Magazine Immobiliare

Casa dolce casa in Albione? Mi sa di no

Da Juana Romandini @drawy82

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Per un italiano casa propria e’ sacra.
Casa e’ il posto a cui agogni di tornare la sera, dopo una giornata stressante in ufficio. Casa e’ il posto di cui conosci ogni centimetro, ogni crepa, ogni angolo. Sai in quale cassetto tieni cosa, quanti centimetri ci sono tra i soprammobili sopra una mensola, dov’e’ l’interruttore della luce quando lo cerchi al buio, da che parte girera’ il sole in inverno e l’odore che casa tua fa quando e’ stata chiusa mentre tu eri via.
Casa e’ il posto che ti conosce meglio di chiunque altro, che ha condiviso con te i sorrisi, gli scherzi, i dolori, le lacrime. Casa e’ quel posto al mondo che sa come sei dentro, che ti ha visto crescere, maturare, crollare, rialzarti, combattere, arrabbiarti, disperare. Casa e’ calore, sicurezza, protezione. Per molti, casa combacia con famiglia.
Per un italiano casa e’il vocabolo in cui e’ racchiuso tutto il suo mondo.

green home
In inglese quella che noi chiamiamo semplicemente “casa” si traduce con due termini: house e home. House e’ l’edificio, il cemento e i travi e il vetro che lo compongono; home e’ la casa intesa come nido, come rifugio. Home e’ l’esatta traduzione del termine casa cosi’ come e’ stato descritto qui sopra. Perfino Bono ha tenuto a rimarcare questa distinzione, cantandoci “a house doesn’t make a home” (*)
Lascia stupefatti, quindi, il rendersi conto che il popolo che ha voluto fare una distinzione del genere tra la casa-immobile e la casa-nido dia cosi’ poco valore al… nido. O, forse, e’ solo l’ennesima preponderanza di Manchester in tempo di crisi, un periodo in cui soldi e profitto e sfruttamento hanno la meglio anche su questo aspetto irrinunciabile della vita quotidiana umana.

Vivo da sola da tre anni e mezzo. Diciamo che ritrovarsi ad estrarre calzini che sanno di Stilton dalle griglie dei fornelli o a fare la doccia con le ciabatte perche’ qualcuno l’ha scambiata per un Kleenex o un Durex convincerebbe chiunque a prendere, impacchettare e cercare un tugurio in cui vivere da solo coi propri pensieri. Quindi si’, da tre anni siamo io, i miei pensieri – e il topo. Da altrettanti combatto con le agenzie immobiliari per tutelare quel sacrosanto diritto che e’ l’inviolabilita’ della proprieta’ privata. Da altrettanti mi ritrovo sparato in faccia il loro cinismo, perche’ non capiscono o fingono di non capire per quale diavolo di motivo questa italiana ogni volta scateni l’inferno in terra pur di riuscire a non farli entrare in casa sua.
Il motivo e’ semplice, cari agenti pedanti: pago un affitto che, in qualunque altra citta’ del mondo civilizzato (anche inglese), mi garantirebbe di essere io a decidere chi deve entrare e quando una volta chiusami la porta alle spalle.
Non a Manchester.
Sei accessi in 10 mesi.
Fuoco di Babilonia!
Nello specifico:
1) PAT test (controllo sull’affidabilita’ e sicurezza di elettrodomestici e apparati elettrici, che mi ha regalato una stesa di molliche venute da Dio solo sa quale anfratto del tostapane, tre litri d’acqua sul ripiano intorno al bollitore – perche’ mai svuotarlo prima di capovolgerlo, suvvia! – e il bollino di qualita’ sulla scocca lucida del mio Sharp nuovo di zecca – davanti a cotanta furbizia mi stupisce che il volpone non lo abbia appiccicato sullo schermo!)
2) Idraulico Parte I (per cambiare il convettore in camera, passato a miglior vita dopo l’ennesima notte sottozero)
3) Idraulico Parte II (per venire a controllare la valvola della pressione del boiler, che dal nulla aveva deciso di trasformare il mio soggiorno nel set di Waterworld Reloaded, la vendetta degli scaldabagno d’Albione)
4) Idraulico Parte III, la vendemmia (tornato perche’ durante la Parte II si era reso conto di non poter aggiustare la valvola incontinente con una strizzatina di ganasce, ma di doverla rimpiazzare, solo che la valvola non ce l’aveva…)
5) Idraulico Parte IV (di nuovo in visita per rimpiazzare la fatidica valvola e gia’ che c’era pure i convettori della sala, crepati senza manco un commiato durante le vacanze di Pasqua – per quell’uomo la porta di casa mia deve essere diventata un incubo tanto quanto per me le sue chiamate sul mio cellulare)

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Il tutto entrando ogni volta con le loro chiavi e digitando tranquillamente il codice dell’allarme (ho dovuto cambiarlo tante di quelle volte che ormai le cifre vado a pescarle nel sacchetto della tombola). Perche’ che l’agenzia abbia una copia delle chiavi e che possa entrare ogni volta in cui pare a lei e’ parte del contratto. E poi, non e’ che tu puoi essere a casa ogni volta in cui a loro viene voglia di farcisi un giro. Te lo dicono chiaro e tondo. Nelle letterine a Babbo Natale che fanno comparire ogni tanto nella mia buchetta c’e’ scritto: non preoccuparti se quel giorno non sarai in casa, Juana! Abbiamo le chiavi, possiamo entrare, pigliarci un caffe’ (a proposito, dov’e’ che tieni le capsule?), fare la pipi’ (lasciando la tavoletta alzata) e uscire chiudendo la porta!
Quella della tavoletta e’ successa davvero.
(Non ripetero’ in questa sede gli aggettivi oxfordiani espressi la prima volta che ricevetti una comunicazione del genere – o quando trovai la tavoletta alzata)
Il che ci porta ad oggi e all’ennesima ispezione che si sono inventati per entrarmi in casa. La seconda in 5 mesi – se lasciamo da parte i pellegrinaggi di quel povero cristo di idraulico.
Quando ho provato a fare loro rimostranze e ricordare che erano entrati anche troppe volte, ecco che cosa mi hanno risposto:

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Good Morning Juana,

Thank you for your email regarding your inspection on Monday.

We can normally conduct up to 4 inspections a year, I don’t believe a number of inspections is mentioned in the contract.

This email wasn’t sent out by mistake and we would like to conduct the inspection if this is satisfactory with yourself?

Kind Regards,
James

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Come suggeritomi da un genio: e tu invece affanculo ci andresti, if this is satisfactory with yourself?

Quindi, ricapitolando: il contratto d’affitto non stabilisce un numero massimo di visite che l’agenzia puo’ fare in un anno, ma l’amico James ha deciso che queste possono arrivare “fino a 4″.
Ah, la solita chiarezza contrattuale d’Albione, quel solito rigirarsi le righe piccole come fa comodo a loro!

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Insomma, per la mia agenzia (ma anche per le altre, da quel che sento dire intorno), la casa non e’ un diritto inviolabile. Per loro il mio pagare l’affitto e’ un po’ come pagare l’abbonamento al Metrolink: posso usufruire del trasporto, ma non possiedo certo il treno. Per me, invece, e’ piu’ come noleggiare una macchina: finche’ ti pago il nolo, le chiavi le ho io e al volante mi ci siedo solo io, comprendi?
Intendo, finche’ pago l’affitto quella e’ casa mia. L’agente poco ci manco’ che mi ridesse in faccia quando glielo feci capire. Non e’ un concetto che hanno qui, questa ossessione della casa intesa come possedimento personale – in affitto o di proprieta’. La casa e’ un oggetto al pari di tutto il resto. Non ha piu’ valore di un libro che e’ stato letto e lasciato sul sedile di un treno o di un paio di scarpe di Primark buttate in un cestone dopo la prima pioggia. I tanti piccoli dettagli che si capiscono da un’espressione, dal tono di un’email, della voce della persona con cui hai a che fare. E tu ti ritrovi a sentirti una deficiente per aver anche solo provato a difendere la sacralita’ di casa tua. Dico, ti fai il culo tutto il mese per pagare bollette e affitto e quello che ti rimane al di la’ di uno stipendio dimezzato dovrebbe essere per lo meno il poter dire che nessuno entra a meno che non gli apri tu la porta. No, invece. Manco quello. Vabbe’. Alla faccia dell’Italia, dove l’agente immobiliare rivide casa mia dopo 4 anni e il proprietario dopo 3.

sandokan
Eppure il concetto di “casa” intesa come “home” ce l’hanno pure gli inglesi, o non si spiegano i loro quartieri residenziali stucchevoli tipo Pleasantville UK. Giardino sul fronte un Paradiso, giardino sul retro uno schifo. Ma schifo per davvero. Potrei scriverci un’enciclopedia su come non fare giardinaggio e vivere felici, grazie a tutto quello che ho visto dall’alto del mio/non-mio appartamento. Tipo: il bambino di due anni della seconda villetta rimasto intrappolato nella giungla che mamma e papa’ chiamano giardino, sua mamma che sbuca dalla porta della cucina chiamandolo con un paio di cesoie alte quanto il bambino, tipo Shining, la sorellina (anni 4) che strilla come un’indemoniata pensando sua mamma voglia ucciderlo, io che da quassu’ penso che bene che va con quelle tenaglie la signora gli choppa via un orecchio. O vogliamo parlare del tipo che stava bruciando dei bancali e non aveva fatto i conti col calendario (luglio) e
con lo stato del suo giardino (tana di Sandokan con tanto di tigri della Malesia al seguito)? Io ero pronta col telefono in mano per chiamare il 999, ma il signor villetta-numero-uno era piu’ avanti di me: aveva un estintore.
Di fronte a casi umani del genere potrei pure capire che l’agenzia voglia fare “fino a quattro ispezioni l’anno” (ammesso che la casa non venga rasa al suolo tra un’ispezione e l’altra), ma nel mio piccolo il massimo che potrebbero trovare fuori dall’ordinario sarebbe una rompicoglioni che si rifiuta di far superare loro la barriera dello zerbino (che potrei sempre elettrificare…).

Insomma niente, posso avere tutti i tantrum che mi pare: loro la seconda ispezione la faranno, be this satisfactory with myself or not.
Meretrice sua madre.


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