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"Quando se ne va qualcuno soltanto Dio giudica, non la politica" La frase è stata pronunciata da Luciano Casamonica, nipote del boss Vittorio (qui, da Rainews), a seguito delle polemiche seguite al funerale dello scandalo. Vittorio Casamonica, come ogni boss che si "rispetti", pare che avesse la fedina penale immacolata, ma le attività sue e del suo clan erano e sono note a tutti (non bisogna scavare granché: anche l'asettica enciclopedia online, wikipedia, ne conserva traccia, qui). Le parole di Luciano Casamonica sono, a mio parere, ancora più gravi della celebrazione pubblica e così esibita (per usare un eufemismo) delle esequie del noto zio: se anche l'esponente di un clan mafioso non considera la "politica" degna di pronunciarsi sulla figura di un capo clan, abbiamo la plastica conferma (se ce n'era bisogno) del livello al quale è sprofondata la credibilità della classe politica nel suo insieme (facendone le spese, purtroppo, anche la parte sana), perché "certa" politica quel clan deve averla praticata bene, ne deve aver conosciuto il prezzo per acquistarne i favori, correa nel malaffare. Una politica, una burocrazia (e anche una Chiesa), che quell'ultimo omaggio al boss non ha saputo negare.
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