo del club era una spilletta così composta: dischetto di carta con su scritte indicazioni sul club, dischetto di ovatta struccante di mia mamma -per dare volume-, secondo dischetto di carta, bianco stavolta, e spilla da balia per chiudere il tutto e fissarlo alla maglietta. Passai un’intera vacanza con questa cosa addosso. Era il mio legame magico con lui, con Dai Dai, capite? Non meritavo forse il suo incondizionato amore?
Poi, un giorno, sempre durante la stessa vacanza in Toscana, in un ristorantino tutto in pietra, lasciommi ogni speranza.
Al tavolo accanto al nostro, una bambina dai lunghi capelli biondi raccolti in un fiocco uguale ugale a quello di Erika -la principessa del Regno della Magia, nonché alter ego di Himi, l’amichetta di Dai Dai.
Fu una fitta al cuore. Quella bambina, col suo fiocco, poteva ambire al mio petit ami, almeno quanto me. E senza fatica, per giunta. Ché a lei il fiocco lo aveva messo in testa la mamma, io, la spilla, me l’ero costruita da sola.
Poi fu la volta di Sal. Sal Paradise. Io l’ho amato, vi giuro. Quando ero al ginnasio, lessi per la prima volta On the road, e mi innamorai di Sal. Ero proprio innamorata, mica per dire.
Poi lo rilessi di nuovo, On the road, a vent’anni e amai Dean. Sì, in quest’ordine, che vi può sembrare strano: a 15 anni dovrebbe piacerti Dean, poi cresci, e sei più una “da Sal” -invece no (Dean era troppo sessualmente disinibito per potermi piacere a 15 anni, sapete, e così, nel dubbio, decisi che Sal era il tipo giusto per me).
Ora, se potessi viaggiare nel tempo, non chiederei poi tanto. Non mi sposterei di millenni, non vorrei vedere Roma nel suo antico splendore, o schiavi egizi costruire immense piramidi, né prendere un tè con Santippe che mi racconta di come suo marito lasci la toilette tutta sporca. No, neanche per sogno. Io andrei senza incertezze al 1950, a incontrare Dean -Neal-, ventiquattrenne.
Per non dirvi di come soffro quando penso al corpo di Neal, perso lungo la ferrovia o di come mi emoziono a guardare la sua foto segnaletica (era l’11 luglio del ’44 e il piccolo dolce Neal veniva messo in gattabuia per furto, ma, che volete?, il mondo gli doveva tanto, troppo) e vedo quel suo naso tutto storto, che s’era procurato in un incidente -lui diceva per guardare una bambola, Kerouac pensava a un colpo di sonno.
E così, quando, stamattina, facendo un giro di blog, leggo di una che sta preparando una biografia di Neal, che volete?, mi prende forte forte una sciocca gelosia.
Ora, lo so, che anche voi vi siete innamorate di Jack, Sal, Neal, Dean, ma tacete, vi prego, sennò ci resto proprio male.