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CCSVI nella sclerosi multipla: valutare i risultati

Creato il 10 ottobre 2012 da Yellowflate @yellowflate

CCSVI nella sclerosi multipla: valutare i risultatiNel prossimo numero di una rivista medica francese sarà pubblicato un interessante studio intitolato “CCSVI nella sclerosi multipla: valutare i risultati”.

Secondo il Dr. Franz Schelling*, l’insufficienza venosa cronica cerebro spinale (CCSVI) è l’evidenza di ostacoli al drenaggio venoso del cervello e del midollo spinale. La sclerosi multipla clinicamente diagnosticata o definita (SMCD) è l’evidenza neurologica di una “disseminazione nello spazio e nel tempo” delle lesioni del cervello e del midollo spinale in mancanza di una specifica caratterizzazione. Questa definizione di SMCD e la sua attribuzione di demielinizzazione infiammatoria (in qualche modo con conseguente degenerazione assonale) sono vaghe semplificazioni che complicano la valutazione del ruolo della CCSVI e di altre anomalie venose nello sviluppo di condizioni classificate come SMCD. Per concretizzare la questione, sono state riviste autopsie ed esami di risonanza magnetica fatti nei casi storicamente specifici della sclerosi multipla. Dimostrano l’esistenza di una SM venodinamica (SMVD), le cui lesioni possono essere spiegate solo dai forti impatti delle inversioni di flusso venoso (FVFIs). Per comprendere le dinamiche della SMVD è necessario determinare l’origine degli impatti venosi e come sono diretti e limitati ai domini della lesione. La comprensione di queste dinamiche di flusso venoso è fondamentale per valutare il significato della CCSVI, in generale, sembra indispensabile per garantire il successo delle angioplastiche ed è fondamentale per lo sviluppo di opzioni alternative razionali di trattamento nei casi di sclerosi multipla clinicamente definita in cui gli interventi per la CCSVI non ottengono i risultati desiderati.
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*il dr. Franz Schelling è il medico austriaco che negli anni ’80 ipotizzò il ruolo della patologia venosa nella sclerosi multipla senza ottenere ascolto o interesse dalla comunità neurologica, poco interessata a questo filone di ricerca. Il primo a rispondere al suo appello fu proprio il prof. Paolo Zamboni, chirurgo vascolare dell’Università di Ferrara. Il resto è storia dei nostri giorni.

 


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