10 dicembre 2013 Lascia un commento
In realta’ non ho mai pensato a questi film come documentari in senso stretto perche’ Herzog si sa, non resta al di fuori di cio’ che racconta e per quanto il suo giudizio si esprima attraverso accenti e sfumature, usando il linguaggio cinematografico per parlare e sottolineare, ottiene l’apparente effetto di cinema-verita’ – allocuzione orrenda che lui per primo respinge – quando invece si tratta di vera e propria cronaca, analisi e giudizio.
Eccetto questo pero’ e’ indubbio che la sua sensibilita’ ed esperienza siano impareggiabili e ogni suo intervento e’ magistrale e superlativo.
Produzione recente, 2010 per un’occasione davvero unica e non e’ un abuso del termine dal momento in cui egli e’ riuscito ad entrare con la telecamera nelle grotte Chauvet nel sud della Francia all’interno delle quali sono stati scoperti graffiti di oltre 30.000 anni fa, di fatto i piu’ antichi mai ritrovati.
Ogni sbalzo di temperatura puo’ essere letale per la loro conservazione, cosi’ Herzog si e’ avvalso di apparecchiature speciali per la ripresa e l’illuminazione. Presentato per la prima volta in 3D, fortunatamente il 2D non toglie nulla alla suggestione, semmai favorisce la visione e rafforza l’idea del regista che parte da un fatto straordinario per giungere comunque a considerazioni sull’uomo, sul suo passato, il senso della vita e dell’evoluzione, sino a tracciare una linea ideale verso il futuro.
Di tutti i documentari di Herzog questo e’ il piu’, come dire, documentario appunto.
Egli e’ presente con le domande agli scienziati, con le sue considerazioni e osservazioni e nel finale certo, una coda piu’ divertente che interrogativa ma molto piu’ che in passato, questa volta lascia parlare in prevalenza le immagini, in misura maggiore Herzog si defila perche’ basta la realta’ dei fatti e sono sufficienti gli sbalorditivi disegni murali e il luogo che li contiene per evocare forze talmente distanti da noi da far precipitare chiunque in un vortice di confusione ed emozione.
Herzog non puo’ sottrarsi all’incantesimo e in un movimento di luci evocatrici di antichi fuochi, tenebrose ombre, nel terrore e coraggio, mette tutta la sua arte per mostrare cio’ che c’e', niente di piu’, niente di meno.
Con Herzog ritroviamo il Kubrick piu’ megalitico nel gioco di forme e nella forza della vita, esaltazione del primitivismo pittorico e al contrario la negazione filosofica rousseauiana, cosi’ come impera il frastuono interiore di Cage i cui echi riverberano nella valle del tempo.
Poi mi si conceda, dipinti dentro caverne scoperte fortunosamente nel cuore della Francia, mammut e animali primitivi, estendono nel mondo reale la fantasia di Sokal e del suo "Syberia".
L’uomo nasce qui e non trovo narratore migliore di Herzog per raccontarlo.