Catalogna, indipendenza o bluff? Domenica urne aperte

Creato il 19 novembre 2012 da Eastjournal @EaSTJournal

Posted 19 novembre 2012 in Occidenti, Opinioni ed eresie, Slider with 0 Comments
di Eitan Yao

Domenica prossima, 25 di Novembre, la Catalogna celebrerà elezioni legislative anticipate. Si tratta di uno scrutinio estremamente importante per il futuro, non solo della Catalogna, ma anche della Spagna in generale. Queste elezioni intervengono, infatti, in un contesto di grave crisi economica e politica. Una crisi politica che é stata scatenata dal President del governo della comunità autonoma della Catalogna (la Generalitat de Catalunya), Artur Mas, il quale ha affermato che durante la prossima legislatura il suo governo chiederà al parlamento catalano di indire un referendum unilaterale sulla secessione della Catalogna dal Regno di Spagna.

I sondaggi pronosticano una facile vittoria per Convergència i Unió (CiU, la coalizione nazionalista guidata da Mas), un crollo del Partito Socialista, un buon risultato del Partito Popolare (PP, il partito del Primo Ministro Spagnolo Mariano Rajoy che potrebbe diventare, per la prima volta, il primo partito dell’opposizione) e dei verdi dell’ IcV, e un’ importante ascesa sia degli ultra-indipendentisti di ERC (Esquerra Republicana de Catalunya), che degli anti-indipendentisti di Ciutadans. Non pare, invece, probabile che CiU ottenga, come spera, la maggioranza assoluta dei seggi. Ad ogni modoMas ha già affermato che se CiU vince le elezioni metterà subito in moto il processo indipendentista. Se lo fa, la crisi passerà da politica a istituzionale e si aprirà uno scenario complesso le cui conseguenze sono attualmente imprevedibili.

Indipendenza o Bluff?

Lo scorso maggio la deputata del partito nazionalista canario Coalición Canaria, Ana Oramas, scatenò un piccolo terremoto politico in Spagna quando rivelò il contenuto di una conversazione che ebbe con l’attuale ministro delle finanze, Cristobal Montoro, durante quei terribili giorni del maggio del 2010 in cui la Spagna passò a un pelo dal default. Oramas ha raccontato che quando rimproverò a Montoro l’opposizione del PP al pacchetto di misure d’urgenza varato dal governo Zapatero per salvare il paese, Montoro le rispose: “Que caiga España, que ya la levantaremos nosotros” (Che la Spagna cada! Che poi la rialzeremo noi!). In quell’occasione la Spagna, e l’euro, furono salvati dai nazionalisti canari e catalani, da Coalición Canaria e da CiU. Oggi, però, CiU ha lanciato una sfida senza precedenti allo Stato e minaccia con rompere l’unità nazionale spagnola. Sono in molti a non comprendere come sia possibile che la stessa formazione politica che, durante gli ultimi 35 anni, é stata, in molte occasioni, maestra di moderazione e buon senso (CiU, in fin dei conti, é una coalizione di borghesi e imprenditori poco propensi alle avventure e ai salti nel vuoto) si ritrovi adesso in rotta di collisione con il governo centrale.

Recentemente su East Journal apparso un interessante articolo in cui ha sostenuto che CiU utilizza l’indipendentismo per distrarre dalla crisi. Questa é anche la posizione di tutta la stampa di sinistra di Madrid che ripete incessante che quello della secessione é solo un bluff e che in realtà Mas sta usando l’indipendentismo per far dimenticare il bilancio disastroso dei suoi due anni di governo. Chi scrive ritiene, invece, che quello che succede in Catalogna non può essere spiegato solo facendo riferimento alla politica dell’istante o all’esegesi delle dichiarazioni di Artur Mas (Mas, per di più, non aveva bisogno di ricorrere all’indipendentismo per vincere le elezioni. L’opposizione catalana é debole e la maggior forza dell’opposizione, il Partito Socialista, vive una profonda crisi interna).

Ortega y Gasset diceva che quello che lui chiamava il “problema catalano”, é un “problema perpetuo”, un “fattore continuo nella storia della Spagna”. Quanto sta avvenendo oggi può essere meglio compreso se é inserito nel quadro della “storia lunga” della Catalogna e, al tempo stesso, nel contesto della storia Spagnola dell’ultimo decennio. Durante gli ultimi anni, infatti, la crisi del socialismo catalano, prima, e quella economica, poi, hanno agito da acceleratori di un processo storico complesso le cui radici risalgono almeno al XVII secolo.

La crisi economica… e quella del socialismo

La crisi del PSC (il Partito Socialista catalano che forma parte del Partito Socialista spagnolo, il PSOE), ha giocato un ruolo fondamentale in questa crisi. L’essere pro-nazionalista é stato un elemento fondante dell’identità della sinistra spagnola dalla fine del franchismo in poi. Il PSOE, che é stato una delle delle colonne vertebrali della Spagna moderna, ha cessato gradualmente di essere un grande partito nazionale per trasformarsi in una somma di partitini locali succubi, spesso, del nazionalismo di turno. In Catalogna il socialismo ha ceduto ideologicamente e politicamente al nazionalismo adottandone la narrativa e gli ideali. Questo ha supposto la sparizione della più importante forza politica catalana pro-spagnola e ha generato un’egemonia nazionalista nel discorso pubblico catalano. Il risultato é che oggi, in Catalogna, essere indipendentista é la normalità. Tutti i media sono pro-nazionalisti. Fatta eccezione per il PP e Ciutadans tutto lo spettro politico é, se non favorevole all’indipendenza, almeno nazionalista. Persino gli adorabili ecologisti dell’IcV, che sono tutto peace&love, si sono dichiarati a favore dell’indipendenza!

A questa crisi del PSC e alla conseguente egemonia sociale e culturale nazionalista si é sommata, poi, la crisi economica micidiale in cui il paese é precipitato nel 2008. La crisi economica, e le politiche recessive che sono state adottate per farvi suppostamente fronte, hanno devastato il paese. La Spagna é passata da un boom economico spettacolare al più atroce dei bust. Senza la crisi economica, e le misure draconiane imposte da Bruxelles e Berlino per farvi, dicono, fronte, la crisi politica attuale non sarebbe mai avvenuta: la Germania e l’UE porterebbero un’enorme responsabilità storica in una eventuale rottura della Spagna.

Per il nazionalismo la crisi economica si é trasformata, infatti, in un’ insperata occasione d’oro per rompere lo status quo determinato dalla costituzione democratica del 1978. Come disse Ortega nel 1932, nel suo famoso discorso alle “Cortes Constituyentes“ della repubblica sul primo Statuto della Catalogna: “Uno stato in decadenza fomenta i nazionalismi”. É quello che successe durante la Seconda Repubblica ed é quello che sta succedendo oggi. Per Artur Mas la manifestazione “Catalunya, nou estat d’Europa” (Catalogna nuovo Stato d’Europa) che ebbe luogo durante la Diada (la festa nazionale catalana) lo scorso 11 di settembre, pare essere stata un turning-point. Si ha l’impressione che da allora il President abbia cominciato a vedersi come il padre fondatore della Catalogna indipendente, l’uomo che realizzerà il sogno secolare dei catalani di ottenere uno stato proprio.

Conclusione

Per Madrid un referendum sull’indipendenza della Catalogna sarebbe illegale e incostituzionale. Il governo spagnolo ha già annunciato che chiederebbe alla Corte Costituzionale di bloccarlo ma Mas ha risposto affermando che andrà avanti in ogni caso, e ha aggiunto che “né i tribunali né la costituzione” lo fermeranno. É impossibile sapere quello che accadrebbe se il governo catalano decidesse davvero di ignorare una sentenza della Corte Costituzionale. Gli indipendentisti affermano che Madrid non potrà che cedere davanti alla “volontà popolare”. Ma Madrid potrebbe, invece, decidere di intervenire per far applicare la sentenza e difendere la legalità vigente. Che accadrebbe allora? Molto dipenderà dal risultato della coalizione nazionalista nelle elezioni del 25 di novembre. Non si può neppure escludere che alla fine CiU torni al tavolo delle negoziazioni col governo centrale per cercare di ottenere da Rajoy una maggiore autonomia fiscale, il cosiddetto “Patto Fiscale”. Indipendentemente da ciò che avverrà domenica e nei prossimi mesi, alcune cose sono, però, certe:

La prima é che la Spagna e l’Europa necessitano un cambio radicale di politica economica. L’attuale strategia dell’austerità a vita porta, come non cessano di ripetere i leader sindacali spagnoli, al “suicidio economico e sociale”; La seconda é che l’attuale crisi politica e il prevedibile disastro elettorale di domenica dovrebbero far infine comprendere al PSC (e al PSOE) che la Spagna e la Catalogna hanno bisogno di una sinistra non-nazionalista forte che rompa il monopolio del discorso nazionalista in Catalogna e faccia quello che il PSC fece per molti anni: costruisca ponti tra Madrid e Barcellona. La terza, e ultima, é che la rottura dell’unità nazionale spagnola, anche nel caso che avvenisse nella calma e senza una guerra civile, sarebbe una tragedia e un disastro, tanto per la Spagna, come per la Catalogna (soprattutto per la Catalogna che si ritroverebbe fuori dall’Unione Europea e in pieno marasma economico). Il mondo sarebbe peggiore senza una Spagna unita.La Spagna non merita di finire così.

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Tags: Artur Mas, Catalogna, crisi economica, Eitan Yao, elezioni, indipendentismo, indipendentismo catalano, PSC, PSOE, secessione, Spagna Categories: Occidenti, Opinioni ed eresie, Slider


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