Magazine Diario personale
A lui questo non importava minimamente.
Aveva ormai adottato una tecnica che gli permetteva di passare inosservato agli occhi delle persone. Camminava dritto tra la folla, senza incrociare lo sguardo di nessuno, lanciava un rapido saluto al barista e si infilava come un furetto nell'angolo più oscuro dell'intero locale.
Nei week-end il bar si riempiva all'inverosimile. Persone dall'hinterland arrivavano a popolare il nuovo bancone in legno lucente sul quale venivano servite bionde alla spina; e non mancavano di certo i cittadini puri, quelli che riconosci da lontano grazie al taglio di capelli, al particolare modello di felpa e soprattutto a quell'inconfondibile e comica risata.
Durante settimana la situazione era nettamente diversa: le stesse persone occupavano i soliti tavoli. Disposti quasi come una scacchiera tutti parlavano con i compagni di bevuta, ma nel mentre studiavano i comportamenti, gli sguardi e i movimenti di chi sedeva nel tavolo sulla propria diagonale, come se fossero pedoni pronti a mangiare il pezzo avversario.
Lui aveva imparato a conoscere a memoria quegli sguardi, quelle occhiate, quelle posizioni. E anche lui infine, in quelle due settimane di assidue frequentazioni, entrò a far parte della scacchiera umana.
Luigi, l'alto e di nero vestito barista, una volta che lo vide seduto si avvicinò e con un sorriso disse «Una zero.quaranta rossa, giusto?», per rispondere, come ogni volta, bastò un sorriso e un impercettibile movimento del capo.
Durante l'attesa dell'ambrato nettare i suoi occhi rotearono a cercare nuove presenze nel locale, ma come ogni volta rimase profondamente deluso: notò la ragazza immagine, quella che tutti almeno una volta hanno sognato di tenere tra le braccia, con le sue forme appena accennate e concesse solo al vecchio bavoso che le ha promesso fama e notorietà; riconobbe quella che un tempo era una bassa e grassa ragazza fattasi ormai donna, accerchiata da una serie di desiderosi signori; ma soprattutto vide lei.
Stava sempre al solito posto, di fronte a lui. Sempre sola, era una ragazza snobbata da tutti quanti. Non cercava e non voleva attenzione, stava in disparte, con la birra tra le mani, seduta che fissava il vuoto. Non era magra e slanciata come la ragazza immagine, anzi, aveva l'aria di una paffuta ragazza dalle forme accentuate ma morbide, soavi e gentili, floreali e aggraziate; aveva i capelli e gli occhi neri, così come il vestito, che lasciava intravvedere le sue forme e scatenava i sogni di lui, che con occhio languido la ammirava e la bramava, e poco si curava che gli altri lo potessero notare.
Quando Luigi arrivò con la birra fu distolto per un momento da quella celestiale visione.
Lanciò cinque euro sul tavolo e guardò il bicchiere. Poi nuovamente guardò lei. Controllò attorno a sé le altre pedine della scacchiera; tutti avevano altri obiettivi, lui era stato lasciato da solo. Poteva contrarsi sulla sua Regina.
Sollevò il bicchiere verso di lei in segno di rispetto e saluto, ed ecco che la birra va giù: scende veloce, scorre per l'esofago e va a cadere fredda e gelata dentro lo stomaco.
Lui improvvisamente si sente meglio, sorride. E sa che, nonostante lei sia solamente una grande foto plastifica su un muro, nessuno gliela porterà via.
Ed ecco che la birra nuovamente va giù.
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