Se in Maleficent c'era da sistemare e inventare molto per il remake live action della Bella addormentata, con la trasposizione cinematografica di Cenerentola trama vincente non si cambia... Si migliora! Dal Pentamerone o Cunto de li cunti di Basile, passando poi per Perrault, la Cenerentola che tutti conosciamo meglio e che diventa indispensabile metro di paragone per quest'opera commissionata a Kenneth Branagh è ovviamente il film d'animazione Disney del 1950.
I topini ci sono, ma non cantano più, il re non fa il gioviale saltimbanco anzi è in fin di vita, le sorellastre sono piacevolmente stupide... Ma il principe Keith, Madame Tremaine la tremenda matrigna e Cenerentola vengono caratterizzati molto più scrupolosamente rispetto al cartone. Cate Blanchett ha la sua entrata in scena quasi da diva del muto ed è divina nei panni della Matrigna. Contestualizza decisamente meglio – nella scena della scarpetta di cristallo - la condizione sociale che la soggioga. Sua unica ragion d'essere è diventare assoluta sovrana, servita e riverita come il neomonarca con il quale tenta vanamente di accasare le figlie. Una donna perfida, ma con un'ombra di umana solitudine e disperazione simile a quella presentata dalla Jolie in Malifecent.
Cenerentola, al secolo Ella, anche qui fa buon viso a cattivo gioco “arredandosi il tunnel” nella sua casa diventata prigione, ma giunta al limite della sopportazione nei confronti della famiglia acquisita, non subisce, anzi cavalcando il suo cavallo cercherà finalmente la sua fuga, come farebbe una moderna donna che si rispetti. In questa corsa selvaggia che si fa citazione simultaneamente di Biancaneve e La bella addormentata, gli incanti della foresta non sono più gli psichedelici e orrorifici alla Grimm, ma quelli di un ignaro incontro fatto di bugie con il principe azzurro Keith, incrociato per caso in una battuta di caccia. Egli è Richard Madden, uno dei tanti sventurati di casa Stark ne Il trono di spade, qui ripulito e ricoperto di vesti regali che gli calzano come un guanto, azzeccato quasi più di Lily James nei panni di Ella.
Gli effetti speciali, i costumi e soprattutto le scenografie di Dante Ferretti si immergono in un'estetica barocca ridondante, ma la deriva in questa orgia di colori, luci e magiche trasformazioni è tutt'altro che grossolana, anzi è minuziosa e in qualche modo catartica, come l'arrivo maestoso di Cenerentola nella sala da ballo a palazzo. Branagh compie carrelli circolari e pulsanti in questa sequenza e nella scena del bosco. Dato che conosciamo le sue doti d'attore, lo avremmo visto perfetto nel ruolo del sinistro consigliere Gran Duca, incarnato da un Stellan Skarsgard forse un po' fuori parte. La voce di Cenerentola è così memorabile nel film Disney, che a più riprese si omaggia l'originale irrinunciabile, seppur brevemente. Viene inoltre trapiantato Lavender's blue direttamente dalla canzone popolare inglese, che qui è riscritta come leitmotiv dall'inizio alla fine. La fata madrina, la cara Helena Bonham Carter, traviata in fin troppi film da Burton con i suoi ruoli monotonamente bizzarri, qui non si smentisce come non si smentisce l'ormai naufragato Depp. Tolto l'inizio un po' troppo idilliaco e lungo, dove troviamo un Ben Chaplin particolarmente invecchiato nel ruolo del padre di Cenerentola, il film è una visione leggiadra. Senz'altro non è un'opera indimenticabile nella filmografia di Branagh, ad ogni modo risulta piacevole e persino divertente. "I non fortuiti casi dell'altalena"
L'ispirazione di quella scena di corteggiamento nel giardino segreto, con l'altalenae la scarpetta che vola via è il dipinto di Jean-Honoré Fragonard "L'altalena", citato già in Frozen nella scena qui sopra.
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