Dato per scontato che Laura Bosio abbia raggiunto ormai tutti i bipedi implumi dell’orbe terracqueo senza restarne ai bordi, si può prendere atto che l’assessore Bordi ha certo diritto di parola ma neanche se munito di fotografie può darsi ragione da solo. Solitamente i politici tendono ad autoassolversi, autopromuoversi, far decreti, e ultimamente si è rafforzata una vocazione autoritaria in tutti i partiti che anche se non caratterizzasse il Bordi non gli consentirebbe di prendere il posto del tribunale. L’assessore ha libertà di parola e anzi dovere di spiegare. Ma il suo compito è ahilui non contraddire l’accordo del 2011, discolpando la Tamoil dall’inquinamento della falda. Sia pur vero, meglio così, ma non è questo il punto: perché un giudice dovrebbe essere meno attendibile?
E soprattutto non c’è solo la falda. L’accordo sarebbe stato stipulato nel 2011 per evitare i “tempi lunghi della magistratura”, come sosteneva il sottosegretario e quindi eseguire il prima possibile la bonifica. Non è così. La bonifica non può restare un’incertezza. Non è giusto nemmeno che esista un gran numero di siti non bonificati in Italia e che il governo Letta abbia condonato i siti inquinati di interesse nazionale purché reindustrializzati.
La verità poi va dimostrata in un contraddittorio: per questo la politica e la giustizia sono poteri separati. E le domande senza risposta sono troppe. Tamoil ha chiuso la raffineria perché così conveniva economicamente, non per altro motivo. Il Comune ha seguito la convenienza politica. Il desiderio di legalità non è rappresentato da altra istituzione che il tribunale, come fosse un estraneo!
Hanno ragione i radicali: la politica si è sostituita dall’inizio alla magistratura e va avanti. Oggi, dopo l’Osservatorio Tamoil riunitosi nel tardo pomeriggio di ieri, si riunirà la commissione di Vigilanza convocata dal presidente Gagliardi per l’esame del caso nel suo complesso. Dal presidente e avvocato Gagliardi ci si può attendere qualcosa di gagliardo. Se no che vigilanza è?