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Baku (Azerbaijan) - [continua da qui]. Il consorzio che gestisce il giacimento di Shah Deniz, formato dalla British Petroleum (capocordata), dalla norvegese Statoil, dalla compagnia di Stato azera Socar, dalla russa Lukoil e dalla turca Tpao, ha nelle ultime settimane iniziato a valutare le due offerte rimaste sul tavolo relative alla nuova fase estrattiva Shah Deniz II, operativa dal 2017 per un costo di 20 miliardi di dollari.
Da un lato il Nabucco West, versione in piccolo dell'omonimo – e faraonico – progetto euro-statunitense che ha subito un forte ridimensionamento in lunghezza, capacità e (presumibilmente) costi con l'uscita della società tedesca Rwe. Il gasdotto, passato dai 4.000 chilometri iniziali agli attuali 1.300, vede coinvolte nel tracciato Bulgaria, Romania, Ungheria ed Austria, dalla quale arriva la società – la Omv – che ha preso il posto del colosso energetico tedesco consorziandosi con la Bulgaria Energy Holding attraverso la controllata Bulgargaz, la turca Botaş Petroleum, l'ungherese Magyar Olaj (o Mol Group) e la compagnia di stato romena Transgaz.
Con Istanbul, inoltre, il governo dell'Azerbaijan ha firmato lo scorso anno l'accordo per il Tanap, il Trans-Anatolian Pipeline – di cui il Nabucco West diventa la continuazione europea - chiusura dei lavori prevista tra tre anni per 7 miliardi di euro che fornirà alla Turchia 6 dei 16 miliardi di metri cubi annui che da Shah Deniz arrivano in Europa. Oltre ad Austria, Ungheria, Romania, Turchia e Bulgaria, che ad ottobre hanno messo la firma sull'accordo intergovernativo da 30 miliardi di metri cubi di gas annui, il gasdotto ha avuto anche il placet politico dei governi di Polonia, Repubblica Ceca e Slovacchia, che proprio nella politica energetica di Bruxelles hanno individuato una priorità strategica nazionale.
Approfondimento #2: Nabucco: sicurezza energetica e risvolti geopolitici
Sull'altro piatto della geopolitica energetica azera c'è il Tap (Trans-Adriatic Pipeline), il cui tracciato interessa Grecia, Albania e Italia (approdo previsto nel leccese; qui lo Studio di Impatto Ambientale e Sociale (ESIA) he hanno firmato anche un accordo intergovernativo da 21 miliardi di metri cubi annui. Il progetto coinvolge il gruppo svizzero Axpo (attraverso la Egl) dalla norvegese Statoil e dal gruppo tedesco E.on Ruhrgas.
Ad eccezione della Norvegia, le società fanno riferimento a paesi non certo ostili a Mosca, cosa che – in un progetto nato proprio per contrastare il dominio del Cremlino – potrebbe non essere molto sensato.
Pur con un forte “legame” nel Nabucco, Parlamento Europeo e Consiglio dell'Unione hanno definito il TAP un “progetto di interesse comune” nell'ambito delle linee guida della rete transeuropea di energia (TEN-E) volta a diversificare la rete di fornitura energetica europea.
Approfondimento #3: Corridoio Sud: il progetto TAP
Oltre al Corridoio Sud, nell'ambito della strategia “Europa 2020” l'Unione ha definito prioritari altri tre corridoi: il corridoio “SNI West Gas” per il trasporto del gas tra nord e sud che coinvolge il quadrante dell'Europa occidentale; il corridoio “NSI Est Gas” per l'area centro-sud orientale ed il “BEMIP Gas”, riguardante il mercato del gas dell'area baltica.
Chi però non sembra apprezzare molto questo progetto è la popolazione pugliese del comitato No Tap, che in un esposto consegnato al procuratore Cataldo Motta a luglio dello scorso anno accusa il consorzio di aver fatto disinformazione attraverso la diffusione di notizie eccessivamente rassicuranti che però non corrisponderebbero alla realtà, inducendo così in errore la popolazione. Oltre a questo, l'esposto chiedeva di verificare l'impatto del tracciato del gasdotto su pesca, ambiente e territorio, che presenta siti archeologici e di interesse ambientale ed aree ad alta concentrazione turistica. Anche per questo nelle scorse settimane i cittadini si sono rivolte al nuovo ministro della Cultura e del Turismo, il leccese Massimo Bray.
La Russia non sta a guardare. Il “terzo incomodo” è il progetto russo di South Stream, 63 miliardi di metri cubi annui su cui hanno messo le mani Gazprom, l'Eni – anche grazie ai rapporti personali tra Vladimir Putin e Silvio Berlusconi - la tedesca Wintershall, la francese Edf, la greca Depa e gli enti energetici nazionali di Montenegro, Slovenia – che ha confermato l'impegno nonostante il cambio di governo di febbraio - Serbia e Macedonia. Intorno al gasdotto russo - che permette alla Russia di aggirare paesi “non allineati” alla sua idea geopolitica come Romania, Polonia, Moldova e Ucraina - si stanno inoltre posizionando paesi come la Germania – stretti sono i legami economici tra Berlino e Mosca - la Finlandia, l'Olanda e la Gran Bretagna, le cui sinergie economiche vanno ormai ben oltre l'ospitalità degli oligarchi russi - tra cui il “suicidato” Boris Berezovsky - e forniscono una interessante chiave di lettura alternativa in merito al dibattito relativo al ruolo britannico nell'Unione, anche alla luce del progetto di ampliare a Londra il Nord Stream, che con i suoi 55 miliardi di metri cubi annui rifornisce Berlino attraverso il fondale del mar Baltico.
Attraverso l'ampliamento del gasdotto Yamal-Europa, infine, la Russia ha la possibilità di bloccare sia il Corridoio Sud che il gasdotto Trans Baltico, che collega il rigassificatore polacco di Swinoujscie a quello croato di Krk.
Se ciò dovesse andare in porto, se dunque Mosca riuscisse realmente a bloccare il Corridoio Sud, a pagarne le spese sarebbe anche l'Italia, secondo importatore netto di gas in Europa, in quanto questo progetto ha un doppio ruolo altamente strategico nella nostra politica nazionale ed internazionale: da un lato permetterebbe di limitare la richiesta di gas dall'Algeria e dalla Russia – che attualmente coprono insieme più della metà della nostra richiesta complessiva – permettendo al nostro paese, dato il tratto pugliese del gasdotto, di diventare un vero e proprio hub per la fornitura di gas al resto dell'Europa centro-occidentale.
Il ruolo dei gasdotti, dunque, non ha una rilevanza strategica solo in termini di minor dipendenza dalle forniture di un unico paese e dunque dai suoi umori politici, ma permette, attraverso il doppio canale del Partenariato Orientale e del coinvolgimento politico ed economico dei paesi dell'Europa orientale nei gasdotti, di frenare il tentativo di ristabilire l'egemonia di Mosca sull'area, in bilico tra una identità sovietica non completamente cancellata ed una europea che stenta davvero ad attecchire. Il fattore energetico è, per Mosca, uno dei pilastri di questa strategia, basti considerare il ruolo avuto in questi anni dal “sistema-Gazprom”, che rimane – nonostante la flessione dovuta alla concorrenza ed il procedimento di infrazione aperto lo scorso anno dalla Commissione Europea per violazione delle norme sulla concorrenza in otto paesi dell'Europa dell'Est – il punto più importante della politica estera di Putin.
L'agenda europea. La decisione del governo azero dovrebbe arrivare a giugno. Dal momento seguente i giochi geopolitici nel quadrante orientale del continente euro-asiatico prenderanno una direzione ben precisa.
Proprio le questioni energetiche saranno al centro del vertice del Consiglio europeo che si terrà il 22 giugno a Bruxelles. Ad ottobre, invece, l'Azerbaijan sarà chiamato alle urne per le elezioni presidenziali che, come ha evidenziato Štefan Füle, Commissario per l'allargamento e la politica europea di vicinato durante il suo viaggio a Baku agli inizi di maggio, saranno osservate con attenzione dall'Unione Europea. Se la preoccupazione maggiore sia riservata al voto – dove sembra essere scontata l'assegnazione del terzo mandato al presidente Aliyev - per la scarsa democrazia o per le decisioni che ne verranno riguardo ai gasdotti potrebbe non essere poi così difficile da capire.
Il mese successivo – 28-29 novembre – sarà poi la volta del vertice del Partenariato Orientale che si terrà a Vilnius, in Lituania, durante il suo semestre di presidenza. In questa sede è già stata annunciata la firma degli Accordi di associazione con la Georgia – che ricopre un ruolo importante nel passaggio del gas azero in Turchia attraverso il Gasdotto del Caucaso Sud Est - e della Moldavia che, dopo la fuoriuscita del Partito Liberal-Democratico del premier europeista Vlad Filat dalla coalizione di Governo, rischia di incrinare seriamente i rapporti con Bruxelles.
[2 - Continua]
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