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Celtiche tra presente e futuro: il Melegari pensiero

Creato il 25 aprile 2011 da Rightrugby

Celtiche tra presente e futuro: il Melegari pensieroSala stampa dello stadio Zaffanella dopo la partita con il Leinster. Coach Rowland Phillips ha tirato le somme sui suoi Aironi, lodando l’impegno nel secondo tempo che ha bloccato il meccanismo di gioco avversario. È il momento del presidente della franchigia mantovana, Silvano Melegari (nella foto), che si dice “molto sorpreso” dal calo fisico degli irlandesi e che sicuro non si può essere felici per una sconfitta, ma il risultato finale (8-20) dice che i padroni di casa si sono ben comportati “contro una squadra superiore a noi”. Ma il vero tema dello scambio di battute con i giornalisti verte, inevitabilmente, sulle ultime polemiche per il numero di stranieri in campo. D’altronde, in tribuna c’era anche il presidente della Fir, Giancarlo Dondi, che qualche ora prima, in quel di Parma – suo quartier generale – aveva sancito la fine dell’era Nick Mallet sulla panchina della nazionale.
Ci deve essere una mediazione, in particolare sulla famose concomitanze con il Six Nations piuttosto che con la Coppa del Mondo. Ricordo che son ben sei le partita (di campionato, ndr) che si accavallano con i Mondiali. Quindi è un problema molto grosso per una ragione semplice: noi stiamo facendo un progetto molto interessante sullo sviluppo dei giovani, che devono essere costruiti. Ci vuole del tempo e a mio avviso ci vuole ancora tutta la stagione 2011/12”, afferma Melegari riferendosi ai possibili sostituti di quelli che saranno convocati con l’Italia per gli impegno internazionali, ricordando poi come la dirigenza della franchigia abbia fatto pressione perché il numero di stranieri da schierare fosse almeno di cinque atleti, perché si sa che la federazione voleva fissare la quota a tre”. 


Ora ci vuole una mediazione sui ruoli perché a mio avviso non ci sono top player italiani che possano essere utilizzati, quindi bisogna ricorrere ancora una volta agli stranieri. In particolare la regola più bruciante è quel 9/10/15 e questo, devo dire la verità, è la peggiore, sulla quale tenteremo ancora di mediare con la Fir o di avere una deroga”.
C’è quindi del margine di trattativa? “Da quello che io so, no. Però io sono caparbio”.
E ancora: qual è a questo punto il rapporto tra le due celtiche italiane e la Fir? “Su questo punto c’è molta confusione”, sintetizza Melegari. “La scelta delle due franchigie è stata fatta in un momento importante per il rugby italiano, ma in un momento difficile probabilmente per la nazionale. Nel senso che l’obiettivo della federazione era quello di fare rientrare il maggior numero possibile di giocatori dall’estero: purtroppo sono rientrati e stanno rientrando giocatori a fine carriera. Alludo a Perugini e Ongaro, per fare due esempi classici. L’obiettivo è quello di arrivare a fare crescere i giovani e su questo credo che stiamo propedeutici: abbiamo giocatore che arrivano dalle accademie, come Furno. Un giocatore in forte crescita che non è ancora stato chiamato in azzurro: oggi ho avuto con piacere di avere dietro di me Dondi in tribuna che ha detto che finalmente è uno da nazionale”.


Il punto chiave, per Melegari, passa dunque dalla crescita dei giovani nelle loro società, ma nel frattempo bisogna fare i conti anche “con giocatori che sono tornati dall’estero, a fine carriera e che non sono sempre lucidi: è inutile fare finta, lo sanno, io gliel’ho detto. Usano la loro esperienza, ma non sempre, in modo altalenante E tutto questo crea confusione”.
L’obiettivo finale, a questo punto – e Melegari non fa che tornare su un argomento già espresso in altre occasioni – è che “noi Aironi e Treviso assieme dobbiamo creare una squadra forte per la Coppa del Mondo del 2015. Il vero problema attuale, credetemi, è generazionale. Finché non svecchiamo e finché non abbiamo il tempo di far crescere i giovani, c’è difficoltà e ci vuole del tempo”. Anche perché bisogna fare i conti con atleti che arrivano in ambienti professionistici come quello di Viadana da una realtà dove “non erano stati adeguatamente preparati dai club di provenienza: non c’era preparazione professionistica per il post trauma, piuttosto che per l’alimentazione o la preparazione fisica”: da qui la serie di infortuni che ha colpito i più giovani come Giulio Rubini e Riccardo Bocchino.
Per assestare tutto questo ci vuole tempo, “credo non prima dei due anni”. “Ecco perché – conclude Melegari - parlo dei Mondiali del 2015”.


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