Cartesio, l'anima e il cervello umano...

Creato il 23 febbraio 2012 da Cribassi
(...) Storicamente è riconosciuto che la rivoluzione copernicana, con la sua portata impetuosa, rovesciò i principi geocentrici ritenuti indissolubili fino ad allora, accendendo la scintilla per tutto ciò che nei secoli a seguire determinò la vera rivoluzione scientifica.
Al pensiero copernicano si aggiunse (o si sostituì) successivamente la visione cartesiana dell’universo alla cui base vi era la volontà di ridefinire la realtà. Cartesio introdusse forse per la prima volta l’idea della dualità.Nella cosmologia cartesiana erano contemplati due elementi chiave che costituivano l’universo: una sostanza infinita (il Dio creatore) e una sostanza finita (il mondo creato da Dio). Conseguentemente vi era la rappresentazione di una realtà duale, spesso contrapposta e che vedeva da una parte l’essere supremo e dall’altra parte la sua creazione in una costante e perpetua contrapposizione che ne determinava un distacco netto e imprescindibile.Questo si traduce in una classificazione della realtà secondo la teorizzazione di due verità fondanti (http://www.storiafilosofia.it/cartesio/):
a) la psicologia, la quale sostiene che:
  • L’anima è una realtà insopprimibile, cioè una sostanza.
  • L’anima, in quanto pensiero, non occupa spazio alcuno ed è quindi distinta dal corpo.
  • L’anima è immortale.
b) la teologia, cioè l’esistenza di Dio, di cui vengono date due principali dimostrazioni:
  • nel mio pensiero vi è l’idea di un essere perfetto, il quale, per essere veramente tale, implica l’esistenza, non soltanto possibile, ma necessaria ed eterna.
  • nel mio pensiero vi è l’idea di un essere perfetto, che deve avere una causa adeguata: questa causa non posso essere io, essere imperfetto, ma un essere perfetto, Dio.

La psicologia quindi si occupa di anima, la teologia si occupa di Dio (o della coscienza diremmo alla luce degli studi sulle abductions). La sostanza finita poi era anch’essa a forma duale: la “res extensa” e la “res cogitans”, ossia la materia e la mente, la fisicità della materia e l’immaterialità del pensiero. La prima affidata alla scienza, la seconda affidata alla chiesa e alla religione.
Questa separazione tra mente e materia annullava, secondo Cartesio, la possibilità che tra esse vi fosse una qualche relazione o una forma di collegamento che potesse determinare i cambiamenti della realtà.Dovendo però spiegare il libero arbitrio, e quindi l’interazione tra mente e materia, Cartesio affermava che una forma di collegamento tra i due mondi doveva necessariamente esserci (http://it.wikipedia.org/wiki/Res_cogitans_e_res_extensa) e lo trovò nella ghiandola pineale la quale agirebbe quindi da “trent d'union” tra anima e corpo.
Se però la mente non può influire sulla materia significa allora che la realtà e i suoi cambiamenti sono stabiliti solo da altra materia, con il passaggio di informazioni e lo scambio di energia tra massa e massa. Per Cartesio la mente, intesa come non-materialità dell’Universo, diviene un elemento assolutamente secondario e questo sarà, nei secoli a venire, la base sulla quale verranno fondate le visioni di stampo riduzionista e materialista che hanno determinato la nascita della cosiddetta scienza ufficiale nella quale l’elemento costante diviene la dualità della realtà (mente/corpo, osservatore/fenomeno, creato/creatore, etc.).Le cose appaiono però un pochino diverse.
Brain processing
Il cervello umano ha enormi capacità di data processing, soprattutto nella sua parte inconscia. Si è calcolato che la parte conscia della mente possa elaborare circa 2000 bit al secondo mentre l’inconscio arriva a computarne 400 miliardi al secondo. Da ciò ne consegue una straordinaria capacità di strutturare e organizzare le informazioni che sono poi alla base della nostra soggettiva realtà. Elaborare informazioni significa, infatti, creare qualcosa che è la risultante di infinite iterazioni e modifiche ai dati di input.
In altri termini i processi rielaborativi determinano, nell’istante stesso in cui si compiono, la formazione di una realtà che non è più oggettiva, ossia misurabile, ma comunque reale. In quel preciso istante creiamo o modifichiamo la nostra mappa del territorio che diviene così realtà creata mediante rielaborazione di informazioni e contenuti esterni.
I fenomeni percepiti pertanto hanno valore in quanto esiste un percipiente. Non è il fenomeno in sé che denota la sua realtà ma il fatto che il fenomeno viene percepito. Quindi è il percipiente che gioca un ruolo fondamentale. In altri termini possiamo affermare che reale e non reale (intendendo con questo definire la realtà fisica da quella psichica) sono due rappresentazioni della stessa realtà.
Citando Metzger, autore de “I fondamenti della psicologia della Gestalt”, possiamo dire che “L’uomo incontra le cose e gli esseri animati in un mondo che comprende questi ultimi e lui stesso, egli si trova in un tale mondo. Sappiamo dalla fisiologia che tutto questo mondo di cose e di esseri esistono per lui soltanto se determinati stimoli cadono sui suoi organi di senso e se da qui determinate eccitazioni provengono in certe zone della corteccia… Da questo sembra conseguire inevitabilmente che il mondo deve in effetti stare in qualche posto nella testa dell’uomo; qui dovrebbe trovarsi ciò che egli vede e ode, ciò che egli palpa e sente” (Metzger, 1941). 
In altre parole… l’Uomo è parte del mondo esterno o il mondo non è affatto esterno ma è una parte intima e interiore dell’Uomo?Stando così le cose diventa difficile sostenere il concetto di dualità e la netta separazione tra causa ed effetto. I ruoli si interscambiano, l’osservato e l’osservatore non appaiono più inscindibili e appartenenti a realtà diverse. L’uno determina l’altro.Sostanzialmente quindi l’osservazione di un fenomeno, di una realtà, di un evento, interagisce intimamente con l’osservatore su base psichica, o meglio coscienziale, determinando la creazione di una nuova e differente realtà. Non meno vera!
FONTE: http://www.ufomachine.org/blog/nuova-scienza/300-il-collasso-della-funzione-donda.html

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