Anno: 2010
Durata: 89′
Genere: Documentario
Nazionalità: Gran Bretagna, Francia, Germania, USA, Canada
Regia: Werner Herzog
Nel 1994 nel sud della Francia, presso Vallon-Pont-d’Arc, è stata fatta una scoperta sensazionale e di grande importanza per l’intera umanità. Lo speleologo Jean-Marie Chauvet trovò un’insenatura nella roccia che portava ad un complesso di grotte rimasto sigillato per più di ventimila anni a causa di un crollo che ne aveva chiuso e ostruito l’ingresso originario. Al suo interno sono state ritrovate una moltitudine di pitture rupestri perfettamente conservate grazie al microclima venutosi a creare al suo interno per effetto di questa sigillatura che le ha protette dal mondo esterno. Gli studiosi hanno così potuto accertare che i disegni più antichi della caverna di Chauvet, dal nome del suo scopritore, risalgono a circa 32000 anni fa.
A distanza di alcuni anni da questo sensazionale ritrovamento, Werner Herzog ha ottenuto un permesso dal Ministero della Cultura francese per filmare i disegni al suo interno. Il grande regista e documentarista tedesco ha però dovuto fare i conti con alcune restrizioni, potendo effettuare le riprese solo per una settimana, per non più di quattro ore al giorno e con una fonte d’illuminazione fredda per non intaccare l’umidità delle pareti. Inoltre ha potuto contare su una troupe di soli quattro elementi dotata di attrezzature leggere con uno spazio di manovra assai limitato, dovendosi muovere su una passerella larga poco più di mezzo metro e a debita distanza dalle pareti della grotta. Limitazioni che di certo non hanno scoraggiato un cineasta come Herzog, attratto da sempre dalle sfide più difficili ed estreme come dimostra la sua vasta, complessa ed affascinante filmografia.
Accompagnato da alcuni studiosi il regista ci porta alla scoperta di queste incredibili pitture rupestri, ammaliandoci con la sua inconfondibile voce narrante a cui ci ha piacevolmente abituati nella gran parte delle opere documentarie da lui dirette. Veniamo così a sapere che gli uomini del Paleolitico non hanno mai vissuto nella grotta di Chauvet, scelta invece molto probabilmente come luogo di culto, come dimostra la mancanza di ritrovamenti di ossa umane a differenza dei numerosi resti di orsi delle caverne. Molti gli animali raffigurati nelle oltre 500 opere ritrovate, tra cui i leoni delle caverne che – questi disegni lo confermano – pare non avessero la criniera, al contrario dei loro discendenti presenti oggigiorno nel continente africano. Herzog ricorre per la prima e, a suo stesso dire, ultima volta all’uso del 3D per mostrarci con maggior efficacia la profondità della grotta e le sue pareti irregolari piene di figure di animali, come un gruppo di cavalli in movimento ritratto lungo le rocce ondivaghe, bisonti con otto zampe per sottolinearne il movimento e uno scontro tra due rinoceronti con le zampe tese in avanti in preda all’impeto della lotta; uno scenario antico di millenni ma già protocinematografico nel suo riuscito tentativo di rendere le immagini in movimento, filmato ai nostri giorni con la più moderna delle tecnologie.
Verso il finale il direttore del progetto di ricerca sulla caverna di Chauvet, Jean Michel Geneste, intervistato dal regista, parla dell’importanza dell’invenzione della rappresentazione figurativa, un modo per gli uomini di comunicare col futuro e al contempo di evocare il passato, trasmettendo informazioni con metodi migliori della parola, attraverso segni piuttosto che con la comunicazione orale; invenzione che sopravvive ancora oggi, basti pensare alla videocamera per esempio, come sottolinea sornione Geneste, indicandola mentre lo filma, mentre lo “raffigura”.
Herzog si avvicina al capolavoro con questo suo ennesimo, straordinario documentario, lirico ed emozionante nei minuti in cui assistiamo alle panoramiche delle pitture rupestri, in un magico e ancestrale disvelamento che la macchina da presa restituisce ai nostri occhi. Il regista tedesco condisce il tutto con il suo tocco ironico, rintracciabile nello studioso che intona l’inno americano con un flauto primitivo o nello scienziato che si cimenta con esiti non proprio lusinghieri nel tiro della lancia e nel caustico finale ambientato all’interno di una innaturale zona tropicale, creata dall’uomo in un sito nucleare francese, a poche miglia dall’area della cava, dove sono stati introdotti degli alligatori; Herzog nell’osservare alcuni coccodrilli albini si chiede se quei rettili siamo noi mentre guardiamo, negli abissi del tempo, i dipinti della grotta di Chauvet.
Presentato nel 2010 al Festival di Toronto e in concorso alla 61ma edizione del Festival di Berlino, è ancora inedito nelle nostre sale, se si escludono fugaci apparizioni in alcune città, e temiamo che lo rimarrà ancora a lungo.
Boris Schumacher
Scritto da Boris Schumacher il mag 14 2012. Registrato sotto TAXI DRIVERS CONSIGLIA. Puoi seguire la discussione attraverso RSS 2.0. Puoi lasciare un commento o seguire la discussione