Magazine Cultura

Catfish

Creato il 14 aprile 2014 da Lubenn @lubentw

Qualche tempo fa, ho beccato su MTV un programma chiamato Catfish: False identità. Le identità false sono quelle di chi mente online, di chi, cioè, si crea una nuova identità sfruttando l'anonimato del web.
La serie prende spunto dal docu-film omonimo che racconta la relazione virtuale nata tra Nev e Megan, sorella di Abby, una bambina del Michigan con la passione della pittura che invia a Nev un quadro tratto da una sua foto apparsa su una rivista. Non descrivo ulteriormente il film, dico solo che l'ho trovato molto coinvolgente e sentito. Non so se sia vero o recitato, se sia completamente inventato o se sia tratto da una storia reale, anche se recitata, non lo so e non mi interessa perché penso che il racconto abbia un valore intrinseco e ho apprezzato la completa assenza di giudizi nei confronti del mezzo informatico e del web.
Anche se sono completamente fuori target per MTV, questo programma ha subito catturato la mia attenzione. Ho anche cercato e visto il film uscito nel 2010. Perché?
È presto detto: io e mio marito ci siamo conosciuti online 10 anni fa circa. Dopo un paio di mesi dal nostro primo contatto ci siamo incontrati e dopo un luuuuunghissimo rapporto a distanza in cui passavamo insieme solo un giorno a settimana, siamo andati a vivere insieme e l'anno successivo ci siamo sposati. Un lieto fine, insomma. :)
Noi ci abbiamo creduto, ci siamo impegnati, abbiamo sofferto la distanza e superato molte difficoltà, ma alla fine siamo finalmente insieme e a differenza di molte altre coppie, conosciamo il valore della solitudine e, ancora di più, quello dello stare insieme.
Probabilmente una relazione a distanza così lunga ci ha portato a sviluppare un senso di fiducia reciproca pressoché illimitato: non siamo gelosi l'uno dell'altro, non siamo oppressivi, asfissianti o possessivi. Probabilmente il fatto di esserci conosciuti come due persone normali che si conoscono in giro, senza alcun intento sentimentale recondito, ha contribuito a far nascere tra noi una vicinanza e un'intimità che difficilmente avevamo sperimentato prima con altre persone. Probabilmente siamo stati fortunati. Probabilmente siamo stati anche un po' irresponsabili.
L'unica certezza è che, tra noi, non abbiamo mai mentito. Quando ci siamo visti per la prima volta di persona, eravamo le stesse persone che trasparivano dalle frasi scritte in chat o nei forum.
Ora parlo per me. Oltre a mio marito, online ho conosciuto molte altre persone. Alcune le ho incontrate da sola, alcune insieme a quello che non era ancora mio marito, alcune non le ho mai incontrate anche se mi sarebbe piaciuto tanto, alcune avrebbero voluto incontrarmi e io ho benedetto la distanza che ci separava.
Ho fatto il mio primo ingresso online a 16 anni, quando oltre al consumo in bolletta, si pagava anche l'accesso alla rete sotto forma di abbonamento annuale. Fino a quel momento il mio mondo era costituito dalla mia famiglia, dalla scuola e da uno sparuto gruppo di amiche. Il denominatore comune di queste tre realtà era il sentirmi costantemente fuori luogo. Non mi trovavo bene a casa con genitori, fratelli, zii, cugini e nonni che mi trattavano come una ragazzina particolare, diciamo così, ma in realtà, dal mio punto di vista erano tutti abbastanza offensivi e superficiali nei miei confronti. Non mi trovavo bene con le mie amiche d'infanzia che nel frattempo si erano fatte altre amiche e con le quali, ormai, avevo davvero poco in comune. Non mi trovavo bene a scuola ed è un eufemismo. Ho sofferto tantissimo a scuola, mi sentivo trattata da idiota perché non riuscivo a comunicare con i miei coetanei. Non mi piacevano le stesse cose che piacevano a loro e non vivevo le cose come facevano loro. Ci ho provato tanto e in tutti i modi a essere come loro, ad aprirmi e a condividere, ma niente, ero sempre irrimediabilmente messa da parte o peggio, ridicolizzata; sfruttata quando c'era bisogno e poi scartata. Per un periodo sono anche stata vittima di bullismo da parte di un mio compagno di classe.
La prima cosa che feci, quando i miei genitori attivarono il collegamento internet, fu scaricare la lista dei newsgroup. Sapevo che i newsgroup erano luoghi in cui la gente parlava di varie cose, sapevo che erano tematici e che era facile accedervi. Fu così che entrai a far parte del mio primo newsgroup e dopo qualche settimana di lurking, mi presentai e fui accolta con molto calore dalla community. Per la prima volta potevo condividere i miei interessi con altre persone senza che queste ridessero di me o sminuissero o ridicolizzassero ciò di cui parlavo. Fu qualcosa di totalmente coinvolgente e gratificante.
In quel periodo conobbi tante persone, quasi tutte più grandi di me, anche molto più grandi di me, ma non esistevano i cellulari super accessoriati di oggi (e comunque io non avevo il cellulare), né le macchine fotografiche digitali e le connessioni a 56k domestiche rendevano pressoché impossibile l'uso di webcam (che tanto io non avevo). Era un periodo strano, ci eravamo conosciuti online ma ci scambiavamo gli indirizzi di casa per scriverci lettere cartacee, quando avremmo potuto inviarci un'email. :D Io ero abituata a scrivere lettere perché fin dalle scuole medie corrispondevo in inglese con vari miei coetanei sparsi per il mondo, quindi mi faceva piacere sia scriverle, sia riceverle.
Con il passare del tempo, legai particolarmente con alcune persone con cui restai in contatto negli anni successivi. Iniziai anche a capire cosa accomunava gran parte delle persone con cui interagivo online: la solitudine. In un modo o nell'altro, eravamo tutti soli, magari pieni di gente intorno, ma intimamente distanti da queste persone. Per alcuni era solo un periodo, per altri era una condizione costante. C'erano anche persone con palesi problemi psicologici che trascinavano assurde rivalità virtuali anche nella vita reale o che manipolavano utenti ignari (e ingenui) per conquistare il potere virtuale. E io mi son sempre chiesta, a che pro? Che te ne fai di essere il leader di un gruppo di 20 persone che non hai mai visto e che probabilmente non vedrai mai?
Man mano che il web evolveva e diventava di massa, spuntarono siti personali e forum. Io ero sempre alla ricerca di luoghi in cui coltivare e condividere i miei interessi; creai un mio sito personale e dopo qualche anno lo trasformai in blog, praticamente era sempre la stessa cosa con un altro nome. :D Continuavo a conoscere persone, ma ormai ero cresciuta, avevo circa 20 anni e avevo imparato a convivere con la mia solitudine, non avevo più bisogno di un contatto diretto e personale con le altre persone online, mi bastava scrivere negli spazi pubblici, confrontarmi e ricevere feedback. Ho sempre avuto tanto da dire e nessuno a cui dirlo. Non mi riferisco solo alle chiacchiere autoreferenziali che scrivo sul blog, ma proprio ad argomenti che mi stanno a cuore, come la politica o la letteratura. Avere opinioni è una delle caratteristiche delle persone curiose, ma queste opinioni devi metterle alla prova e confrontarle con altre, altrimenti diventano stantie. Offline non c'era nessuno ad ascoltarmi e a rispondermi e non perché non avessi persone intorno, ma perché non avevo intorno le persone giuste. Offline ti devi tenere le persone che ti capitano e andarti a cercare quelle che vorresti è abbastanza difficile, soprattutto per chi vive in piccoli centri provinciali. Online, no, puoi scegliere ed entri in contatto con una varietà di opinioni e idee impressionante e stimolante. È bello, no? Per me, molto.
Ero così frustrata nella mia vita offline per l'impossibilità di esprimere la mia personalità, che online non avrei avuto alcun motivo plausibile per mentire e fingermi quello che non ero. Ero me stessa all'ennesima potenza, non avevo paura di esprimere le mie opinioni, né di scrivere cazzate perché per quanto potessi essere giudicata o etichettata in qualche modo, questo non avrebbe mai e poi mai potuto interferire con la mia vita offline. Non ho mai pensato che la vita online avesse meno valore di quella offline, nel senso che le emozioni e sensazioni che provi nelle interazioni online sono fin troppo reali, ma la vita offline è quella che siamo costretti a vivere, quella in cui dobbiamo lavorare, quella in cui abbracciamo le persone a cui vogliamo bene, quella in cui ci ammaliamo e così via. Ogni errore commesso nella vita offline si paga e spesso a caro prezzo; la vita online, invece, è molto più elastica e facile, con meno pressioni e meno conseguenze. Quindi, perché interpretare un'altra persona? Perché fingere?
Licenza Creative CommonsSe non diversamente specificato, tutti i contenuti di questo blog creati da me sono distribuiti con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Condividi allo stesso modo 4.0 Internazionale.

Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :

A proposito dell'autore


Lubenn 8 condivisioni Vedi il suo profilo
Vedi il suo blog

L'autore non ha ancora riempito questo campo

Dossier Paperblog