Non ho mai avuto buona memoria per le date, perché sono fatte di numeri e nei numeri mi ci perdo. Forse proprio per questa atavica idiosincrasia, anzichè innamorarmi della storia ho amato perdutamente preistoria e protostoria, in cui le date spaccate sul capello da quel giorno, quel mese, quell’anno sono impossibili. Anni fa, mentre comunicavo che sarei tornata a fare una ricognizione in una zona dove ero già stata, il prof. Renato Peroni mi disse con un sorriso sghembo “Lei è una di quelle che torna sul luogo del delitto, eh?”. Non mi sono chiesta se fosse un complimento ma il senso della frase, contestualizzato, era abbastanza chiaro: non mi accontentavo delle informazioni che ero riuscita a raccogliere, non mi ci rassegnavo, ritornavo laddove le informazioni mi parevano scarse e insoddisfacenti anche se non importava a nessuno ciò su cui mi ero fissata, ero dunque una pertinace rompiscatole. Del resto, R.Peroni mi aveva già detto “Lei è proprio una donna calabrese”, che significava: una infaticabile e testarda mula da soma (degli uomini calabresi aveva un’altra opinione, e me l’ aveva spiegata).
Dicevo che con i numeri non ho una splendida relazione, però la mia tendenza a ritornare sul luogo del delitto mi aiuta a non dimenticare fatti, scadenze, cose passate che non hanno avuto una soluzione o che non mi convincono affatto e che magari non suscitano grande interesse ma che per me ne hanno. Fatto sta che di punto in bianco mi vengono in mente cose, come ad esempio l’ interrogazione parlamentare 4/00242 che Celeste Costantino fece nell’ aprile 2013 “sugli studi di genere” al Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, ma che mi pare non abbia mai avuto una risposta (e che credo sarebbe stata chiarificatrice visto il clangore mediatico).
Oppure succede, da circa quattro anni, che ogni ottobre mi chieda: che fine ha fatto Barbara Corvi? A che punto sono le indagini? Quando scomparve il 27 ottobre del 2009, Barbara aveva 35 anni. Il marito, Roberto Lo Giudice, sostenne che Barbara “non era più lei”. Barbara gli aveva detto di “non credere più nel loro matrimonio” e puntuali erano arrivate le conferme del sospetto della relazione con un altro uomo, tanto che una ipotesi iniziale era stata quella dell’allontanamento volontario. Ma il tempo passava e di Barbara nessuna traccia.L’ultimo ad averla vista era stato proprio il marito, che l’avrebbe accompagnata a casa, per poi uscire a sbrigare alcune commissioni, ritornare a casa e trovarla vuota. Di Barbara sappiamo che aveva un legame di parentela con Angela Costantino. Angela era sposata con Pietro Lo Giudice e Barbara con Roberto Lo Giudice. Angela era “scomparsa” nel 1994, la sua auto era stata ritrovata in mare con dentro alcune ricette mediche che avrebbero avvalorato la tesi della depressione e dell’allontanamento volontario o del suicidio. Solamente un paio di anni fa, grazie alla testimonianza di alcuni collaboratori di giustizia, si è saputa la verità sulla sua morte. Angela aveva 25 anni, 4 figli ed era in attesa del quinto, ma il figlio che portava in grembo non poteva essere del marito che si trovava in carcere a scontare una pena. Per cui “la famiglia”, per difendere l’onore del boss-marito, la costrinse ad abortire, la fece strangolare e seppellire per occultare il cadavere. In una parola, Angela era una Sdisonorata.
Tra una settimana esatta saranno passati 5 anni dalla scomparsa di Barbara, ma nel gennaio 2014 la procura di Terni ha accantonato ufficialmente le indagini e l’inchiesta.
Il caso è archiviato, ma l’esercizio della memoria è di vitale importanza (parola di donna calabrese, pertinace e rompiscatole).