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Cavalleria Rusticana e Pagliacci: Piacevoli Classici Senza Tempo

Creato il 12 maggio 2014 da Dietrolequinte @DlqMagazine

Vittoria Averni 

«Ntra la porta tua lu sangu è sparsu, / e non me ‘mporta si ce muoru accisu… / E s’iddu muoru e vaju mparadisu / si nun nce truovu a ttia, manco ce trasu». È con questa fortissima ed appassionata serenata di Turiddu che inizia l’opera lirica Cavalleria rusticana, in scena al Teatro Massimo Bellini di Catania insieme a Pagliacci per la regia di Luca Verdone e la direzione del maestro Antonino Manuli. Due opere brevi, tanto da essere spesso rappresentate insieme, ma dense e differenti nelle sfumature che tratteggiano i drammi di Turiddu e Canio. Seppur accomunate da un’ambientazione rurale simile (un piccolo paese della Sicilia orientale nell’opera di Pietro Mascagni e il paesino Montalto Uffugo in provincia di Cosenza in quella di Ruggero Leoncavallo) cara allo stile verista, fiorente alla fine del XIX secolo, e dalla passione amorosa portata all’estremo, le due tragedie hanno di base una forza espressiva differente, ed anche un esito diverso nella rappresentazione. Infatti, la Cavalleria rusticana di Giovanni Targioni-Tozzetti e Guido Menasci perde moltissimo del fascino e della ricchezza di coloriture dell’opera teatrale scritta da Giovanni Verga. Risulta eccessivamente scarna e lontana dal verismo dell’autore catanese: ad esempio, i versi con i quali i contadini siciliani dovrebbero pregare Dio si rivelano talmente aulici («Ei fulgente ha dischiuso l’avel») da apparire alquanto inverosimili se non addirittura paradossali. La stessa rappresentazione è stata “senza infamia e senza lode”, non peccando in nulla in particolare, eccetto forse per il soprano Dimitra Theodossiou il cui timbro eccessivamente pastoso e poco cristallino rende difficoltosa la comprensione del canto senza l’ausilio del libretto. Ciononostante risulta encomiabile per le sue doti interpretative, messe in evidenza in particolare nell’intermezzo, durante il quale rappresenta una Santuzza profondamente pentita.

Cavalleria Rusticana e Pagliacci: Piacevoli Classici Senza Tempo

Pagliacci, invece, è nel complesso opera più ricca espressivamente, già nel libretto ed in particolare in quel prologo singolare, cantato a sipario calato da Tonio (interpretato magistralmente dal baritono giapponese Hayato Kamie), che dà inizio alla tragedia con una vera e propria dichiarazione poetica di Leoncavallo. Altrettanto encomiabile è la prestazione del tenore Richard Bauer che ha saputo interpretare Turiddu e Canio con grande perizia e doti canore, caratterizzando i due personaggi maschili travolti da una passione amorosa che distrugge. Grande maestria anche nella performance del soprano Daniela Schillaci che, nel ruolo di Nedda, dimostra una grande padronanza scenica oltre che una grande forza canora. Risulta come sempre eccellente il lavoro dei componenti del Coro e dell’Orchestra del Teatro Massimo Bellini diretti dal maestro Antonino Manuli e del coro di voci bianche diretto da Elisa Poidomani. Particolarmente interessanti le scelte del regista Luca Verdone, fratello del noto attore Carlo Verdone, che ha realizzato, insieme a Salvatore Tropea, un’unica scena (poi riadattata attraverso l’aggiunta di un palco per Pagliacci) sobria ma molto pittoresca ed efficace nel descrivere i due paesini di provincia. Nel complesso la rappresentazione di Cavalleria rusticana e Pagliacci risulta piacevole e godibile, seppur leggermente disturbata dalla voce particolarmente stridula della spettatrice seduta accanto a me, che ha canticchiato (e recitato) nemmeno troppo sottovoce l’opera di Mascagni, e dal russare sommesso dello spettatore seduto all’altro fianco. Probabilmente qualche astante più attento e rispettoso verso l’opera ed in particolare verso i cantanti in scena non guasterebbe affatto.

In copertina: Dimitra Theodossiou e Hayato Kamie in Cavalleria rusticana

Fotografie di Giacomo Orlando per il Teatro Massimo Bellini di Catania

Cavalleria Rusticana e Pagliacci: Piacevoli Classici Senza Tempo


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