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Cavit, solo una questione di vocali

Da Trentinowine
di Paola Attanasio

Sofisticazione – di Paola Attanasio

di Massarello – In attesa di vedere come andrà a finire con le imminenti amministrative, la politica – perché tutto è politica – ci riserva la notizia del bilancio Cavit, magna pars del sistema vitivinicolo trentino e non solo. La lettura dei tre quotidiani e le radio tv locali sentite, hanno riferito all’unisono dell’intonazione positiva. Bene, mi son detto, anche quest’anno il mio amico economista resterà scornato: da tempo predice che in Trentino – per modelli macroeconomici – ci sarà posto per un solo soggetto vinicolo e che questo, purtroppo, non sarà Cavit. L’azienda di Ravina, invece, continua ad andare a gonfie vele anche se il vento della crisi soffia contro. Hanno puntato sul valore, dicono, ed il risultato dà loro ragione. Il “valore”, appunto. Singolare maschile. I “valori” essendo tutt’altra cosa, diversa anche dai felpati programmi che i partiti di questi tempi propinano ai potenziali elettori: nessuno che si azzardi a mettere il dito nelle piaghe che pure ci sono ed anche purulente.
Con involontaria coerenza, nessuno ha rilevato che nei comunicati presi ad esempio, non sia mai stata usata la parola “Trentino” pur riferendosi ad un’azienda cooperativa che rappresenta la stragrande maggioranza di questo territorio e a cui confluisce dal 75 all’80% dei prodotti di 11 cantine sociali. Si dirà che quella non era la sede giusta per parlare di territorialità e che bastava il Pica, il sistema di rilevazione satellitare degli indici per ottimizzare la produzione fin’anche a livello particellare. Certo che sì, anche se le risorse pubbliche avrebbero dovuto mirare al monitoraggio totale del territorio, sempre lui, il dimenticato. Con coerenza ulteriore si è sottolineato che buona parte degli utili sarà destinato al rinnovo di una linea di imbottigliamento ed al potenziamento della linea frizzanti. Facile dedurre la direzione nella quale si sta andando. Coerenza anche riguardo agli spumanti, locali o “tedeschi” che siano. Tirano i marchi, ma non si parla del marchio (Trento) che resta in un ostinato oblio.
La situazione alla quale si giunge focalizzandosi solo sul “valore” è appunto questa. Pur scacciando dalla mente Creso e re Mida, mitiche allusioni sicuramente eccessive, il tarlo del ben più moderno modello macroeconomico dell’amico professore continua a rodermi dentro e il sospetto che per fermarlo si debba tornare alla territorialità rimane tutto.


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