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Fenomenologia di uno scrittore narciso,
ovvero di come ci si annoia ad una presentazione di libri a Lamezia.
di Pasquale Allegro
Cronaca di uno sbadiglio.
Mica facile fare lo scrittore. Ma, soprattutto, mica facile assistere ad una presentazione di libri. Tavole rotonde infinite in cui si assiste allo straparlare di relatori ecumenici, di quelli che appaiono esausti in volto a causa della notte passata in bianco, per finire di leggere il libro da presentare.
La platea? Composta da non più di tredici, quindici persone, tra le quali solo qualche parente (tutti gli altri hanno accampato scuse o sono talmente invidiosi da non potercela proprio fare), qualche amico (come al punto dei parenti), un addetto stampa (qualche sfigato collaboratore culturale di un quotidiano, a cui è stato chiesto l’immane sacrificio di buttare giù la cronaca di uno sbadiglio), e un cliente della libreria arrivato lì per sbaglio (sempre che di libreria si parli, perché lo scrittore narciso non si accontenta di un locale angusto, certo che no).
Presentazioni di libri di poesia, narrativa, saggistica ed altri generi, dunque. Ritratti di estenuanti calvari letterari. Ad una presentazione tipo lo scenario è il seguente: libreria o caffè letterario, auditorium, teatro; in un angolo l’autore mo-ti-va-tissimo, e anche un po' su di giri, o anche no, tanta è l’emozione che gli attanaglia le viscere; sfilza infinita di relatori, che vanno dall’esperto letterario al proprio professore di liceo (“un ragazzo portato, da sempre l’avevo intuito”, la sua confessione postuma), dal parroco della propria parrocchia al politico di appartenenza ("uhm... - pensa - che posso dire se non che giovani così sono il futuro della nostra città..."), fino all’amico che poco poco se ne intende di letture, e che se quasi quasi se la sente legge pure qualche brano; ma soprattutto non può mancare l’infiltrato improvvisato, quel tuo conoscente mezzo importante (un assessorato vent’anni fa magari), che non t’aspettavi venisse e che in qualche modo riesce a cogliere riferimenti letterari del tipo: “un libro che ricorda la tensione narrativa di Carlo Emilio Gadda” (e che c’azzeccherà mai con la storia di mio nonno emigrante?). Ma... c’è proprio bisogno di cotanto stuolo di intellighenzia?
Se in Italia ci sono più scrittori che lettori, a Lamezia Terme ci sono più relatori che scrittori. Il che la dice lunga sul narcisismo degli pseudo-scribacchini-emotivi, che scrivono romanzi con la scusa di averne già troppi in testa. E immaginano che una volta scritto il loro capolavoro (oh, sono le mie emozioni!) il più sia fatto. E non gli resta altro che pensare a chi lasciar presentare questo gioiellino d’antologia.
I principali errori che si fanno in determinate situazioni?
Le presentazioni sono ovviamente trasposizioni espressive dei relatori, non ci sono presentazioni giuste o sbagliate, ma ci sono comunque tecniche da utilizzare per coinvolgere maggiormente il pubblico, per puntare su qualcosa di davvero utile e accattivante, ed evitare discorsi genera-sbadigli. Una presentazione è un atto di comunicazione e come tale va anche un minimo pianificato e strutturato. Come quando si scrive un libro si definisce una scaletta della parti e i contenuti, allora anche nel corso di una presentazione alcuni contenuti vanno organizzati in una successione logica, ma soprattutto gli stessi vanno selezionati “a misura di uditorio”.
E poi, perché insistere su relatori che non vi hanno mostrato palese interesse, a cui è evidente che non gliene frega una cippa del vostro libro? O ancora, ci sono quelli che ti confessano fintamente dispiaciuti che “sì, vengo, però devo andare via subito, sai com’è, gli impegni istituzionali...”. Oppure - il massimo dello sconforto in sala – incappare nei relatori tecnici, che li riconosci perché non finiscono più di leggere la loro relazione necessariamente “scritta”. Scritta, sì, che se ti va bene devi accollarti solo dieci pagine, dico dieci, A4 fitte fitte. Ma è mai possibile giocare così sporco con il buon senso di coloro che ascoltano con trepidante attenzione? Non ci vuole mica un manuale del perfetto relatore per sapere che gli interventi letti sono tra quelli più estenuanti da seguire, per loro natura freddi e distanti, rispetto ad un’operazione oratoria coinvolgente nella sua naturalezza espressiva.
Cari scrittorucoli di provincia, dunque, scrivete pure se proprio dovete farlo, se proprio dovete ovviare al vostro bisogno quasi fisiologico di esternare emozioni (ma non si usa più tenere un diario gelosamente custodito nel cassetto?). Concedetevelo pure insomma. Ma per la presentazione del vostro ehm... libro, per carità sceglietevi un solo compagno di sventura, al massimo due; tanto questo potrebbe essere un numero destinato disgraziatamente a crescere: non si sa mai qualcuno del pubblico possa pensare di unirsi al vaniloquio, onde evitare di ronfare profondamente.
da "Il Lametino" n. 192, ottobre 2012