Già due anni fa il contratto Uneba fece tremare i lavoratori delle case di riposo. All’inizio fu il Kennedy di crema ad approvare il contratto, chiarendo però che non ci sarebbero stati nuovi assunti per alcuni anni: quel tipo di contratto, anch’esso nazionale e concordato con le organizzazioni sindacali, prevede uno stipendio minore di circa 200 euro per i neoassunti rispetto ad altri contratti. cgil, cisl e uil si batterono per impedire che quel tipo di contratto venisse approvato in tutte le 28 case di riposo della provincia.
L’unità sindacale in provincia di cremona resiste ed è intatta. Non solo. In provincia malgrado gli attacchi i diritti dei lavoratori reggono quanto possibile, pur nella difficoltà del quadro nazionale. In regione Lombardia, non per nulla, la provincia di cremona può vantare un ruolo prestigioso di baluardo. Qui i sindacati cgil, cisl e uil, hanno una forza consistente, altrove meno. Questa forza dei sindacati in provincia infastidisce, eccome, le loro controparti, che tentano di indebolirli facendo passare accordi al ribasso. In tal modo, perdendo capacità di contrattazione, i sindacati cremonesi perderebbero forza anche sul piano regionale e dovrebbero adeguarsi a un ruolo più modesto.
I datori di lavoro, nella loro lotta di classe contro i lavoratori, cercano un punto debole, una caporetto, dove sfondare per poi indebolire i sindacati cremonesi. Le case di riposo vengono considerate strategiche. Il costo del personale incide all’incirca per l’80% sul bilancio, le uniche entrate sono i finanziamenti regionali, che ovviamente non vengono adeguati al tasso d’inflazione e non bastano proprio, e le rette, che nessuno vorrebbe mai aumentare. Non resta allora ai cda che ridurre il costo del lavoro.
Lo strappo delle cinque case di riposo cattoliche, che hanno deciso di adottare il contratto Aris senza consultare i sindacati, riapre questo scenario conflittuale. Riusciranno i sindacati a reggere all’ennesimo urto?