Il quarantasettesimo rapporto Censis inquadra la situazione sociale italiana: spicca una scarsa istruzione ed un troppo lavoro precario.
(gctoscana.eu)
La fotografia che mette a nudo l’Italia parla anche di una ridotta capacità di spesa delle famiglie, delle compravendite delle case crollate del 45% dal 2007 al 2013, dell’incertezza dei cambiamenti fiscali che portano indietro il Paese di 10 anni. Una famiglia su quattro, infatti, fatica a pagare le bollette.
A destare particolare preoccupazione è la precarietà con la quale i giovani cercano di entrare nel mondo del lavoro: quella che dovrebbe essere una forza per il Belpaese, il lavoro ai giovani, è una zavorra pesante. Fra questi c’è ancora una bella fetta che non ha conseguito un titolo di scuola secondaria di primo grado: si tratta di un 2% di 15-19enni, di un 1,5% di 20- 24enni, di un 2,4% di 25-29enni e del 7,7% di 30-59enni. Sono quelli che vanno a finire nel grande calderone dei Neet, persone cioè che non hanno né studiato, né di conseguenza hanno un lavoro. Fra chi invece possiede un background, nonostante un’istruzione molto provinciale, poco globalizzata, sottolinea il Censis, si registra un massiccio esodo all’estero: 28,8% in 1 anno, e più della metà ha meno di 35 anni.
Complessivamente poi, il nostro paese soffre di una scolarità insufficiente, che porta ad una grave dispersione. La famiglia, salvagente per i giovani, inoltre arranca: una su quattro fa fatica a pagare le bollette; il 50% teme di non poter mantenere il proprio tenore di vita e il 70% si trova in difficoltà se arriva una spesa imprevista.
Dilaga l’incertezza sul futuro del lavoro: 6 milioni di occupati, cioè il 14% dei lavoratori, vivono in situazioni di precarietà. Ovvio il calo dei consumi, indice anche scrive il Censis, di un Paese sotto sforzo, “smarrito, profondamente fiaccato da una crisi persistente”, tanto che per un 69% delle famiglie le capacità di spesa sono peggiorate.
Sono in aumento gli imprenditori immigrati che dimostra quanto importanti siano gli investimenti derivanti dall’estero. Tra il 2012 e il 2009, in piena crisi, c’è stata una crescita del 16,5% degli imprenditori stranieri che lavorano in Italia, più 4,4% solo nell’ultimo anno, mentre nei quattro anni considerati le imprese dei nostri connazionali si sono ridotte del 4,4%, meno 1,8% tra il 2012 e il 2011. Nel solo commercio dal 2009 a oggi i negozi gestiti da immigrati sono cresciuti del 21,3% contro una riduzione del 3,3% di quelli italiani. E riescono a trovare un mercato persino nelle zone più depresse del Paese, considerate prive di opportunità imprenditoriali: a Castel Volturno appartiene agli immigrati il 73,8% dei negozi, la percentuale è del 45,6% a Lametia Terme e del 42,6% a Caserta.
La crisi ha accentuato il divario tra Sud e Centro-Nord: il Pil pro-capite nel Mezzogiorno è di 17.957 euro, il 57% di quello del Centro-Nord, e inferiore ai livelli di Grecia e Spagna. Il Censis parla del Meridione come di “un problema irrisolto”, ma i dati mostrano un serio peggioramento: “l’incidenza del Pil del Mezzogiorno su quello nazionale è passata dal 24,3% al 23,4% nel periodo 2007-2012, frutto di una contrazione di 41 miliardi, il 36% dei 113 persi dall’Italia a causa della crisi”.
Altrettanto scontato, infine, l’altro dato che salta fuori dalla ricerca: il 56% degli italiani, data la generale situazione di sconforto, si disinteressa della politica.