Magazine Diario personale

Cecilie e Victoria

Da Aquilanonvedente

Sei una donna di 36 anni, di nome Cecilie.

Sei una manager di una multinazionale, hai un marito e un figlio di un anno.

Sei razionale, credente ma poco o niente praticante.

Sei ricca e abiti in un paese ricco, la Danimarca.

Una domenica apri il tuo solito giornale e vedi questa foto:

Cecilie e Victoria

Una stanza sporca e spoglia e una bambina idrocefala appoggiata su una sedia: ha diciotto mesi, è stata abbandonata dalla madre alla nascita con una malattia che da noi è curabile e invece in Nepal viene lasciata lì, ad aspettare la morte. Non ha un nome quella bambina, a volte la chiamano Ghane, testa grande.

Decidi che devi fare qualcosa: chiami il giornale, contatti il fotografo, ti documenti sulla malattia, sugli ospedali che possono curarla, sulle operazioni che possono guarirla, su come fartela affidare.

E poi parti, sola e anche un po’ impaurita. La raggiungi e le dai un nome che racchiude in sé tutte le speranze del mondo: Victoria.

Cecilie e Victoria

E vedi che dietro quegli occhi che malgrado tutto sorridono, dentro quella testa mostruosamente enorme che pochi hanno accarezzato, fra quelle braccia che nessuno le ha insegnato a usare, ci sta un essere umano al quale devi dare almeno una possibilità.

E allora la lasci nelle mani dei medici per una, due operazioni, finché non ti arriva quel messaggio: il suo cuore non ce l’ha fatta e Victoria se n’è andata, silenziosa e lieve come la sua breve vita su questa terra.

Cecilie e Victoria

Non ti rimane che tornare in quel posto a prendere le sue cose, con la consapevolezza che Victoria rimarrà per sempre nel tuo cuore.

Notizie qui, qui e qui.

Cecilie e Victoria

Avrei dovuto scrivere un post “ridanciano” stasera, ma mi sono ricordato di questa storia.

L’amore segue strane strade. A volte compie viaggi di migliaia di chilometri; altre volte si sposta soltanto di qualche metro. Raggiunge sempre l’obiettivo, qualsiasi siano le conseguenze.



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