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Cattivi Guagliuni

Creato il 20 ottobre 2011 da Abattoir

Cattivi Guagliuni

giovedì 20 ottobre 2011 di Michele Scarpinato

Cattivi Guagliuni
Cattivi guagliuni, quelli che stanno dentro un carcere, lontani dai loro cari, colpevoli per essere nati nelle famiglie sbagliate, quelle povere che vivono ai margini della società, il cui modello sociale migliore l’hanno appreso in televisione e non a scuola, perché a scuola non ci sono mai andati.

Ascolto l’ultimo singolo dei 99posse che si intitola appunto “Cattivi guagliuni” e mi sale il fuoco in petto pensando con quante persone ho condiviso il banco a scuola, la merenda e anche le scarpe da ginnastica, che hanno avuto un destino diverso dal mio entrando e uscendo dal carcere con familiarità. Sono persone che il carcere lo conoscono da quando sono nate perché andavano a incontrare lì il loro padre che sembrava non uscire mai. Cinque anni sono infiniti quando hai cinque anni.

Con un padre assente e una madre che si deve fare in due per mandare avanti la baracca, questi bambini crescono pressoché da soli, con vecchie nonne o zie o sorelle troppo giovani, così li vedi già per strada a cinque anni a giocare con quello che trovano, ad arrangiarsi per divertirsi, a lottare per sopravvivere contro i ragazzini più grandi. Un cattivo guaglione matura prima degli altri oppure soccombe.

Heidegger scrive che ogni uomo è gettato nel proprio destino, che ha davanti a sé solo delle possibilità per il suo progetto, anche se nessuno può dire a priori quali sono le possibilità che ha davanti. Heidegger stesso era figlio di contadini poveri e tra le sue possibilità c’era di incontrare un prete che lo facesse studiare nei migliori istituti religiosi fino a farlo diventare un pezzo importante della storia della cultura europea.

In che destino è gettato chi nasce in quartiere degradato, in cui lo Stato è sostituito dal sistema parastatale del crimine organizzato? Quanti film e libri ci testimoniano queste realtà? Purtroppo in Italia troppe. Pensiamo al cliché del ragazzo meridionale che davanti ha sé ha solo due possibilità: o malavitoso o sbirro, magari in contrasto con il proprio fratello. Eppure come ogni cliché c’è sempre un fondo di verità: in una società che non ti dà nulla se non piegarti alla malavita se non a parteciparvi di prima persona, l’unica possibilità che rimane è scappare, ma senza una lira in tasca non rimane che la strada dell’arruolamento.

Una volta “dentro”, il vortice risucchia il cattivo guaglione che con una fedina sporca avrà una vita più difficile davanti e che in carcere ha fatto esperienze che non solo lo hanno messo in contatto con altri cattivi guaglioni, magari più grandi, ma sono costretti a vivere in condizioni che abbrutiscono: nessuno spazio personale, lontano dagli affetti, sempre costretto a combattere per non soccombere tra compagni di cella magari più violenti.

Una volta fuori le mura del carcere, i cattivi guaglioni conservano rancore contro lo Stato che li ha rapiti e, se sono stati fortunati, conservano affetto per i loro compagni di cella. Una volta fuori, devi reintegrarti nella tua famiglia che ha ritmi che non sono più i tuoi, in amici che hanno vissuto esperienze diverse, che sono partiti per poi magari non trovare un lavoro e ricominciare da capo, come quando si aveva cinque anni. E si comincia a stare per strada a trovare un modo come sopravvivere con un unico motto “Mors tua vita mea”.

Oppure se sono fortunati vengono educati alla meritocrazia all’italiana, ovvero la Regione o lo Stato gli offrono un lavoro a progetto con stipendi che non arrivano puntualmente ogni mese, magari in posti in cui non c’è controllo delle loro presenze o magari, ancora, sono in esubero e possono fare tempi ridotti e quindi abbandonati nuovamente per strada con una pulce maligna in più: “fai una rapina e se ti beccano dopo qualche anno ti trovano il posto”.

Chi sono questi cattivi guaglioni si è capito, sono ladri d’appartamento, borsaglioli o rapinatori, più spesso spacciatori o ladri di auto e moto. Sono ragazzi il cui destino sembra già essere deciso in quel famoso libro di Dio in cui tutto è scritto e nulla si può modificare.

Ma c’è anche un’altra categoria di criminali che dovrebbero fare la stessa fine e non la faranno mai e mi riferisco a chi ha truffato lo Stato per miliardi, a chi con il loro falso in bilancio ha fatto fallire aziende lasciando dipendenti, fornitori e creditori con il culo per terra. In galera non ci finiscono nemmeno i medici-manager che, anziché protestare per i tagli del loro budget, tagliano le cure ai loro malati di cancro. Loro scompaiono in isole felici per il fisco, dove possono spararsi i loro soldi con delle cattive guaglione dalla pelle di un altro colore.

In Italia siamo poi il Paese dei paradossi, ovvero dei balocchi per questi furbi: e così una persona come Saverio Romano non andrà in tribunale a rispondere dell’accusa di concorso in associazione mafiosa, salvato da chi accarezza quei cattivi guaglioni in carcere e chiede l’amnistia. I radicali capitanati ancora da Pannella la fanno ancora una volta fuori dal vaso, e per richiedere il rilascio di cattivi guaglioni ne lasciano uno a piede libero, uno di quelli grossi che con la camicia dal colletto bianco la galera non la vedrà mai e poi mai.

In Italia ci stupiamo se Cuffaro, dopo la sentenza che lo condanna, si presenta alle porte del carcere, quando dovrebbe essere la normalità, senza neanche chiederci in quale cella andrà a finire: con Alì accusato di non avere il permesso di soggiorno? Con Totò arrestato per furto con scasso per comprare il latte al bambino che non può prendere quello della madre? O sta comodo tra i suoi libri e il suo rosario in isolamento-suite?

Per certi guaglioni il futuro è diverso: quando usciranno rimetteranno il loro colletto bianco e saranno liberi di esercitare ogni forma di potere avendo oramai scontato le proprie pene. Riprenderanno i contatti di prima e ritorneranno ai loro affari, magari in modo più riservato.

Mentre cosa debbano aspettarsi i guaglioni cattivi che i Radicali vogliono liberare non si sa, nelle loro interviste non lo dicono e a noi non ci rimane che immaginare già che si ritrovino nelle soprascritte condizioni di disoccupato di nuovo alla mercé della tentazione diabolica oppure con un lavoro che non si sono cercati e che non devono neanche sudare per mantenerselo.

I Radicali inoltre chiedono l’amnistia e non l’indulto, ovvero chiedono che non solo venga cancellata la pena, ma anche il reato, così quella categoria selezionata per l’amnistia si troverà senza reati alle spalle e saranno liberi da quel destino in cui, secondo Heidegger, sono gettati.

Se è vero che in Italia c’è un grosso problema con la criminalità più o meno organizzata, più o meno invischiata con la politica, con le carceri strapiene e il reinserimento degli ex-detenuti, non credo che un semplice indulto (quindi la sola cancellazione della pena e non del reato) possa risolverli. Serve prima di tutto una pianificazione nel tempo della soluzione di un problema così complesso che deve avere al centro della sua strategia la diminuzione dei reati commessi e delle seguenti carcerazioni, secondo un programma educativo che non lasci il cattivo guaglione di cinque anni abbandonato a se stesso e alla strada e la giusta proporzione della pena al reato, perché non sono i cattivi guaglioni a dover essere condannati e puniti ma il sistema che li ha generati.

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