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Prima di tutto c'è da dire come in questo caso operino meccanismi di mercato che ben poco hanno a che vedere con valutazioni etiche o di opportunità: se Celentano piace alla gente è giusto che il cosiddetto servizio pubblico ne prenda atto e gli dia il compenso che merita. Allo stesso tempo Celentano non ha alcun motivo di doversi scusare (ripromettendosi dubbie donazioni ad enti caritatevoli) o purgarsi della "colpa" di essere profumatamente pagato per fare ciò che sa fare meglio di altri. Non c'è da chiedere scusa né per il merito, né per la professionalità, né per la popolarità acquisita in tanti anni di carriera. Inoltre la beneficenza, per essere davvero a favore degli altri e non di se stessi, dovrebbe essere fatta in rigoroso silenzio: altrimenti si trasforma in un ennesimo spot "pro domo propria".
Ma si sa bene come in Italia parlare di denaro equivalga sempre a compiere un mezzo passo falso. Celentano, dal canto proprio, è ben consapevole dell'importanza dell'umore popolare e fa di tutto per non urtarlo. In tal senso possono spiegarsi le sue innumerevoli giravolte in campo ideologico, politico, religioso. Sotto l'aspetto economico è stato abile a disinnescare l'interesse morboso sul suo compenso con la trovata della devoluzione in "beneficenza".
Ma è un aspetto del suo lungo monologo di martedì (quasi 1 ora) a meritare attenzione: l'attacco ai giornali cattolici e alla Chiesa. Anche qui ha dimostrato di ricercare il facile consenso, o almeno il consenso facile delle minoranze rumorose. I cosiddetti "laicisti", un tempo definiti semplicemente anticlericali, lo hanno applaudito così come buona parte degli "amorfi" (i tanti che vedono da che parte spira il vento per schierarsi). I cattolici veri o quelli che tendono a storcere il naso di fronte a certe estremizzazioni tacciono, compiendo atto di autocensura preventiva.
La dichiarazione di Celentano sulla necessità di "chiudere definitivamente Famiglia Cristiana ed Avvenire" è sbagliata sotto tutti i punti di vista. Si tratta di una grande castroneria nella quale però si percepisce il "genio" di chi sa beneficiare anche delle sciocchezze che dice.
I giornali non si chiudono. Non si tifa, né si dovrebbero compiere atti, per chiudere la bocca a chi non la pensa come te. Ovviamente qui è uscito fuori il vecchio Celentano, quello reazionario, profondamente "populista", che si salda con quella parte di opinione pubblica che pur dichiarandosi "democratica" chiuderebbe volentieri la bocca ai propri avversari o semplicemente a chi dissente. Peccato non basti farsi paladini dei diritti degli animali, degli omosessuali o essere contro la fame nel mondo o professarsi a favore della moratoria contro le mine antiuomo per essere dei democratici. Tanto è vero che spesso tra costoro si nascondono dei veri e propri talebani incapaci anche solo di discutere lealmente.
Si parla della libertà di Celentano a dire ciò che gli pare: concetto sacrosanto, sancito da un contratto. A tale proposito appaiono ridicole le manfrine per condizionarlo. Ma lo stesso Celentano non può invocare la libertà per se stesso salvo poi sponsorizzare la chiusura delle bocche altrui.
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