Herbert Marcuse, L'uomo a una dimensione, Parte prima, Capitolo tre, Einaudi, Torino 1967 (traduzione di Luciano Gallino e Tilde Giani Gallino).
Stasera cercavo qualcosa per capire la mia condizione esistenziale e ho trovato il brano sopra di Marcuse che mi è entrato come una sublimazione non dico dove.
Io sono un sublimatore straordinario, lo sento. Sono nato per questo. Sublimavo quando poppavo, così come sublimavo quando ho scoperto che, toccandomi, mi provocavo piacere. Forse l'ho già detta questa cosa, ma io ho un ricordo abbastanza precoce della mia masturbazione. Anche a scuola, alle elementari, quando c'era un compito che non andava, mi ricordo come stringevo le gambe e frizionavo il pennino senza uno scopo immaginativo preciso se non quello di arrivare al dunque e rilassarmi e risolvere i problemi sulla compravendita, o sul peso lordo peso netto tara.Stringo, ché non posso sintetizzare un'autobiografia in un post. Stringo (non le gambe, ora no, credetemi) per dire solo che bloggare è per me pura sublimazione, proprio perché qui compio un ordinario atto di mediazione «tra il conscio e l'inconscio, tra processi primari e processi secondari, tra l'intelletto e l'istinto, tra la rinuncia e la ribellione». E come il mio io bambino si rilassava dopo quei piccoli orgasmini senza costrutto, così io ora mi rilasso e tengo a bada la tigre assenza nella gabbia della mia sublimazione. Il maestro (l'autorità, il potere) non si accorge di niente, o fa finta; l'importante è che io non rompa troppo le palle e faccia il mio dovere di bravo cittadino.Come oggi, per esempio: sono stato alle parlamentarie del PD e con due euro ho votato due donne. Sono stato bravo, vero?