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Carta dei presupposti alla buona cooperazione sociale

Creato il 30 ottobre 2011 da Raffaelebarone

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Carta di Matera 2

 L’AIRSAM, in occasione del convegno nazionale di Matera (5-8 novembre 2008), intende ribadire i presupposti culturali e operativi che fondano dal 1994 la sua politica di aggregazione tra le realtà innovative del paese e di sviluppo delle pratiche per la salute mentale e si propone di sottolineare i punti fondamentali su cui intende promuovere la propria azione di riflessione ed operatività.

L’AIRSAM riconosce il ruolo centrale delle comunità locali nelle politiche di salute mentale e fonda la cultura dei servizi e le pratiche di intervento sulla partecipazione e la responsabilità degli operatori pubblici, delle cooperative, delle associazioni, delle famiglie, degli utenti e delle istituzioni.

In coerenza con le Linee di ilndirizzo nazionali per la salute mentale, emanate dal ministero per la Salute, l’AiRsAM individua un passaggio fondamentale nella definizione da parte delle regioni e delle province autonome del progetto obiettivo regionale della salute mentale, in grado di orientare, attraverso i piani di azione locale per la salute mentale, verso comuni obiettivi di salute le diverse strutture aziendali, servizi del territorio e la comunità di riferimento.

Per una efficace attuazione del piano, la dimensione territoriale viene concepita non più solo come uno spazio amministrativo, come un contenitore di problemi ma come una comunità, quindi come un soggetto insieme al quale ricercare soluzioni, agire possibilità e organizzare decisioni.

In tale prospettiva, assume un ruolo centrale l’organizzazione dipartimentale. Essa si propone come organizzatore per la ricerca di connessioni e di comuni orientamenti tra servizi pubblici, privati sociali e non, associazioni, utenti, familiari e tutti i soggetti impegnati nel campo della salute mentale.

Il prioritario impegno del dipartimento di salute mentale consiste nel sostanziare, sul piano operativo, enunciazioni relative alla centralità della persona, alla ricerca di una dimensione collettiva delle pratiche, all’impegno contro la istituzionalizzazione. È a tutti evidente infatti come permangano diffuse e inalterate pratiche oggettivanti, che prescindono dalla valorizzazione della soggettività dell’altro; come si affermino gestioni verticistiche che trascurano il potenziale contributo di tutti gli attori coinvolti; come spesso si favoriscano circuiti paralleli rispetto alla preesistente realtà, producendo così frammentazione, dispersione di risorse, in altri termini cronicizzazione.

La dimensione organizzativa dipartimentale può consentire, ancor più che ai singoli gruppi operativi, una lettura più estesa e sistematica dei fenomeni, una maggior capacità di risposta ai problemi espressi dallo specifico contesto ambientale, in grado di saldare, in termini di continuità, gli interventi compiuti nell’età infantile ed adolescenziale con quelli dell’età adulta; in grado di superare rigide barriere fra servizi che mal si conciliano con situazioni multiproblematiche sul piano individuale, familiare ed ambientale; in grado di attivarsi in zone di confine fra sofferenza psichica e devianza, che rifuggono da facili schematizzazioni; in grado di misurarsi adeguatamente con la multiculturalità, che reclama capacità di comprensione e specifiche strategie di intervento.

Il Dsm assume come propri caratteri distintivi la capacità di rimodellarsi costantemente in funzione dei bisogni da soddisfare; l’assunzione delle caratteristiche di visibilità e di apertura; la capacità di collocarsi all’interno della più estesa rete dei sistemi sanitario e sociale; la capacità di promuovere pratiche terapeutiche emancipatrici; la capacità di riconoscere il ruolo centrale degli utenti nei processi di “guarigione”; la capacità di favorire un governo democratico e trasparente. Spetta quindi al dipartimento di salute mentale garantire per ciascun paziente un progetto terapeutico che sia:

• individuale, fondato sull’utente, sulla sua domanda e sui suoi bisogni;

• condiviso, cioè costruito con l’utente, i familiari ed in coordinamento pluri-istituzionale con le altre agenzie sociali del territorio.

Il dipartimento di salute mentale garantisce il processo terapeutico operando per la tutela di tre fondamentali istanze sociali/diritti di cittadinanza, coinvolte in tutti percorsi esistenziali di chi soffre di patologia mentale:

1. la casa, cioè l’abitare, favorendo la costituzione di gruppi familiari, con cui condividere la quotidianità, uno spazio affettivo, per lo sviluppo di un senso di appartenenza e di autonomia;

2. il lavoro, cioè l’inclusione sociale, favorendo la partecipazione alla vita comunitaria, la realizzazione personale, il sentirsi risorsa per sé e per gli altri;

3. le relazioni, cioè la possibilità di godere di una vita affettiva appagante, favorendo op-

portunità di incontro, di amicizie, di solidarietà, di rapporti sociali in generale.

L’AIRSAM riconosce, fra i punti sopra elencati, come temi prioritari del proprio interesse e della propria operatività, quelli della residenzialità e del lavoro.

La residenzialità considera l’abitare, nelle sue varie forme ed articolazioni (case famiglia, gruppi appartamento, civili abitazioni ecc.), come potenziale strumento per soddisfare bisogni fondamentali tra di loro complementari, quali quello di accedere ai diritti di cittadinanza, quello di abitare e quello di ricevere sostegno e cura. La residenzialità può consentire, a chi ha casa e a chi non l’ha mai avuta, di sperimentare l’appropriazione di spazi personali, al tempo stesso concreti e soggettivi, attraverso l’esperienza di partecipazione a un modo diverso di vivere, libero dai costrittivi vincoli concreti ed emotivi, immesso in una rete di rapporti, opportunità e risorse.

La residenzialità rappresenta una risorsa per persone con lunga storia di istituzionalizzazione, con rilevanti problemi di salute mentale, con ridotte/assenti capacità nella vita quotidiana, con assenza di rete familiare, con gravi conflittualità nella rete familiare e sociale, per persone per le quali si sono dimostrati inefficaci precedenti progetti terapeutici.

La residenzialità riconosce come elementi imprescindibili la definizione/valutazione degli obbiettivi da raggiungere, del tempo di permanenza, dei percorsi evolutivi verso forme di maggiore autonomia e di migliore qualità di vita.

La residenzialità, come gli altri elementi costitutivi la rete dei servizi, è fortemente integrata con il sistema dei servizi sanitari e sociali; è ubicata nel cuore degli insediamenti abitativi ed integrata con la comunità circostante; è di piccole dimensioni (con un numero di persone utenti non superiore alle dieci unità), tale da favorire relazioni personalizzate, emotivamente investite tra pazienti ed operatori; la sua struttura organizzativa, inoltre, è calibrata in modo coerente agli specifici bisogni di protezione, sostegno, autonomizzazione.

La residenzialità, al di là del contributo di specifici approcci e metodologie, sviluppa le proprie potenzialità terapeutiche nella valorizzazione della quotidianità, al cui interno operatori del servizio pubblico, operatori delle cooperative sociali, e anche volontari, alimentano un buona rete di relazioni finalizzata a concreti obiettivi di benessere e autonomia.

La residenzialità riconosce come soggetto terapeutico l’intero gruppo di lavoro multi-disciplinare, che opera anche nei vari contesti della comunità locale in cui la residenzialità è inserita, che si confronta, non soltanto con la presa in carico dei pazienti, ma anche con le implicazioni politiche, sociali, economiche, antropologiche e culturale cui la sofferenza di questi fornisce rappresentazione ed espressione.

L’AIRsAM riconosce il lavoro come tema centrale per la promozione della salute mentale della persona. L’attenzione al lavoro, agli attori e alle istituzioni del suo mondo poggia sulla convinzione che non esista diritto di cittadinanza senza il superamento della condizione di “improduttività” per le fasce deboli, fra cui annoveriamo gli utenti dei servizi di salute mentale.

È a tutti noto che promuovere la salute e il benessere sociale consente di ridurre la povertà, l’emarginazione, il disagio sociale incrementando la produttività del lavoro, i tassi di occupazione, la crescita complessiva dell’economia; è a tutti noto al contempo che un aumento della qualità della occupazione e delle occasioni di lavoro per un arco di vita più lungo si traduce in maggiore salute, prosperità e benessere per tutti.

Il tema del lavoro chiama in gioco il mercato del lavoro, le imprese, le istituzioni, il sistema dei servizi e il contesto politico istituzionale. Dopo un’eclisse durata più di un decennio, il lavoro è tornato ad essere un tema centrale sia nella riflessione delle scienze organizzative e sociali sia nell’opinione pubblica. Di lavoro si parla oggi soprattutto per via della sua mancanza per un numero crescente di persone che dallo stato di disoccupazione rischia di passare all’emarginazione sociale; ma di lavoro si parla anche perché esso è investito dalle profonde trasformazioni dell’economia, dei mercati, della tecnologia e dell’organizzazione che ne stanno modificando radicalmente la natura e la struttura. Sulla natura di questi cambiamenti e soprattutto sulle prospettive future non c’è accordo tra i ricercatori e le posizioni divergono significativamente, ma tutti sono concordi sulla rilevanza di tali cambiamenti e sul fatto che per fronteggiare le sfide del futuro occorra porre al centro dell’attenzione lo sviluppo delle risorse umane inteso non solo come sviluppo delle conoscenze e competenze, ma come empowerment della persona.

In un mondo produttivo che sembra oggi proporsi di correlare obiettivi tecnici ed economici con obiettivi di integrità delle persone occupate, che sembra essere maggiormente consapevole di essere una componente vitale dell’ambiente in cui è inserito, una particolare attenzione deve essere rivolta alle cooperative di tipo B. Esse infatti nascono “socialmente capaci” e si impegnano a diventare “aziendalmente capaci” per due sostanziali motivi: il primo banalmente economico, per realizzare davvero e per quanto possibile la trasformazione delle persone sofferenti da soggetti assistiti a soggetti produttivi; l’altro perché la pregnanza del ruolo lavorativo assegnato alla persona sofferente è il fattore che produce il cambiamento maturativo e di crescita personale verso una reale autonomia.

Le cooperative coerentemente alla carta dei presupposti alla buona cooperazione sociale assumono come valori peculiari la democrazia, la mutualità, la solidarietà e affermano il primato della persona che compone l’impresa sul capitale e dei conseguenti comportamenti ispirati al principio della partecipazione, protagonismo e responsabilità decisionale di ogni membro che ne faccia parte su quelli dell’efficientismo e del profitto; riaffermano di conseguenza il valore della dignità del lavoro e la difesa comune dello stesso ritenendolo veicolo di inclusione e di cittadinanza per vecchie e nuove categorie di persone svantaggiate.

Carta dei presupposti alla buona cooperazione sociale

Lo sviluppo della cooperazione sociale è storicamente caratterizzato da un ruolo sussidiario del servizio pubblico. Molte risposte territoriali, molti processi culturali per l’emancipazione di persone a bassa contrattualità sociale, sono stati quindi posti in essere grazie alla presenza, nei vari territori, di imprese sociali: dal superamento degli ospedali psichiatrici, ai servizi domiciliari, all’inserimento lavorativo.

Nonostante diverse normative, fra cui la L. 328/00, abbiano formalmente riconosciuto tale profilo attribuendo al terzo settore e alla cooperazione sociale un importante ruolo nella realizzazione del relativo nuovo modello di welfare, si stenta a passare dalla enunciazione di principio alle prassi. Nel riaffermare pertanto, coerentemente, la centralità di un servizio pubblico garante di giustizia, equità e solidarietà sociale, riteniamo che il welfare che si intende costruire non possa rinunciare al ruolo che ha svolto e continua a svolgere la “buona cooperazione sociale”.

Presupposti alla buona cooperazione sociale. Consideriamo prerequisiti di una cooperazione sociale di qualità:

a) la genesi dell’impresa;

b) i valori identitari;

c) la finalità pubblica.

La genesi dell’impresa. Intendiamo il processo associativo libero di persone motivate che si incontrano e condividono una idea-progetto, su di essa investono, si mettono in gioco, intraprendono azioni finalizzate alla sua realizzazione. L’essenza dell’impresa è allora il suo capitale umano.

I valori identitari. Sono valori peculiari della cooperazione la democrazia, la mutualità, la solidarietà. Il riconoscimento costituzionale della funzione sociale della cooperazione (art. 45) a carattere mutualistico e senza fini di speculazione privata afferisce anche al carattere democratico e solidaristico che la cooperazione riveste nella società e nell’economia. Riaffermiamo pertanto il primato della persona che compone l’impresa sul capitale e dei conseguenti comportamenti ispirati al principio della partecipazione, protagonismo e responsabilità decisionale di ogni membro che ne faccia parte su quelli dell’efficientismo e del profitto. Riaffermiamo il valore della dignità del lavoro e la difesa comune dello stesso ritenendolo veicolo di inclusione e di cittadinanza per vecchie e nuove categorie di persone svantaggiate.

Finalità pubblica. Intendiamo l’intraprendere sociale coerentemente ispirato a «perseguire l’interesse generale della comunità alla promozione umana e all’integrazione sociale dei suoi cittadini» (art.1 L. 381/91). Riaffermiamo allora la centralità delle persone di cui ci prendiamo cura ritenendo fondamentale per il suo perseguimento la messa in campo di buone pratiche attraverso professionalità contraddistinte da motivazione, competenza ed eticità.

Dare senso. Su queste basi condividiamo con istituzioni, enti, associazioni, operatori sociali e sanitari, per la realizzazione di un welfare locale integrato, la necessità di assumere in quanto rilevante:

• l’impiego delle risorse economiche sanitarie e sociali non come costo passivo per la collettività

ma come volano di sviluppo sociale ed economico delle comunità, generatore di

salute e benessere dei cittadini e in grado di sostenere lo sviluppo dell’impresa locale e   dell’occupazione;

• l’attuazione di modalità operative pubblico-privato sociale integrate, sia fra gli operatori che a vario titolo concorrono alla presa in carico e alla cura delle persone portatori di bisogno, sia fra gli enti a cui gli stessi afferiscono, attraverso l’adozione di appositi protocolli e l’integrazione delle rispettive risorse;

• la capacità innovativa dell’impresa intesa come impegno ad adeguare il proprio progetto

agli effettivi quanto mutevoli bisogni delle persone di cui ci si prende cura;

• la conoscenza e il radicamento costante della cooperativa nel territorio entro cui si svolge

l’attività come valore e come elemento di maggiore garanzia per la persona e per il servizio;

• la piccola dimensione dell’impresa non necessariamente come debolezza e fragilità della

stessa ma quale potenziale modello di maggiore democrazia e partecipazione dei soci al-

la vita associativa e quindi al più diretto protagonismo nella comunità locale;

• la storia dell’impresa intesa come capacità di testimoniare e documentare il proprio percorso di coerenza in relazione ai presupposti di cui sopra.

In conclusione riteniamo che l’Italia disponga di saperi ed esperienze in grado di realizzare un modello di welfare integrato ed efficiente incentrato su un rinnovato impegno del servizio pubblico capace di restituire centralità alla persona ed in grado di interagire e valorizzare la buona cooperazione sociale e tutte le risorse positive presenti sul territorio. Riteniamo che i presupposti alla buona cooperazione sociale abbiano dirette implicazioni sulla messa in campo di buone pratiche e quindi sulla salute e sul benessere delle persone.


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