Venerdì scorso nella mia scuola si è tenuta una conferenza con lo scrittore Franco Arminio, alla quale ha partecipato anche la mia classe: è stato un incontro davvero interessante che mi ha permesso di conoscere di persona un autore che avevo solo sentito nominare. Perciò oggi, visto che siamo in tema, ho pensato di proporvi alcune “cartoline dai morti” tratte dal libro omonimo, che come idea ho trovato molto originale: che cosa ci scriverebbero i morti, se avessero la possibilità di inviarci una cartolina dall’aldilà?
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Sono morto alle sette del mattino. Un modo come un altro per cominciare la giornata.
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Qui la fine della primavera e la fine dell’inverno sono più o meno la stessa cosa. Il segnale sono le prime rose. Ne ho vista una mentre mi portavano nell’ambulanza. Ho chiuso gli occhi pensando a questa rosa mentre davanti l’autista e l’infermiera parlavano di un ristorante nuovo dove ti fanno abbuffare e si spende pochissimo.
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Stavo bene anche se avevo ottantadue anni. Poi sono caduto, mi sono rotto il femore. Ho smesso di uscire, non sono più andato al centro anziani a giocare a carte. Quando la gamba è guarita hanno scoperto che avevo un brutto male nella pancia. Sono stato solo un paio di volte in ospedale e per pochi giorni. Sono morto il giorno di Natale. Mia moglie mi aveva appena tolto la maglia di lana perché ero tutto sudato.
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Avevo cinquantasette anni quando mi è venuto il cancro ai polmoni. La malattia è durata pochi mesi. Ho sofferto molto, ma non è stato un periodo peggiore degli altri. Io avevo sempre campato con l’idea che la vita prima o poi ti frega e non mi ero mai goduto niente. Ho passato tutto il mio tempo a bestemmiare. Chi mi sentiva pensava che scherzassi, io bestemmiavo veramente, ero veramente arrabbiato.
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Sono morto in Canada. Avevo una brutta diarrea, avevo una brutta faccia. Mi sono ricoverato in ospedale e dopo un paio di giorni di analisi mi hanno detto che avevo pochi mesi di vita. Non ho più mangiato, non mi sono più alzato dal letto.
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Uscendo dal bar ho sbagliato strada. Il vento era fortissimo e nevicava. Il cuore si è gelato sotto il cappotto.
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Mia madre per un’ernia strozzata. Mio padre per la puntura di un calabrone. Io mi aspettavo di tutto, ma alla fine tutto si è risolto con un tumore.
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Dopo che mi ero laureato cominciai a bere. Insegnavo lettere in una scuola media. Mi sposai, mi accorsi che non potevo avere figli. Allora mi misi a fumare e bere ancora di più. Una mattina mentre scrivevo alla lavagna mi sono sentito male. Mi hanno portato in ospedale, il cuore batteva in mezzo al niente, non avevo più mani, non avevo più occhi, non avevo più gambe.
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Ho preso la corrente, sono morto fulminato. Stavamo lavorando nel cinema, il lavoro era quasi finito. Ero appena tornato dalla Svizzera. Ero contento.
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Io sono uno di quelli che un minuto prima di morire stava bene.
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Il giorno dell’apertura della caccia qualcuno mi ha scambiato per una quaglia.
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Mi dispiace per te, ho detto a mia moglie che mi stringeva le mani. Nessuno quando stiamo bene ci stringe le mani in questo modo, nessuno.
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Mi hanno trovato sul pavimento. Ci pensavo ogni tanto di farla finita, ci pensavo appena sveglio, poi mi mettevo a fare qualcosa e l’idea mi passava. Una mattina non ho pensato a niente. Ho preso tutte le medicine che avevo nel tiretto. Ho bevuto gli sciroppi e tutte le gocce, ho ingoiato tutte le compresse. Mentre lo facevo speravo che arrivasse qualcuno e mi fermasse. L’ultima cosa che sono riuscito a fare è stato accendere la radio. Volevo sentire almeno una bella canzone.
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Avevo appena finito di vedere la televisione. Mi sentivo debole. Mi sono disteso sul divano e ho sentito come una mano gigantesca che mi premeva il cuore. Ho pensato che stavo morendo e non avevo comprato il loculo. Sicuramente mi avrebbero messo sotto terra. E questo era l’ultimo fallimento della mia vita.
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Vi lascio con questa immagine inquietante augurandovi uno spaventoso Halloween!
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