#1 Preludio del cavaliere fragile intenzionato a dire di sé prima dell’esito infausto
Questa notte sarò fragile come basilica d’osso decalcificato.
Se un “tuttavia” mi è concesso me ne avvarrò
e lieto d’aggrappandomici disperando.
Consiglio “tuttavia” a curati e prefiche
a necrofori e ricamatrici di sudari e
a becchini e tassidermisti e
alla morte deodorata
prossimi alla soglia della camera ardente
di prendere un numero progressivo
d’attendere il proprio turno
in sala d’aspetto confortevole.
Spetterà all’Antagonista
sgretolarmi ad arte.
Tarderà egli
l’Antagonista intendo
quanto basta affinché
io narri del cavaliere errante
che sono e divenni salendo sul
(atteggiandomi impetuoso)
come si diceva salendo sul
(esibendomi virtuoso)
riprendendo il discorso salendo sul
(assumendomi glorioso)
occorre concludere:
sul tapis roulant del destino avverso.
#2 Dedica sopra le righe alla dama oggetto di idealizzazione cavalleresca
Piattole che nell’armatura che mi veste
trovate ospitale microclima
tanto da proliferare e riprodurvi copulando lubriche
sovrapposte nel coito
ancorate nell’amplesso
inscindibili nell’entomologico incastro sessuato
trascurate esigui minuti di copulare lubriche
e levate un canto armonico
alla dama che mi ispira e guida nell’errare cavalleresco
a colei nella quale tutte le virtù fanno convitto
e proclama di sudditanza
a colei che addestra gli astri a configurarsi in volto
a colei che negli astri configurati in volto si specchia.
Piattole gentili
trascurate rari minuti soltanto
di indugiare nella viviparità adenotrofica
nella viviparità pseudoplacentale
e nella viviparità emocelica
per cantare di colei che ha il mio cuore.
Blatte che nell’armatura che mi protegge
dalla spada, dalla lancia e dal maglio
scorazzate gareggiando dinamiche
celebrando giochi della gioventù
giochi senza frontiere
universiadi talvolta
giochi olimpici ogni quattro anni
cessate di applaudire chi di voi
salga vittorioso sul podio
e levate un canto polifonico
a colei del cui vessillo osteso
presso il campo di battaglia
farò sudario
(se soccomberò)
stendardo trionfale
(se prevarrò)
tovaglia da pic-nic
(se rimorchierò)
cessate seduta stante di gareggiare
per comporre liriche sublimi
dedicate a colei che so di sognare
mentre dormo sulla terra
prossima a divenire fango
coperto solo dalla pioggia
prossima a divenire grandine
nutrito di foglie marce
prossime a donarmi un morbo
decorato di febbre e delirio.
Blatte cortesi
cessate tosto di cimentarvi in ludi
competitizioni molteplici
assortimento di tenzoni
decoubertiniane celebrazioni
per comporre liriche da cantare
al nome di colei che so di sognare.
Metrodora è il suo nome.
Sappiatelo adesso.
#3 Bellezza e virtù ulteriori di Metrodora si celebrano subito. Perché aspettare?
Di Metrodora sa chiunque sappia
desidera Metrodora chiunque desideri
chiunque Metrodora canta se canta
ogni poema canta Metrodora
compreso questo se fosse poema
ama Metrodora in silenzio chiunque
(il soggetto è qui posticipato)
rivelare d’amarne non osa
ch’io l’ammazzerei
che cattivo diventerei
che implacabile risulterei
con colui che dicesse d’amarne.
D’ella il diniego certifico in caso.
Colui che miri Metrodora
mira la fonte di ogni voluttà
mira la scaturigine delle perfezioni
mira colei che Prassitele
Fidia e Cattelan
elessero musa, modella e modo.
Di dei che guardano in basso
dal cielo al mondo
non ve ne sono che non dicano “dea”
Metrodora scorgendo
che non dicano “numi”
cioè se stessi
Metrodora vedendo
che non anelino mutarsi in satiri
(o rappresentanti di cosmetici
crema giorno e crema notte)
attendere Metrodora presso fonte o guado
o radura di ristoro
per afferrarne i polsi coll’artiglio
(o tramortirla colla valigetta dei campioni)
calpestarle caviglio collo zoccolo
(o colla suola della Tod’s)
e della spalancata sua intima virtù
serbata per me e me solo
libera da sottane all’aria fluttuanti
profittare guaendo.
Così la bella sta chiusa dove sta
nella casa dove sta
colla porta spessa e dura
non veduta per fortuna
né da uomo né da dei.
Mentre erro Metrodora
ferma e sola e chiusa sta.
Bella chiusa
Metrodora
con un velo di mascara
tutta sola se ne sta.
#4 Il lettorè è invitato ad affacciarsi a una qualsiasi finestra per vedere il protagonista che si allontana
Cessa lettore
di manipolare articolazioni
determinati angoli di incidenza tra osso e osso
non sono affatto naturali
sono piuttosto innaturali
verrebbero osteggiati dalla curia
oltre centottanta gradi
interverrà l’autorità preposta
oltre duecentosettanta gradi
l’ufficio competente disporrà sanzioni.
Cessa lettore che ti auto-massaggi
dopo un lungo cammino senza scopo
dopo un lungo cammino a ritroso
dopo un lungo cammino sul tapis roulant
di manipolarti articolazioni
guarda piuttosto attraverso
la finestra in foggia di unghia
della torre in foggia di dito
ove leggi di me
vedrai un cavaliere che si allontana
al trotto composto tipico
di colui che tosto terminò di combattere
di colui che avrebbe presto combattuto
di colui che avrebbe trascorso l’intervallo
tra due combattimenti
non a cavallo di cavallo
non a cavallo di meretrice
non a cavallo di cavalluccio a dondolo
non a cavallo di Kawasaki
a cavallo del destino invece.
Chiamalo Caino
chiamalo Ulisse
chiamalo Chisciotte
chiamalo Renegade
ciascuno di loro si volterà verso di te
ciascuna volta chiamato.
Dunque mi volterò verso di te
per chiamarti fratello
se tu fratello sarai.
Se Antagonista sarai
Protagonista sarò.
Scendi allora dalla torre in foggia di dito
dove leggi questo poema
occhio di bue su di te la luce della finestra
in foggia di unghia
mostrati e parati innanzi
cala la celata
serra lancia tra costato e braccio
vieni a dirmi il tuo nome vero
o fatti trafiggere da me
(popcorn agli spettatori adesso)
che per trafiggerti vivo.
#5 Teatro complesso nella mente del guerriero all’approssimarsi del combattimento finale
Due gli uomini che si fronteggiano
oggi come ieri e domani accadrà
ce ne sono sempre due che dalle fenditure della celata
guardano se stessi fragili e feroci nell’altro.
Come l’attesa sia l’ultimo tempo
sanno tutti e chiunque sa.
Poi l’attesa sarà fatta finire
da chi dei due vorrà finisca
stanco di vivere e d’attendere
curioso di sapere se vivrà.
Sa ciascuno dei due
che uno dei due non vivrà.
Colui che non vivrà
questi non amerà domani l’alba e lo sa
sa che non amerà domani Metrodora
sa che dei capelli di lei non farà eclissi
sa che nessun carme più canterà
sa del cibo e del sidro non più nelle mani
sa del cibo e del sidro non più nella coppa
sa del cibo e del sidro non più nella bocca
sa del letto dopo l’amore col suo odore
mai più da sentire e da ferire e d’ardere
colla donna che dorme ancora e sogna
altri cavalieri quella sogna
tra quelli forse lui
forse lo sogna vittorioso e nudo
forse sconfitto e morto
forse di lutto vestita d’amare altri sogna
forse lo sogna che va morendo cavalcando verso l’altro
forse lo sogna cavalcare verso sé.
Così lui grida Metrodora cavalcando
lo fa mentre di lancia o spada o dardo o d’arma varia
(automatica o semi-tale non importa)
fa sfoggio e fa minaccia all’altro uguale.
Lui grida Metrodora moribondo
e guarda Antagonista toglier l’elmo
e dice morto al sé che lo trafisse
d’andare a fare in culo e chiude lì.