27 luglio 2014 Lascia un commento
Non saprei dire quanti anni siano trascorsi da quando vidi "Caruso Pascoski" l’ultima volta, potrebbero essere 20 o poco meno. Questo e’ uno di quei film che da ragazzi si guardava e riguardava, si citavano tra noi le frasi piu’ divertenti, i tormentoni, si ripetevano le scene piu’ caratteristiche e si sospirava sulle tette di Clarissa Burt.
Il successo fu clamoroso ma cio’ che contava era che ci apparteneva come un elemento in piu’ della compagnia.
Poi noi invecchiamo, lui no e se ne resta li’ sospeso, anni rinchiuso nei ricordi in attesa che un’occasione ridia luce e voglia di vederlo.
E’ la storia di Caruso / Nuti e Giulia /Clarissa Burt, bambini e poi adulti, sempre insieme sino a diventare marito e moglie e poi all’improvviso lei se ne va. Lui non si da pace, lei si consola col paziente di lui diventato nel frattempo psicanalista, fino al giorno del divorzio dove le cose prenderanno una svolta inaspettata.
Detta cosi’ non sembra granche’, semplicemente perche’ di fatto il film non e’ niente in tutto, basandosi totalmente sulla mimica efficacissima di Muti e sulle trovate cabarettistiche figlie di una televisione sempre piu’ veloce e di un cinema che nel montaggio stava scoprendo una marcia in piu’.
Nuti in questo film le imbrocca davvero tutte, magico nel creare situazioni esilaranti ed efficacissime praticamente con nulla, a volte una frase, altre un espediente o ancora un’alzata di sopracciglia.
Senza mai dimenticare il surrealismo degli esordi, sapientemente lo mescola coi colori al neon di "Miami Vice" per una formula che ha insegnato per anni e uno stile che ancora caratterizza il cinema italiano e quello toscano in particolare.
Cio’ che mi resta, oltre il piacere di un film che e’ sentimento, ricordo, un po’ di nostalgia ed ultimo scampolo di un cinema nazionale che non aveva nulla da invidiare ad altri, e’ il dolore per la fine che Nuti ha fatto, egli causa del proprio male certo ma dimostrazione purtroppo che sopravvivere a volte non e’ la cosa migliore che possa capitare.
Ad ogni modo resta un film da studiare per carpire il segreto di cosa renda una pellicola vincente o al contrario cosa si perde quanto non lo e’.