Catastrofe umanitaria nel Corno d'Africa

Creato il 18 luglio 2011 da Gianfrancodv @Gdv1964
Qualcuno l'ha già definita una catastrofe. Quella che è in corso (non da oggi, sia chiaro) nel Corno d'Africa è secondo gli esperti la più grave siccità degli ultimi 60 anni. L'ultima grave carestia nell'area risale al biennio 1984-85 e fece più di un milione di morti. L'area interessata che comprende Somalia, Etiopia, Kenya e Sud Sudan è molto vasta e mette a rischio una popolazione tra i 10 e i 13 milioni di individui. Dopo due anni di scarsità delle piogge, oramai la popolazione è allo stremo.
E' chiaro che l'emergenza maggiore si verifica in Somalia, dove alla grave situazione idrica (e quindi alimentare, dove il grano è arrivato a costare il 100-200 % in più), si associano vent'anni di anarchia sociale, politica e militare in un paese dimenticato da tutti.
Come avviene durante le siccità, la produttività delle terre si riduce (in alcune zone si è dimezzata o addirittura annullata), le popolazioni sono costrette, per sopravvivere, a vendere il bestiame. Prima si vendono pecore e capre, che non contribuiscono alla produzione agricola, poi vitelli, cavalli e asini e infine i buoi, che ovunque sono alla base della ricchezza familiare. La perdita del bestiame, riduce la disponibilità di fertilizzanti per l'agricoltura. A questo punto il ciclo della miseria è chiuso. Non resta che migrare alla ricerca di nuove fonte di reddito o verso i campi profughi.
In questi giorni, dalla Somalia, circa 1400-1500 persone al giorno varcano i confini verso il Kenya alla ricerca di assistenza. Si stima che un quarto della popolazione della Somalia sia in fuga dalla propria terra. Il campo profughi di Dadaab (nella foto aerea in basso), ad oltre 80 chilometrui dalla frontiera somala, (costruito nel 1991 allo scoppio della crisi somala) oggi accoglie circa 400 mila rifugiati, quattro volte oltre le sue potenzialità.
Il campo è gestito dall'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR), assieme ad organizzazioni umanitarie di varie nazioni e di varie matrici religiose. Uno sforzo enorme sostenuto anche dal governo kenyota, che proprio in questi giorni ha dato l'autorizzazione all'apertura del nuovo campo IFO II (iniziato a costruire nel 2008), capace di contenere altri 90 mila profughi. Per la sua azione, nonostante sia anch'esso un paese colpito dalla carestia, il Kenya è stato lodato dalle organizzazioni internazionali. Qualche nostro Ministro, che per mesi ha fatto temere "la calata dei barbari in Italia", farebbe bene a fare una visitina in Kenya, forse la prossima volta non direbbe più idiozie come quelle dette nei mesi passati.
L'Alto Commissariato, le ONG, le Nazioni Unite e i leader religiosi (ieri il Papa) stanno lanciando appelli al mondo intero perchè la situazione è insostenibile. Si stimano che servono 691 milioni di dollari aggiuntivi per arrivare a fine anno e per ora l'appello ai governi (Germania e Gran Bretagna tra i primi a rispondere) ha permesso di raccogliere "solo" il 30% dei fondi necessari.
In Italia AGIRE, coalizione di ONG per le emergenze, ha da giorni lanciato un'appello alle donazioni, sebbene come afferma Domeico Quirico sulla Stampa "la carità internazionale si è fatta stanca". Ovviamente vi sono anche altre istituzioni che raccolgono fondi, come FAO, UNICEF, PAM, Save the Children, Action Aid, Amref, Cesvi, Cisp, Coopi, Cosv, Intersos, Vis e altre.
Certo, secondo gli studiosi le origini della carestia sono da ricercarsi nella scarsità delle piogge e di conseguenza nei cambiamenti climatici globali. La colpa insomma è tutta della natura, ingenerosa verso l'Uomo e verso Dio. Ma, è innegabile che ciò che trasforma uomini, donne e bambini somali in disperati alla ricerca di cibo sono la pessima politica e la guerra che attanaglia il paese oramai da 20 anni, senza interruzioni. Politiche scellerate, interventi sbagliati e le peggiori strategie geopolitiche hanno contribuito, quando non determinato, la strage che oggi è in corso. A tutto questo si aggiunge la mancanza di informazione, la carestia attuale è annunciata oramai da due anni, gli appelli delle ONG si susseguono da mesi. Ora però serve intervenire, subito.

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