di Iannozzi Giuseppe
Carver non è mai stato Carver. Il perché è presto detto: Gordon Lish ha fatto/costruito/creato quella grandezza che viene erroneamente attribuita a Raymond Carver. Non è il padre del minimalismo. Gordon Lish invece sì, geniale perché capace di trasformare una sola in un prodotto editoriale di consumo. Leggeremo dunque “Principianti” nella sua versione originale, un Carver che ci viene promesso essere cechoviano, anche se nutro seri dubbi in merito: la prosa cechoviana è di per sé unica, come quella gogoliana. Se davvero Carver era un prosatore à la Čechov, la lunghezza dei suoi scritti originali non farà di certo di lui un romanziere migliore.
Il solo problema è che i libri attribuiti a Carver sono in realtà un prodotto a quattro mani: se venissero piazzati sul mercato a nome Carver and Lish, allora Carver apparirebbe più onesto su di un piano critico. Lish è uno che sa il fatto suo: in Carver ha visto il minimalismo e ne ha fatto un prodotto spendibile. Senza Lish Carver non sarebbe mai emerso. Carver forniva la bozza, Lish la lavorava. Il contributo di Carver a Carver è nella misura del 50%, diciamo pure così.
Un conto è avere un punto di riferimento, o una musa (vedi Virgilio, Dante, Leopardi… e la lista è pressoché infinita), tutt’altro conto è un lavoro a quattro mani e quelli di Carver sono proprio questo: lui ci metteva la bozza, Lish tutto il resto.
Céline, quando hanno tentato di correggergli la punteggiatura, ha tirato su un pandemonio: o “Viaggio al termine della notte” usciva come lui l’aveva scritto o l’editore poteva attaccarsi. Ecco così che quelle copie che erano state stampate con la punteggiatura riveduta (senza il consenso di Céline) furono buttate, grazie a Dio.
Louis-Ferdinand era un uomo di polso: virtù essenziale per poter essere uno scrittore vero. Raymond Carver era una mammoletta, succube di Gordon Lish.