Casa, meno soldi ma sicuri abbassare l'affitto fa guadagnare

Da Maurizio Picinali @blogagenzie

Per i padroni di casa abbassare l'affitto fa bene all'affitto. Quella che sembra una bestemmia - in termini di mercato - sta diventando un fenomeno di massa: al termine del contratto (o, spesso, anche durante i quattro anni) molti padroni di casa propongono alla controparte di prolungare l'accordo, offrendo uno sconto medio del dieci-quindici per cento.
Un'indagine di Confabitare - associazione dei padroni di casa nata a Bologna, con diramazioni in tutta Italia - fornisce i numeri di questo fenomeno inusuale: a Padova la formula "minor fitto" è stata scelta da un padrone di casa su tre, a Catania dal 28,5 per cento, a Genova da un proprietario su quattro, a Roma e Milano da uno su cinque, a Napoli "solo" dal 15 per cento. Ma è a Bologna il record assoluto: 34,5 per cento.
"La scelta del padrone di casa di contenere le proprie richieste" spiega Alberto Zanni, presidente di Confabitare e coordinatore della ricerca nazionale, "permette di evitare una possibile morosità dell'inquilino. Ci sono rapporti che durano da anni, magari da decenni, c'è fiducia reciproca e un contratto che viene rinnovato di volta in volta. Ma pagare l'affitto, per tanti inquilini, è impresa sempre più complessa: molti padroni di casa particolarmente accorti hanno capito che è meglio concedere uno sconto preventivo, che passare poi mesi e mesi alla ricerca di un nuovo inquilino che, magari, poi non onorerà il contratto".A Confabitare hanno preparato anche molte proiezioni. Da una parte della tabella, i minori introiti concordati con la controparte: dai 60 ai 90 euro in meno al mese su un canone di 600 euro che salgono a cento-centocinquanta se l'affitto veleggia sui mille euro. Dall'altra parte della tabella, il denaro che si rischia di perdere: un solo mese di affitto perduto rappresenta circa l'8 per cento del guadagno lordo annuo di una casa affittata. L'attesa media per trovare un inquilino nuovo è di quattro mesi e quindi ci vogliono due anni per "ammortizzare" una perdita equivalente a uno sconto del 15 per cento.
Tradotto: con questi chiari di luna - sull'economia generale e nel mercato abitativo in particolare - meglio pretendere un po' meno, ma essere garantiti, che ributtarsi sul mercato alla ricerca dell'inquilino modello. Per non parlare, poi, delle mille complicazioni: tutti i Comuni italiani prevedono l'aliquota massima sulla seconda casa sfitta, mentre diversi hanno introdotto qualche agevolazione (sempre meno, in verità) per chi offre il proprio alloggio in locazione.
La probabile eliminazione della cedolare secca - se ne parla da tempo, gli esperti prevedono una decisione già nei prossimi mesi - rilancerà il canone concordato (in gergo questi rapporti sono chiamati "tre più due", dal numero degli anni previsti per la durata contrattuale e per la prima proroga, già data per scontata): è un affitto predeterminato, che nasce anche dal contributo delle associazioni della proprietà e dell'inquilinato, che fissa un livello massimo di canone, in base a mille diversi parametri. Ma, sostiene sempre lo studio di Confabitare, "già nel 2012, e ancor di più nei primi mesi del 2013, c'è una tendenza a non applicare più il livello massimo del canone concordato, ma uno più basso, da un minimo del dieci ad un massimo del venti per cento".Del resto - Imu a parte - sui padroni di casa si addensano nuvoloni inquietanti. E anche le leggi apparentemente "neutre" nascondono insidie future: è il caso della rivoluzione del condominio, entrata in vigore a metà giugno, che porta con se almeno due voci di forte spesa - per i padroni di casa - finora non previste.
La prima è relativa alla nuova libertà di distacco dall'impianto di riscaldamento. Dice la nuova legge: se la scelta del singolo condomino non comporta ulteriori spese agli altri, il richiedente ha diritto a staccarsi e farsi l'impianto autonomo. È vero che piccolo è bello, ma è anche vero che 35 caldaie autonome consumano più che una maxi-caldaia che dà calore a tutti e 35 gli alloggi. E quindi la "spesa ulteriore" è nei fatti. Così la propensione al risparmio che ha motivato il distacco si tradurrà facilmente in una propensione alla spesa per la vertenza giudiziaria che vedrà contrapposti il condominio (e quindi i singoli padroni di casa) col condomino che voleva diventare autonomo.
Secondo motivo di lite (e di spese future, non previste e non prevedibili) è l'annosa vertenza del "chi paga per chi non paga?". Dice il nuovo articolo 63 delle disposizioni di attuazione: "I creditori non possono agire nei confronti degli obbligati in regola con i pagamenti, se non dopo l'escussione degli altri condomini". Significa, in sostanza, che i tempi si allungano ma aumentano anche i costi per chi ha pagato finora regolarmente riscaldamento centralizzato o spese di amministrazione: sono tutti i condomini "buoni" a pagare le spese di quelli "cattivi", compresi gli oneri per interessi e procedura nati dall'obbligo del creditore di rivolgersi alla legge. I "buoni", oltre a doversi accollare i soldi dei
"cattivi", si troveranno a pagare anche le more (un procedimento giudiziario di questo tipo dura mediamente sei anni) e le spese di giudizio
.Tratto da ilvenerdi di repubblica .it del 21 giugno 2013


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