E' già Ieri. -2015-
La Terra del Cartello si estende per due Paesi.
Si estende tra un confine, quello americano, e quello messicano.
A dividerli un muro che in realtà è tutt'altro che impenetrabile, ad unirli, la violenza incessante, il regime di paura che quel Cartello ha instillato negli abitanti di queste città.
La reazione è la stessa, ma ha motivi e basi morali diverse: l'autodifesa, la creazione di vigilanti.
Da una parte -quella americana- vigilante significa quello che pensiamo, quella connotazione negativa che identifica più o meno dei bifolchi, alcolisti o ex-alcolisti, che si fanno giustizia da soli.
È il caso di Tim Foley, che da un passato di abusi fisici e psicologici paterni e da un passato fatto di droghe pesanti e alcool, ne è uscito decidendo di pattugliare quel confine da cui immigrati illegali entrano a rubargli il lavoro. In divisa mimetica, con ricetrasmittenti e binocoli, si aggira tra le colline alla ricerca di quei stranieri, facendo il lavoro di polizia e giustizia.
Dall'altra parte -quella messicana- nella regione di Michoacàn, la popolazione è stanca.
Il cartello che qui è rappresentato dai Cavalieri Templari, impera chiedendo il pizzo, occupando case e invadendone altre, compiendo una giustizia sommaria che equivale anche allo sterminare un'intera famiglia. Ad alzare la testa, per primo, il dottor José Manuel Mireles, medico di giorno, fondatore del movimento Autodefensas nel resto delle ore libere: un movimento che ha lo scopo di ripulire la città, di far arrestare, o peggio, chi si sa essere parte del Cartello, presidiando poi sulla liberazione, per evitare ritorsioni e vendette. In poco tempo, il movimento è riuscito a liberare gran parte della regione, città dopo città, paesello dopo paesello, in molti si sono uniti grazie al carisma di Mireles, che non ha paura di dire apertamente quello che tutti pensano, e di passare all'azione.
Che poi l'azione coinvolga armi sofisticate, fucili e pistole che con ogni probabilità proprio dal Cartello provengono, poco importa.
Importa invece che la figura di Mireles diventi una figura chiave, un'icona messicana di giustizia e moralità, che arriva presto in TV e nei giornali, diventando così pericolosa all'interno di un sistema chiaramente corrotto.
Da questa parte -quella messicana- la corruzione non si può frenare, e così se un carismatico leader che dà il potere al popolo non si piega, lo si fa piegare.
Mireles dopo essere sopravvissuto a un incedente aereo dai contorni mai chiariti che sanno di attentato, viene estromesso dal suo movimento proprio da colui che lui stesso aveva designato come successore, che si fa tentare, e cede, alle lusinghe statali, alle lusinghe del potere e del denaro, costruendo in poco tempo un nuovo Cartello, usando i metodi fatti di violenza e soprusi del vecchio.
Matthew Heineman in Cartel Land (candidato all'imminente notte degli Oscar) ci mostra tutto questo, mostra contraddizioni e ipocrisie, senza sapere lui per primo se ad essere ripresi, ad accompagnarlo, sono i buoni o i cattivi di questa storia.
Non ci risparmia nulla, né il sangue né la violenza, né del Cartello né dei vigilanti in questione.
Togliendo la patina finzionale a quelle terre in cui la droga di Heisenberg imperava e che ora si replica.
In riprese e in interviste che non fanno quasi mai affidamento a immagini di repertorio, in una narrazione che solo per quanto riguarda la parte messicana riesce a raccontare una storia -quella di Mireles- il documentario ci porta davvero dentro a queste terre di confine, a queste terre unite dallo stesso terrore, in cui gli abitanti, lasciati soli dalla legge, dalle istituzioni, reagiscono.
Che sia una reazione giusta, che sia una reazione sensata e senza doppi fini, che sia una reazione giustificabile, resta tutto da chiarire.
Regia Matthew HeinemanMusiche Jackson Greenberg e H. Scott SalinasIl TrailerSe ti è piaciuto guarda ancheSicario, Narcos
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