Parte da Los Angeles per Shreveport, Louisiana, dove lo attende un regista chiassone per girare Flashpoint. Nel mezzo, tante moine ormai insopportabili da parte di hostess, fanatiche in sovrappeso, concierge d'hotel: cose alle quali Reagan è ormai impermeabile.
Il primo giorno delle riprese l'auto che lo deve portare sul set viene anticipata da quella di due malintenzionati che lo caricano con il pretesto di essere al suo servizio. Requisito del cellulare, costretto sotto pestaggio ad entrare in un capanno sulla palude e incatenato alla parete Reagan resta in balia dei suoi carnefici: l'uno più agguerrito e senza controllo, l'altro sofferente di un ritardo e più empatico con l'ostaggio. Il movente del sequestro? Reagan si sarebbe portato a letto la moglie del più cruento dei due.Catch Hell è brillante. Non brilla tanto per originalità come, al giorno d'oggi, difficilmente potrebbe un film sulla cattura di qualcuno ma è solido all'interno. La prigionia è recitata e diretta in modo sorprendente da Ryan Phillippe la cui fisicità è quasi annullata dalle catene e costretta a trasparire tutta dalle espressioni del volto e dalle parole. Ma più che la vicenda del sequestro in sé è la ricerca di una via di fuga a tenere noi perennemente in ostaggio. La scenografia è dovutamente spartana per contrapporsi ai fasti del mondo del cinema. Ian Barford (Mike) è diabolico quanto basta per toglierci ogni speranza di riavere Phillippe indietro, tutto intero. Phillippe perde denti, sangue e acquista cicatrici che progressivamente sfioriscono il suo edonismo come fu per Tippi Hedren sotto l'attacco degli uccelli di Hitchcock. E' l'immagine del declino, di una Natura ostile che si riprende quanto ha dato (l'alligatore), di una distorsione della celebrità nei suoi effetti collaterali (il tedio della notorietà). E' una prova registica coi fiocchi (l'albatros che si leva meravigliosamente in volo lungo la strada, lo spruzzo inatteso di detergente sul vetro della palestra che prelude ad un gioco di nervi). Certo è che per dare un voto, occorre calibrare tra la regia e la recitazione poiché Ryan qui gioca in doppio. Pare comunque che lui sia d'accordo con me. Almeno su Twitter. Dove è tornato a scrivere sano e salvo.