Maestra con righello
Secondo la Corte di Cassazione, per effettuare videoriprese utili per le indagini - a seguito della denuncia di una maestra elementare da parte di alcuni gentori per maltrattamenti subiti dai figli nell'aula scolastica - il PM non necessita dell'autorizzazione del Giudice. L'aula scolastica non è un domicilio privato, maun luogo pubblico - vi possono accedere alunni, professori, ecc. - Negli ultimi anni le pagine di cronaca italiane ed estere ci hanno raccontato di numerosi episodi di maltrattamenti di bambini, anche molto piccoli, da parte di coloro che - insieme alle famiglie - sono responsabili della loro educazione: gli insegnanti.
Un caso emblematico in Italia - che ha destato scalpore - è stato quello di Rignano Flaminio.
La vicenda oggetto della sentenza della Corte di Cassazione - 6^ Sez. Penale - n. 33593 del 2012 (depositata il 3 settembre 2012) riguarda una maestra di scuola elementare, denunciata dai genitori di alcuni alunni perchè ritenuta responsabile di maltrattamenti nei confronti di questi ultimi.
Il PM che si occupa del caso emette un decreto con il quale dispone che vengano effettuate videoriprese nell'aula scolastica dove la maestra tiene le lezioni, allo scopo di verificare la sua condotta.
Le riprese mettono in luce il comportamento violento dell'insegnante nei confronti degli alunni : schiaffi al volto e alla nuca, strattoni, violente tirate di orecchi e di capelli.
La maestra, rinviata a giudizio, in primo grado viene riconosciuta colpevole del reato di maltrattamenti pluriaggravati nei confronti dei minori, con l'aggravante dell'abuso di autorità derivante dal ruolo di insegnante ricoperto nella scuola.
Il Tribunale del Riesame, adito dalla difesa dell'imputata, con ordinanza sostituisce la pena degli arresti domiciliari con quella dell'obbligo di dimora.
La maestra ricorre in Cassazione, lamentando il fatto che sono state utilizzate nel processo - quali mezzi di prova - videoriprese non autorizzate dall'Autorità Giudiziaria, per giunta illegittime perchè effettuate nell'aula scolastica che - sia pure per il tempo limitato delle lezioni - costituisce domicilio privato. Chiede, pertanto, che il Giudice dichiari l'inutilizzabilità delle videoriprese suindicate.
La Suprema Corte richiama un precedente giurisprudenziale piurrosto datato - la sentenza della Corte di Cassazione n. 994 del 08.05-1969 - allo scopo di precisare che l'aula scolastica non è un domicilio privato, ma un luogo accessibile al pubblico, perchè può accedervi un numero indeterminato di persone - alunni, professori, familiari degli alunni, ecc. -.
Per quanto riguarda, poi, l'utilizzabilità delle videoriprese nel processo a carico dell'insegnante, i Giudici di legittimità ritengono legittimo il provvedimento emanato dal PM, che ha correttamente motivato l'esigenza delle videoriprese nell'aula scolastica al fine di approfondire le indagini - erano già stati acquisiti, quali elementi di prova a carico, le dichiarazioni dei genitori di alcuni alunni, registrazione di un file audio ad opera di una delle mamme, ecc. - in ordine al reato di maltrattamenti nei confronti dei minori. Non è necessaria, pertanto, l'autorizzazione del Giudice.
Per questi motivi, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso della maestra, condannandola al pagamento delle spese processuali.
Sono lontani i tempi in cui le maestre si limitavano a dare bacchettate sulle mani degli alunni o a mandarli dietro la lavagna...
Roma, 5 settembre 2012
Avv. Daniela Conte Studio Legale Avv. Daniela Conte & Partners RIPRODUZIONE RISERVATA