Ravenna, ore 22.27. Manca un’ora e mezza alla fine del mio 28° compleanno e l’Italia ha appena subito il terzo gol. Il calco e la rabbia non mi faranno dormire, mi friggono le mani e devo scrivere.
Ci tengo subito a precisare che durante tutto questo Europeo non sono mai salito sul carro dei vincitori…entra mio padre, mi fa il segno ‘quattro’ con la mano. La rabbia aumenta. Calma. Dicevo: il carro dei vincitori. Mai salito. Non è mio costume, che ci crediate o meno. Dopo le partite contro Inghilterra e Germania, me ne sono stato zitto e buono. Mi sembrava troppo strano, dopo un girone giocato così così, che avessimo azzeccato due partite tanto toste, anche se l’Inghilterra sembrava l’esercito italiano in ritirata dalla campagna di Russia e la Germania convinta come un bullo di periferia.
Poi è di nuovo il turno della Spagna, dopo l’esordio di Danzica. La grande Spagna, quella che fino a due giorni fa aveva vinto un Europeo negli anni Sessanta e ora è la squadra più forte del mondo, se non del sistema solare. Europeo, Mondiale e ancora Europeo. La mitica Spagna, quella additata come esempio di sportività, che abbiamo ringraziato per non aver fatto il biscotto. Ma noi italiani siamo fatti così, combiniamo tante di quelle magagne che quando gli altri si comportano in maniera normale li aduliamo, dimenticando che nessuno va ringraziato quando fa il proprio lavoro. Chissà come se la sta ridendo sotto i baffi Vicente Del Bosque, pensando che noi li abbiamo ringraziati per poi doverci inchinare di fronte a loro, umiliati e derisi.
Umiliati da Prandelli, derisi dagli spagnoli. Il ct è sceso in campo con un pensiero: abbiamo già perso, vediamo di non fare figuracce almeno. Altrimenti non si spiegano le sue scelte tattiche, figlie di un calcio che sembrava progredito e invece è sinonimo di grande arretratezza. Il pallone tricolore si piega ancora a delle scelte che sanno di Trapattoni, di calcio stantio, di quelle scaramanzie che è giusto abbia un tifoso e non un allenatore che viene stipendiato per mettere in campo i migliori e nel modo migliore. Squadra che vince non si cambia, vero mister? E allora dentro ancora Abate (inguardabile), Montolivo (in due partite e mezzo precedenti aveva azzeccato un lancio per Balotelli. Stop), Chiellini sfibrato da un infortunio e da una partita intensa come quella con la Germania. Poi via, dentro pure Thiago Motta, praticamente un paracarro, che si fa pure male e ci lascia in 10. Caro Prandelli, nel calcio devi confrontarti con chi hai davanti. La Spagna fa il tiqui-taqa? Metti a centrocampo tre mastini che mordono e Pirlo che innesca il gioco, non Montolivo. Te lo devo dire io questo, che a calcio sembro un incrocio tra Pancev e Vampeta?
E allora, o lo hai fatto apposta o hai fatto come nella favole del Re Nudo: non vedevi quello che era sotto i tuoi occhi. Tutti a Kiev sapevano che sarebbe finita male. Tutti, tranne te. Lo sapevano persino gli spagnoli, che dopo 8 minuti dal calcio di inizio dagli spalti sottolineavano i passaggi dei loro con gli ‘Olèèèè’ che ci hanno fatto sentire piccoli così.
Quindi, caro Prandelli. Sarò anche poco lucido per colpa della batosta, ma penso che sia arrivata l’ora di andare. Domani sarai da Napolitano con tutta la squadra a ricever gli ‘onori’ del caso. Una volta finito tutto, vai in Figc e ti dimetti. Ascoltami, è meglio così. Sì, ci hai portato in finale, ma l’hai persa senza giocartela e hai perso credibilità, perché è fisiologico che sia così quando cadi così rovinosamente, consegnandoti al nemico. Fra due anni ci sono in Mondiali in Brasile e non possiamo permetterci di andare fin laggiù con un tecnico che non riesce a leggere una partita così. Contro la Spagna si può perdere, certo, ma non così. Ora provo a dormire un po’. Magari ripenserò al Mondiale del 2006 e quanto e bello vincere. E cercherò di non pensare che la finale più brutta della nostra storia è stata giocata quel giorno che ho compiuto 28 anni.
Alessandro Oliva
@aleoliva_84