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Cena all’Osteria del topolino

Creato il 30 settembre 2010 da Dallomoantonella

Cena all’Osteria del topolino

Oggi vi voglio parlare di quando siamo andati a cena all’Osteria del topolino…

Io e Pietro siamo in giro a zonzo, è  la fine  di  settembre,  l’estate ha appena chiuso i battenti,  il sole torrido ed impossibile dell’Asia  è ormai un pallido ricordo, e qui, sul confine tra la Liguria e la Toscana, in questo lembo di costa paradisiaca,  un giorno scopriamo per caso una bella trattoria.

Sta arroccata  dentro un bellissimo borgo  antico, dominando la valle sottostante; da qui si vedono i monti  del vicino Appennino tosco-emiliano e vista la stagione mi sembra di sentirne  i  suoi profumi, odore di funghi, odore di muschio, odore di erba bagnata dalla rugiada.

Per la cena è ancora presto e dunque si gira in lungo ed in largo alla ricerca di un  rustico  che Pietro avrebbe  adocchiato su internet;  non che si voglia fare affari,  gli affari ormai li fanno   solo i ricchi, solo chi ne ha tanti di soldi, insomma,  dove praticamente piove sempre sul bagnato…noi abbiamo solo tempo da perdere, tempo da fare girare, almeno di quello ne abbiamo a volontà…

Qui siamo nel centro del mondo;  cosa mai potrebbe mancare a questa gente che vive tutti i giorni a contatto con la natura? Noi del nord siamo condannati a vita ad alzarci ogni mattina per andare a lavorare un lavoro ingrato in una città ingrata tra gente incazzata che  ogni istante  maledice d’essere nata qui,  ma loro, del centro Italia o quelli del sud, cos’avranno mai da lamentarsi? 

Già, è vero, dimenticavo la crisi,  dimenticavo  questo governo di merda,  dimenticavo  che ognuno ha i   suoi c… da fare girare   comunque,  dimenticavo tutto questo,  ma io so soltanto che se  avessi potuto scegliere dove nascere,  avrei scelto di nascere qui, dove è sempre primavera anche quando è inverno,  dove basta aprire gli occhi ogni mattina per  rivedere i colori dei boschi, delle colline, dei campi, dei fiori, per risentire   i  versi degli animali nei cortili dei borghi, dove la gente davvero può pensare che  non c’è nulla che conti  quanto  saper stare in armonia  con il resto del creato…

La vita privata  qui è salva, è protetta, ha una  marcia  in più;  chi ci vive male  è perchè  non si rende conto della propria fortuna,  e così  magari sognando  lo smog e lo stress della vita urbana  vorrebbe fare cambio con qualche  poveraccio  condannato  all’inquinamento…ma  solo perchè è una legge di natura,  si cerca sempre quello che non si ha  e si crede  sempre, sbagliando, che l’erba del vicino sia sempre più verde.  Solo  qui davvero l’erba del vicino  è sempre più verde; ma vi rendete conto del valore aggiunto di un paese che scandisce i suoi tempi, le sue ore, i suoi minuti, a misura d’uomo?

No, io non ho davvero dubbi,  meglio giusti  che  corrotti, meglio sconosciuti ma felici, meglio intelligenti   che stupidi, e se poi  arriva anche qualche soldo in più non è che ci sputiamo sopra, va  bene, tanto di guadagnato.

Girando girando   arriva l’ora di cena e ci presentiamo all’oste; già  ci conosce, avevamo   potuto  incontrarlo   in un’altra delle nostre precedenti escursioni,  e subito l’atmosfera diventa simpatica;  lui ha fatto il servizio nella marina,  ci racconta  che poteva rimanerci dentro e che se ci fosse rimasto  oggi avrebbe potuto già essere in pensione. Ci racconta che a Lerici,  dove lui vive, come  praticamente in tutta la zona delle Cinque terre,  quasi tutti   lavorano nella marina, perché quello è da sempre  il loro  mondo.

Ha  circa cinquant’anni, poco più,    e  sapendo  che siamo dei biker  ci chiede del nostro ultimo viaggio; Pietro diventa una voce inarrestabile,  racconta, racconta, racconta, e lui lo ascolta  incuriosito,  si legge   nei suoi occhi l’entusiasmo  di potere fare  simili viaggi dove  non ci sono confini, dove non ci sono paesi  troppo lontani, troppo inavvicinabili, dove non ci sono cose già viste e risapute ma tutto da scoprire e da conoscere…

Pietro è talmente preso dall’entusiasmo del racconto che intervengo per interromperlo,  immagino che ci sia il cuoco di là in cucina  che abbia bisogno di qualcosa, dell’aiuto del marito, per esempio, visto che il cuoco è sua moglie, una bella signora giovanile, cordiale e squisita,  proprio come i suoi piatti che sappiamo essere  gustosi  ed imperdibili.

Come menù ci lasciamo consigliare:  ci sarebbe un’ampia scelta di antipasti che prevedono assaggio di polenta condita, focaccia ligure a base di erbe e uova,  affettato locale,  frittelle calde e ripiene fatte con la  sfoglia, tomini a base  di funghi di stagione;  come primi piatti   tagliatelle fatte in casa con un ragù a base di lardo e naturalmente ancora  funghi, gnocchetti sempre fatti in casa conditi con il pesto ligure, quello doc,  tortelloni ripieni di magro conditi a piacere;  per secondo coniglio  disossato e ripieno, un’insalata   sempre a base di funghi di stagione, naturalmente patate e un vario genere  di verdura cotta; per finire  il dolce della casa a scelta,   la grappa   ed il  caffè.

Non ci abbuffiamo,  abbiamo imparato  che  tutto quello che si butta giù  di troppo poi diventa un problema  di  smaltimento, quindi mangiamo il giusto, magari qualcosina di più,  tanto ce lo possiamo permettere.

Noi eravamo  arrivati per primi   ma poi arrivano gli altri;  c’è un’intera famiglia, sei persone, e ci sono altre tre coppie di giovanotti sulla sessantina e oltre, ed altre due coppie  di baldi   fresconi,  tutta gente della zona, a giudicare dai saluti  scambiati e  dai commenti  fatti  nella sala.

Tra i giovanotti  attempati  si festeggia il compleanno di una delle tre signore,  i reciproci compagni si alzano  a turno dal tavolo per andare sul terrazzo esterno  a fumarsi la santa  beata  sigaretta di turno; dev’essere in quell’occasione che nella fessura rimasta aperta della porta s’intrufola un bel topino di campagna, quelli piccoli piccoli, magri magri, tanto simpatici…e che fa?  Lui ovviamente sente odore di cucina e vuole andare là da dove proviene   il buon profumo;  percorre in lungo in largo   lo stipite   della parete  al suo lato,  e poi procede intenzionato a passare il secondo ostacolo, la porta  in quel momento  chiusa  che lo separa  dalla sua meta:  la cucina.

Io, superato il disagio iniziale,   lo seguo con la coda dell’occhio; la mia prima preoccupazione è che nessuno dei presenti abbia ad accorgersi di lui,  succederebbe il finimondo, penso tra me, già mi prefiguravo il genere femminile  dei presenti  appollaiato   sopra i tavoli  inorridito  e urlante;  poi penso  all’oste,  che non ci avrebbe fatto davvero una bella figura,  ma poi  mi dico, tra  me e me,  una cosa del genere  sarebbe potuta   succedere anche  nei migliori  locali  che si dovessero trovare   in aperta  campagna…suvvia…era solo un topolino,  piccolo piccolo, magro magro, affamato affamato..

Ecco che la porta del desiderio si spalanca ed è la fine; la fine dell’attesa per il topetto che in un battibaleno  supera  la soglia  riuscendo ad entrare nel suo agognato    paradiso…

Beato lui che se la gode…

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