Qualcuno potrebbe chiedersi “che cosa si scriva su un blog di viaggi quando non si viaggia?” O quando non si ha in progetto un viaggio? (qualcuno obietterà che i Veri Viaggiatori hanno sempre in progetto un viaggio…) Molti “colleghi” travel blogger risolvono la questione trasformandosi in guide della propria città o in Azienda di Promozione a titolo volontario.
A volte anche io mi dico, che dovrei farlo, o farlo più spesso, non impigrirmi, guardare quello che mi circonda con nuovi occhi, eccetera eccetera. Così pensavo di fare in occasione di ArteFiera: ndare un po’ in giro per Bologna e scrivere del Mast, o Museo Archeologico, del Mambo, del nuovo servizio di risciò (che prima o poi proverò). Eppure, nonostante ami Bologna, alla fine mi ritrovo sempre a cercare sempre tracce del resto del mondo, suoni di altre lingue, panorami sconosciuti (sarà una patologia…)
Il mio piccolo tour di ArteFiera si è trasformato in una sorta di collezione di cartoline (d’arte) dal mondo.
Il primo posto che ha attratto la mia attenzione è stata l’esposizione NY-BO, (New York-Bologna) in via D’Azeglio 35. cinque artisti noti a livello internazionale, (Patrick Jacobs, Eric Mistretta, Andrea Salvatori, Bianca Sforni e Giuseppe Stampone), ciascuno alle prese con un media diverso. La mia opera preferita, quella di Giuseppe Stampone: una cartina del mondo intero sul quale riflettere.
Seconda tappa, alla Galleria L’Ariete. La mostra “Between earth and sky” di Beth Moon mi ha incantato con i suoi alberi antichi, dalle forme irreali. Alcune foto erano probabilmente scattate ad Angkor Wat in Cambogia, altre davvero non saprei ma sono tutti paesaggi incantevoli. Al Museo Archeologico ho visto “Il piedistallo vuoto”, un progetto di ArteFiera dedicato ad alcuni artisti dell’Est Europa. L’identità dei paesi ex sovietici dopo la caduta del Muro di Berlino era il filo rosso tra le opere. A dare il nome alla mostra, il progetto Family Album dell’artista Yerbossyn Meldibekov.Immagini di famiglia scattate (mi è parso di capire a Tashkent) davanti a monumenti comunisti e poi, a distanza di decenni, di fronte ai piedistalli vuoti e riutilizzati con sculture “sostitutive: piccole storie familiari ricompongono frammenti di una grande Storia, tutto in uno scatto. In mostra fino al 16 marzo; vale una visita, se subite il fascino di quei posti del mondo.
Sulla strada di ritorno mi sono fermata alla Galleria Spazia, in via dell’Inferno (un bel post sul ghetto ebraico di Bologna non sarebbe male qualche volta?). Qui è ancora in corso la mostra “Tappeti di Guerra – Arte contemporanea dall’Asia Centrale”; una serie di tappeti realizzati in Afghanistan e nella Frontiera di Nord-Ovest del Pakistan tra gli anni ’70 e oggi da diversi artisti. Oggetti veramente belli, ma inquietanti (Qui la storia del progetto, che è nato nel 2010).
inutile tentare di resistere alla tentazione del selfie….