L’Istituto Teatrale Europeo ha presentato il 23, 24 e 25 gennaio 2015, al teatro Abarico a S. Lorenzo “Checov più o meno”un atto unico tratto da: “ L’anniversario”, un’opera del 1891 di Anton Cecov
Un mondo russo, simile e diverso da tutti i mondi possibili. Uno di quei mondi dove la burocrazia è la chiave del quotidiano, dove le vicende di vita personale sono sempre agganciate ai luoghi di lavoro, ai ruoli sociali, alle cariche rivestite dai protagonisti. L’uomo non è ciò che è ma ciò che rappresenta, la sua vita non vale di per sé, ma per l’immagine riflessa del suo ruolo. Come in un gioco di specchi ognuno vede se stesso e cerca di riconfigurarsi come l’immagine che vede: il presidente di una società di mutuo credito, l’impiegato solerte, la moglie nevrotica, l’anziana ingorda e petulante. Tutti rappresentano figure oltre il reale.
Tutta la commedia punta dunque sui metaruoli e su quello che ciascuno decide di evidenziare. In scena dovrebbero esserci due uomini e due donne, ma in questo caso la commedia è tutta al femminile, interpretata da una serie d’impareggiabili ragazze che danno corpo, in senso metaforico e letterale, a volti nascosti, a psicologie estremizzate e tirate come maschere di gomma. Ed è proprio l’uso di maschere di stile veneziano che avvicina questa messa in scena alle interpretazioni della commedia dell’arte ma che, ci spiega il regista, rappresenta in realtà animali che, nelle loro peculiari caratteristiche, somigliano incredibilmente ai personaggi raccontati. Nelle commedie di Anton Cecov non manca quello stile inconfondibile della narrazione russa. Uno dopo l’altro i personaggi enumerano, e ci fanno vivere nell’itinere della rappresentazione, una serie di nevrosi che sono per noi incredibilmente attuali. Presidenti e impiegati, accumunati dalla stessa sindrome derivata dal grande o piccolo potere, alle prese con i momenti clou della vita di ogni ufficio del mondo. I drammi e le angosce derivate dalle piccole vicende quotidiane. Non può mancare il reiterare dei lunghi, e per noi impronunciabili, nomi dei personaggi che, proprio nella loro aniconica ripetizione, prendono sempre più corpo e identità.
Ma sono soprattutto le donne la chiave di questa piece. Due personaggi femminili che identificano due tipologie ben precise di donne e che si configurano come estremamente emblematiche. Molto credibile il presidente Sipuein alle prese con una moglie/bambina, qui interpretata con magistrale ironia e il solerte impiegato Chirin che fronteggia una petulante questuante; ambedue si destreggiano nelle pieghe del complesso mondo femminile. Bellissimo il ruolo della questuante, anch’esso perfettamente curato dall’attrice. Si tratta dell’anziana moglie di un invisibile personaggio che, con tutti i difetti della persona invadente e presuntuosa e con finta modestia e umiltà, non smette mai di chiedere favori e facilitazioni. Sembra proprio di trovarci di fronte a uno dei personaggi degli scandali di Parentopoli dei nostri giorni. Un atto unico corto ma intenso, di solito poco rappresentato, ma che, in questa versione curata da Umberto Bianchi e nato da un’idea di Antonella Bruno, mette in mostra tutte le caratteristiche tipiche del linguaggio dell’autore. Le attrici, Arianna Arista, Deborah Perrotta,ValentinaTramontana, Maria Carmela Zaccagnino, evidenziano con accurati chiaroscuri di voci e tono ogni aspetto dell’interpretazione, non mancano mai un tempo tecnico e sono sempre e perfettamente nei personaggi. Uno spettacolo che, senza stravolgere il testo originario, si rivela moderno, interessante e attuale.
Alessandra Cesselon