Oggi vi voglio parlare di quando siamo andati a cena all’Osteria del topolino…
Io e Pietro siamo in giro a zonzo, è la fine di settembre, l’estate ha appena chiuso i battenti, il sole torrido ed impossibile dell’Asia è ormai un pallido ricordo, e qui, sul confine tra la Liguria e la Toscana, in questo lembo di costa paradisiaca, un giorno scopriamo per caso una bella trattoria.
Sta arroccata dentro un bellissimo borgo antico, dominando la valle sottostante; da qui si vedono i monti del vicino Appennino tosco-emiliano e vista la stagione mi sembra di sentirne i suoi profumi, odore di funghi, odore di muschio, odore di erba bagnata dalla rugiada.
Per la cena è ancora presto e dunque si gira in lungo ed in largo alla ricerca di un rustico che Pietro avrebbe adocchiato su internet; non che si voglia fare affari, gli affari ormai li fanno solo i ricchi, solo chi ne ha tanti di soldi, insomma, dove praticamente piove sempre sul bagnato…noi abbiamo solo tempo da perdere, tempo da fare girare, almeno di quello ne abbiamo a volontà…
Qui siamo nel centro del mondo; cosa mai potrebbe mancare a questa gente che vive tutti i giorni a contatto con la natura? Noi del nord siamo condannati a vita ad alzarci ogni mattina per andare a lavorare un lavoro ingrato in una città ingrata tra gente incazzata che ogni istante maledice d’essere nata qui, ma loro, del centro Italia o quelli del sud, cos’avranno mai da lamentarsi?
Già, è vero, dimenticavo la crisi, dimenticavo questo governo di merda, dimenticavo che ognuno ha i suoi c… da fare girare comunque, dimenticavo tutto questo, ma io so soltanto che se avessi potuto scegliere dove nascere, avrei scelto di nascere qui, dove è sempre primavera anche quando è inverno, dove basta aprire gli occhi ogni mattina per rivedere i colori dei boschi, delle colline, dei campi, dei fiori, per risentire i versi degli animali nei cortili dei borghi, dove la gente davvero può pensare che non c’è nulla che conti quanto saper stare in armonia con il resto del creato…
La vita privata qui è salva, è protetta, ha una marcia in più; chi ci vive male è perchè non si rende conto della propria fortuna, e così magari sognando lo smog e lo stress della vita urbana vorrebbe fare cambio con qualche poveraccio condannato all’inquinamento…ma solo perchè è una legge di natura, si cerca sempre quello che non si ha e si crede sempre, sbagliando, che l’erba del vicino sia sempre più verde. Solo qui davvero l’erba del vicino è sempre più verde; ma vi rendete conto del valore aggiunto di un paese che scandisce i suoi tempi, le sue ore, i suoi minuti, a misura d’uomo?
No, io non ho davvero dubbi, meglio giusti che corrotti, meglio sconosciuti ma felici, meglio intelligenti che stupidi, e se poi arriva anche qualche soldo in più non è che ci sputiamo sopra, va bene, tanto di guadagnato.
Girando girando arriva l’ora di cena e ci presentiamo all’oste; già ci conosce, avevamo potuto incontrarlo in un’altra delle nostre precedenti escursioni, e subito l’atmosfera diventa simpatica; lui ha fatto il servizio nella marina, ci racconta che poteva rimanerci dentro e che se ci fosse rimasto oggi avrebbe potuto già essere in pensione. Ci racconta che a Lerici, dove lui vive, come praticamente in tutta la zona delle Cinque terre, quasi tutti lavorano nella marina, perché quello è da sempre il loro mondo.
Ha circa cinquant’anni, poco più, e sapendo che siamo dei biker ci chiede del nostro ultimo viaggio; Pietro diventa una voce inarrestabile, racconta, racconta, racconta, e lui lo ascolta incuriosito, si legge nei suoi occhi l’entusiasmo di potere fare simili viaggi dove non ci sono confini, dove non ci sono paesi troppo lontani, troppo inavvicinabili, dove non ci sono cose già viste e risapute ma tutto da scoprire e da conoscere…
Pietro è talmente preso dall’entusiasmo del racconto che intervengo per interromperlo, immagino che ci sia il cuoco di là in cucina che abbia bisogno di qualcosa, dell’aiuto del marito, per esempio, visto che il cuoco è sua moglie, una bella signora giovanile, cordiale e squisita, proprio come i suoi piatti che sappiamo essere gustosi ed imperdibili.
Come menù ci lasciamo consigliare: ci sarebbe un’ampia scelta di antipasti che prevedono assaggio di polenta condita, focaccia ligure a base di erbe e uova, affettato locale, frittelle calde e ripiene fatte con la sfoglia, tomini a base di funghi di stagione; come primi piatti tagliatelle fatte in casa con un ragù a base di lardo e naturalmente ancora funghi, gnocchetti sempre fatti in casa conditi con il pesto ligure, quello doc, tortelloni ripieni di magro conditi a piacere; per secondo coniglio disossato e ripieno, un’insalata sempre a base di funghi di stagione, naturalmente patate e un vario genere di verdura cotta; per finire il dolce della casa a scelta, la grappa ed il caffè.
Non ci abbuffiamo, abbiamo imparato che tutto quello che si butta giù di troppo poi diventa un problema di smaltimento, quindi mangiamo il giusto, magari qualcosina di più, tanto ce lo possiamo permettere.
Noi eravamo arrivati per primi ma poi arrivano gli altri; c’è un’intera famiglia, sei persone, e ci sono altre tre coppie di giovanotti sulla sessantina e oltre, ed altre due coppie di baldi fresconi, tutta gente della zona, a giudicare dai saluti scambiati e dai commenti fatti nella sala.
Tra i giovanotti attempati si festeggia il compleanno di una delle tre signore, i reciproci compagni si alzano a turno dal tavolo per andare sul terrazzo esterno a fumarsi la santa beata sigaretta di turno; dev’essere in quell’occasione che nella fessura rimasta aperta della porta s’intrufola un bel topino di campagna, quelli piccoli piccoli, magri magri, tanto simpatici…e che fa? Lui ovviamente sente odore di cucina e vuole andare là da dove proviene il buon profumo; percorre in lungo in largo lo stipite della parete al suo lato, e poi procede intenzionato a passare il secondo ostacolo, la porta in quel momento chiusa che lo separa dalla sua meta: la cucina.
Io, superato il disagio iniziale, lo seguo con la coda dell’occhio; la mia prima preoccupazione è che nessuno dei presenti abbia ad accorgersi di lui, succederebbe il finimondo, penso tra me, già mi prefiguravo il genere femminile dei presenti appollaiato sopra i tavoli inorridito e urlante; poi penso all’oste, che non ci avrebbe fatto davvero una bella figura, ma poi mi dico, tra me e me, una cosa del genere sarebbe potuta succedere anche nei migliori locali che si dovessero trovare in aperta campagna…suvvia…era solo un topolino, piccolo piccolo, magro magro, affamato affamato..
Ecco che la porta del desiderio si spalanca ed è la fine; la fine dell’attesa per il topetto che in un battibaleno supera la soglia riuscendo ad entrare nel suo agognato paradiso…
Beato lui che se la gode…
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