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Censimento, non mento

Creato il 20 ottobre 2011 da Antonio_montanari

Egregio Signor Stato, da Voi m'è arrivato il modulo solenne per il Censimento. I tg m'hanno spaventato, non ho ancora aperto la busta che contiene il malloppo. Anche perché a quello mio personale se ne sono aggiunti altri tre circonvicini, provocandomi macchie rosse sul viso e pruriti in varie parti del corpo.
Dello Stato sono stato umile servitore, come per varie generazioni lo furono tutti i rami della famiglia da cui provengo. So che cosa significhi la parola stessa di Stato, non un fiato di voce ma una sostanza delle cose. Lo sperimentai tanti anni fa: quando nelle scuole più i maestri degli allievi tentarono di sovvertirlo. Con calma e pazienza dovemmo affrontare le buriane dei cosiddetti contestatori, tutte persone di eccellente intelletto, tanto che poi loro, che maledivano lo stato malridotto dello Stato, fecero di tutto per entrarvi e trovare ottime sistemazioni nelle varie articolazioni della Pubblica Amministrazione.
Questo non significa però che pure lo Stato non commetta i suoi errori. E che in sé non abbia qualcosa di cui non potrebbe dichiarare tutto. Si compone una biblioteca intera con i volumi che riguardano segreti di Stato, misteri di Stato, armadi della vergogna, deviazioni dei Servizi segreti. Ha ragione, signor Stato, a chiederci di essere sinceri. Ma forse non abbiamo tutti i torti neppure noi umili cittadini, spesso trattati alla stregua di sudditi, a chiedere che su certe cose bisognerebbe cambiar musica. Quella che ci è stata fatta ascoltare, talora non è piaciuta, non perché siamo noi di gusti difficili, ma soltanto perché direttori stonati o cantori sfiatati non hanno fatto bella figura nei pubblici concerti.
Un esempio? Nel diario segreto di Tina Anselmi sulla P2, pubblicato da Anna Vinci, un capitolo è intitolato "Sanno che sono sola". Vi si legge: "Da varie parti politiche mi si segnala la volontà di chiudere questa vicenda in maniera indolore" (p. 369). L'intervento di Tina Anselmi alla Camera il 9 gennaio 1986 terminava ricordando che nel sistema democratico "non vi è e non può esservi posto per nicchie nascoste o burattinai di sorta" (p. 431).
Se non mento al Censimento per principio e non soltanto per paura di sanzioni, lo stesso comportamento vorrei che lo Stato assumesse verso i suoi cittadini: essere un libro aperto e non pure, per gravi vicende, un fascicolo chiuso, ben nascosto, con pagine cancellate o strappate. [XXX, 1053]


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