Di Mirella Astarita.
Massimo Giuseppe Bossetti, il muratore fermato con l’accusa di omicidio, finalmente ha parlato. Dopo essersi avvalso per ben due volte della facoltà di non rispondere, questa mattina durante il colloquio con i magistrati si è mostrato collaborativo ed ha risposto alle domande dei pm.
L’uomo non sa dare una spiegazione al ritrovamento del suo Dna sugli slip della giovane, e in più afferma di aver visto Yara solo in televisione, dopo la sua scomparsa. Per quanto riguarda i rapporti con la famiglia Gambirasio, sostiene di aver incontrato, solo una volta, per lavoro, il padre di Yara. Si proclama innocente e sconvolto. Ha appreso solo durante l’interrogatorio di esser il figlio naturale di un uomo di cui non conosceva neanche l’esistenza.
“Ho tre figli, e uno ha l’età di Yara, 13 anni, non potrei mai fare un’atrocità del genere” queste le sue parole di chiusura del colloquio.
Riguardo all’alibi, l’uomo a gran voce sostiene che il giorno dell’assassinio di Yara, si trovava a casa, insieme alla sua famiglia.
“Mio fratello è sangue del mio sangue. Lo conosco, lui è innocente”. Queste le parole della sorella gemella Laura Letizia Bossetti, dinanzi i microfoni di Matrix. Anche la gemella ha scoperto in questi giorni l’identità del suo vero padre.
Una famiglia distrutta, lacerata da un grande segreto e su cui incombe l’ombra di un probabile omicidio. “Qui in famiglia stiamo male, è una tragedia, ma ci sentiamo vicini ai genitori di Yara Gambirasio“, così conclude la Bossetti. Oltre al dna, anche la presunta posizione dell’uomo rilevata dal telefono cellulare nel momento del delitto è parte del fascicolo dell’accusa. Bossetti dice che il suo cellulare è rimasto inattivo dal pomeriggio del 26 novembre 2010 fino al mattino successivo perché era scarico.
La Procura, invece, controbatte sostenendo che il suo cellulare aveva agganciato la cella di Mapello (a cui si era agganciato anche il telefono della tredicenne) ed era poi rimasto inattivo, senza ricevere o fare comunicazioni, fino alle 7.30 del giorno successivo. Altro punto che fa sospettare la Procura, è come l’uomo si possa ricordare con lucidità che il cellulare fosse scarico e spento per quel motivo, dopo più di quattro anni.
In mattinata, in merito al caso è intervenuto anche il Garante della privacy, che ha richiamato i media per il loro accanimento informativo. Li ha redarguiti per i mezzi utilizzati per ottenere informazioni e le modalità di comunicazione. E’ una vicenda delicata, e non bisogna confondere il diritto di cronaca con la forzatura mediatica. L’autorità richiama i media “al massimo rispetto” dell’essenzialità della notizia e sottolinea che neanche l’interesse pubblico legittima l’accanimento sugli “aspetti più intimi della persona tale da determinare irreparabili danni nella vita familiare e di relazione“. Il Garante è sceso in campo per tutelare queste tra famiglie distrutte dalle vicende di questi anni.
Beppe Grillo, dal canto suo, non perde l’occasione per sferrare dal proprio blog un nuovo attacco al ministro dell’Interno, Angelino Alfano, attraverso un post firmato da Lello Ciampolillo, senatore del Movimento 5 Stelle. “La sconcertante ansia di visibilità di Alfano costituisce un’ulteriore indecorosa pagina di inadeguatezza di un personaggio politico che ormai non può che rassegnare le dimissioni o, in alternativa, essere sfiduciato e mandato a casa. Il M5S aveva già richiesto le dimissioni di Alfano con una mozione di sfiducia. Oggi i cittadini hanno conferma della bontà di quella iniziativa e della assoluta incapacità di questa maggioranza di governo“. Grillo,quasi come un bambino ghiotto, non si è fatto scappare quest’ennesima defaillance del ministro (in diatriba con il Tribunale di Bergamo) per dar sfogo di uno dei suoi pezzi più ricorrenti: la richiesta di dimissioni.