Mail di domenica 5 giugno 2011; ore: 12.52
da: foscasensi@yahoo.it
a: florestano@gmail.com
Re: CORO
TUTTI I CORISTI
dovevano essere vestiti allo stesso modo perciò ho cercato qualcosa di nero che non fosse troppo scollato o troppo corto. Nella chiesa qualcuno aveva steso tappeti di canniccio e si poteva camminare scalzi, molta gente sedeva per terra e c'era musica diffusa da uno stereo: aspettavano che cominciassimo.
Ma prima di continuare devo raccontarti cos'è accaduto il giorno precedente. C'era un sole estivo e polvere di polline. Mi sono fermata al semaforo che dallo stadio porta all'oratorio di Santa Gemma, una vecchia chiedeva l'elemosina e io ho accelerato in modo che la macchina la oltrepassasse. Nonostante il caldo aveva la testa avvolta in un telo e pantaloni arricciati al ginocchio; dallo specchietto l'ho vista proseguire col suo barattolo verso il resto della fila al semaforo.
La notte è stata piena di sogni marci. Nel sogno sedevo sul letto e al centro del pavimento luccicava uno di quei globi di vetro che di solito si usano come soprammobili. Dentro, in una pioggia di piccola neve argentata stava la mia casa e dal margine del vetro una figura minuscola si dirigeva verso la porta. Oh, io ero cosciente che fosse un sogno ma per quanti sforzi facessi non riuscivo a scuotermi. Quasi per sfida mi affacciai alla finestra: qualcuno stava veramente passeggiando sul selciato, qualcuno vestito di scuro. La figura nel globo aveva già quasi guadagnato l'entrata. In fondo alle scale arrivava il rumore di una serratura. Svegliati Fosca! Svegliati!
E quasi ce la faccio. Le palpebre si scollano, la luce diventa viva, c'è silenzio. Ma è un attimo e ritorno subito nell'incoscienza: i contorni, i medesimi, diventano ondeggianti, il pavimento si offusca, le pareti assottigliano. E bussano alla porta.
La mia stanza è un quadrato dai muri massicci e l'unica finestra, a fianco della quale sta il letto, è esposta a sud. Sul lato opposto c'è la porta; per il resto, qualche libro, il computer, un cassettone di vestiti e una teiera sempre piena.
Dunque bussano, vedo la porta aprirsi e apparire una donna. Ha sopracciglia senza pelo e parla per prima. “Buonasera”, dice. “Chi è lei?”, ribatto. “Sono la nuova cameriera”.
Mentre parliamo ho lasciato il letto e sto attraversando la stanza verso la porta, nuda. La donna ha i miei abiti ripiegati sul braccio e i fianchi fasciati da un grembiule che le copre anche il busto come un vestito. Due volant rattristano ancora di più quel suo petto di domestica, lo scollo e l'attaccatura delle braccia. Oh, io conosco tutto di lei! Il lucido del suo cranio sotto i capelli arricciati, il porro nell'incavo dell'orecchia, i cinque peli sbocciati da un neo rosa sotto il mento, e quelle sue dimensioni ai limiti del comprensibile come sono le cose in sogno. Un bianco grembo michelangiolesco è la sua carne bianca e bionda, e il telo rosso che l'avvolge nel capo, o forse era il seno? “Sono la nuova domestica”, risponde, e quella massa di donna dagli abiti ripiegati sul braccio è una stanza e una pioggia, Florestàn, è e può essere tutto, può contenere tutto, è il Male che è venuto ancora una volta a vestire mio corpo nudo.
Come dicevo tutti i coristi dovevano essere vestiti al medesimo modo, perciò la sera stessa dopo quel folle sogno ho cercato qualcosa di nero che non fosse troppo scollato o troppo corto. Ho grattugiato un sapone alla mirra, ho preparato un bagno e massaggiato il corpo col guanto di crine. Quando ho pensato di essere pulita ho passato l'olio affinché la pelle diventasse morbida e quando è stata morbida mi sono vestita con una gonna e una camicia di raso e sono uscita di casa.
Nella chiesa il direttore ci ha raccolti in una navata laterale e al contrario del nostro desiderio non ci ha permesso di salire nella cantoria; intanto qualcuno aveva steso tappeti, molti sedevano per terra e in quella posa aspettavano che cominciassimo. Mi sono tolta le scarpe e ho meditato con gli altri: la luce bianca e l'aria, e il fatto che ogni cosa possa essere uno spazio vuoto, che tu ed io possiamo essere un infinito abito del vuoto sotto una volta affrescata. Poi abbiamo cominciato a cantare e di fronte, dietro, appoggiate al mio corpo c'erano infinite persone e ognuna cantava. Ho cominciato a cantare e di fronte, dietro, addosso al mio corpo c'era la vecchia con un telo sul capo e le grosse ginocchia arricciate sotto i pantaloni che chiedeva. Essa cantava e chiedeva dal fondo del suo barattolo di mendicante. Perché in fondo, nell'infinità dei campi nei quali possono questuare, tutti gli uomini sono così, la vitale espressione di un'istanza.
Ma io sono asciutta, asciuttissima. La mia pelle è come il segno di un carbone e il Male è l'abito del mio corpo nudo. La mia pelle è un cuoio lisciato d'olio.
Florio mi chiama, devo scappare!