Magazine Bellezza
Avevo detto che non ci sarei andata e invece martedì ero in via Silvestri, poi via Concordia, Via Cavour, via Primo Maggio, Viale della Libertà, Piazza Martiri, Piazza Matteotti, Via Verdi, Via Delfini per finire di fronte al palazzetto dello Sport....ho girato tutta Cavezzo, a piedi, Marc nel passeggino mentre gli raccontavo del Bar Mulino (disintegrato), del panificio dove mi facevano il pane con 7 cereali (distrutto) e che a dicembre il panettiere mi aspettava sulla porta quando mi ha vista arrivare con Marc in braccio.
Giuro, se fossi credente a quest'ora magari mi sarei fatta tutto il rosario un centinaio di volte pur di riavere il mio paese tutto intero.
La biblioteca è veramente inclinata e ho visto Alberto, il bibliotecaio, al parco.
Se io dovessi parlarvi di Cavezzo attraverso una persona ecco, vi parlerei di lui. E' praticamente la prima persona che ho conosciuto quando nel 1998 ci siamo trasferiti a Cavezzo. Allenatore della pallavolo dove gioca mia sorella e anche bibliotecaio, oltre che uomo tutto fare che vedi giocare a calcio nel torneo dei quartieri, padre di Andrea, mio coetaneo, marito di Alberta l'assistente sociale, eventualmente pure volontario della Croce Blu, preparatore di pizze, vigile urbano, pubbliche relazioni del paese. Se c'avete bisogno di qualcosa, chiedete a lui prima di tutto.
Ecco, l'Alberto mi ha vista preparare gli esami di maturità, 40 esami universitari, diventare mamma, partire e tornare e dopo casa mia la biblioteca era il primo posto dove andavo appena tornavo. Dopo casa mia era la biblioteca il luogo dove arrivavano le mie cartoline, tutte appese sulla bacheca che teneva alle sue spalle. Siccome io passavo davvero le giornate in biblioteca, a volte scendeva in Comune e mi chiedeva di rimanere in postazione per dare o ricevere libri.
E se Alberto per tutti è come stato un padre, uno zio, un amico, sempre con una buona parola di conforto per tutti quelli che andavano da lui a parlare.... cosa c'è da dire a lui che non trattiene le lacrime al pensiero che 25mila libri non potranno essere salvati prima che la biblioteca crolli? Ah, 25mila erano i libri già catalogati, alcuni veri gioielli che venivano richiesti anche dalle biblioteche di Mirandola e Finale, non contiamo quindi i 20mila libri tenuti in soffitta regalati dal parroco vecchio prima di morire.
Ecco, Alberto è Cavezzo e se lui crolla, Cavezzo perde un mito, io perdo un esempio.
Se Alberto se ne va da Cavezzo, noi cavezzesi saremo rovinati.
Non possiamo permettere che cedano persone come Alberto Malagoli (scrivo nome e cognome) perché con lui almeno un paio di generazioni cavezzesi sono nate e cresciute, diventate campionesse di basket e pallavolo (l'Acetum Basket Cavezzo femminile gioca in A2, la pallavolo maschile in serie B) , giornalisti e scrittori, biologi e matematici.
Con questo post io chiudo, non posso piú parlare del terremoto.
Devo ritrovare i miei punti fermi in Marc, in Raul, in questa casa dove siamo nati come famiglia.
Vi chiedo solo che a partir da ora che le telecamere se ne sono andate, di aiutare Alberto e quelli come lui.
Di aiutare il mio amico Simone che continua a lavorare nella sua pizzeria d'asporto Mangiafuoco che dà sulla piazza. Lavora per non uscire pazzo nelle tendopoli.
Di aiutare Matteo, cuoco del comune, che non sa se licenziarsi oppure resistere e rimanere. Casa sua oramai è un cumulo di polvere. Tazio, ah Tazio, uno che faceva bouldering (ossia arrampicata senza funi) sulla rocca di Finale. E i Malavasi, i Righetti, i Creola...tutti miei vicini che avevano piccole imprese artigianali di mobili. La Giada Sgarbi e i suoi genitori che avevano un negozio di parrucchieri, la Giadina era la mia parrucchiera quella che mi fece la crestina...
Se poi volete aiutare anche mia sorella che ha la maturità, anche se non sa nè dove nè quando....
Come? Come volete. Di conti correnti ce ne sono una infinità, di messaggini sicuro che ne avete mandati.
Ma a parte questo, un modo è mandare energia positiva.
Bisogna crederci per farlo.
Dicevo prima: penso a Marc, a Raul, ai miei genitori che sono vivi. Devo scacciare le immagini di dolore e distruzione, questa per me è energia positiva. Solo pensare che ci rivedremo tutti insieme, con pranzi e cene insieme, tempo insieme tra quattro pareti che saranno casa nostra. Se sarà la nostra casa di via Silvestri 60 oppure un'altra, in un altro luogo di Cavezzo o del mondo, so che presto avrò di nuovo una cucina dove cucinare per la mia mamma e una stanza dove dormire con i miei due amori, vicino a quella dei miei genitori e di mia sorella, un salotto dove riunirci e dove mettere le nuove foto di Marc. So che avrò di nuovo spazio per le bici in garage e con mia mamma andremo a prendere sedie e tazze blu per la cucina. Rimetteremo alle pareti i batik africani e i dipinti presi in Perù. Mia sorella riavrà la sua batteria con cui potrá distruggerci i timpani ancora a lungo. In camera mia mia sorella potrà rimettere su lo specchio e i poster dei gruppi metal che ascolta lei, potrà di nuovo chiudersi in camera con il suo moroso e poi cambiarsi per andare a ballare ed io la sentirò quando rientra alle 4 del mattino e poi le farò la predica e lei mi dice "Sei peggio della mamma, ma non puoi tornare in Spagna?" Faremo di nuovo il bagnetto a Marc nella vasca da bagno grande e poi a dormire con me e raul nel lettone nella mia stanza dove alle pareti ho le due corone di alloro, il poster dell'Inter, il peluche dell'Inter, il bidoncino dell'Inter sulla libreria. E far vedere a Raul le foto di scuola di quando avevo i capelli rosa. E magari in estate finalmente dopo due anni potrò tirare fuori dall'armadio la mia muta da sub e tutta l'attrezzatura che mi è costata 1000€ e la uso una volta all'anno, l'ultima volta in Croazia nel 2010 e ancora non me la sono portata in Spagna. E mio papà che ci guarda contento sprofondato nella sua poltrona preferita guardando il National Geographic o quel programma assurdo che fanno sul canale di viaggi "Orrori da Gustare".
Io non posso fare altro che pensare positivo, altrimenti muoio davvero. Mi sento che mi hanno tolto un pezzo di carne, di cuore, di cervello, il mio spirito adesso è spappolato come il mio paese.
E quindi io penso positivo per ricominciare.
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