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Diciamolo francamente: un ciclo è finito. Non sarebbe realistico pensare di ritornare, nel giro di poco tempo, ai fasti del triplete. E, probabilmente, neanche ai campionati dell’era Mancini. L’Inter è una squadra spezzata anagraficamente in due. Per metà vecchia, con giocatori che mostrano la corda e cercano di raschiare dal fondo del barile le ultime energie. Per metà giovane e senza esperienza, forse belle speranze che non riescono a dare freschezza, tanto da ritrovarsi spesso meritatamente in panchina o in tribuna, poiché le volte che vengono messi alla prova deludono sistematicamente.
Contro il Catania, i nerazzurri sono durati 45 minuti. Erano passati meritatamente in vantaggio con Cambiasso, imbeccato da un Maicon a tratti straripante, poi sono crollati. Senza che il Catania abbia fatto nulla di trascendentale. Ha semplicemente aumentato il ritmo della gara, facendo andare in apnea gli avversari. Cambiasso, Muntari e Stankovic non hanno retto l’intensità impressa alla partita. Solo Maicon e in parte Nagatomo hanno conservato un po’ di brillantezza, gli altri hanno viaggiato a scartamento ridotto. In ritardo e lenti nel fare girare la palla, trattenuta sempre quella frazione di troppo che consentiva al Catania di conquistarla e ripartire velocemente. Zanetti si è aiutato con l’esperienza e cercando di mantenere almeno la posizione, ma il centrocampo, nel complesso, è apparso statico, privo di quella dinamicità necessaria per fare male agli avversari o per permettere di gestire il vantaggio. I cambi non hanno inciso per niente. Né Alvarez, né Zarate sono riusciti a risollevare le sorti del match e praticamente non si sono visti, dimostrando evidenti difficoltà ad esprimersi a livelli di grande squadra.
Le azioni dei due gol del Catania sono la cartina di tornasole delle difficoltà attuali dell’Inter. Nel gol del pareggio di Almiron, un pallone perso addirittura all’interno dell’area rossoblu ha innescato un capovolgimento di fronte che nessun giocatore nerazzurro è riuscito ad interrompere. Stessa cosa, più o meno, nell’azione che ha portato al raddoppio su rigore trasformato da Lodi. Un penalty che non c’era, anche se a velocità naturale era molto difficile stabilirlo. È un ulteriore sintomo del periodaccio della squadra di Ranieri. Quando in ogni partita c’è sempre almeno un episodio a sfavore che ne condizione l’esito, vuol proprio dire che non è annata.
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