La battaglia per salvare il Pianeta dalla crisi climatica è dunque una battaglia CONTRO IL CARBONE. Tuttavia, agli attuali tassi di sviluppo, le emissioni dalla più sporca fonte fossile sono destinate ad aumentare del 60 percento al 2030. Se così fosse, non avremo alcuna speranza di limitare gli effetti più devastanti e irreversibili dei cambiamenti climatici.
Il momento di intervenire è ora, e il carbone è alla base del problema. Ogni nuova centrale a carbone è un atto criminale contro la sopravvivenza della vita stessa sul Pianeta Terra. Occorre abbandonare al più presto la nostra dipendenza da questo combustibile fossile, a favore di una rivoluzione energetica basata su fonti rinnovabili ed efficienza energetica.
In tutto il mondo gli uffici di Greenpeace sono dunque impegnati in attività contro l’apertura di nuove centrali, e nel denunciare i danni causati dal carbone:
MINACCIA REALE:
Dall’estrazione alla combustione, il carbone è causa di impatti devastanti per l’ambiente e per la salute delle persone. Ad esempio in Cina si stima che la combustione del carbone sia la prima fonte di inquinamento atmosferico, responsabile di 350-400 mila morti ogni anno. L’industria del carbone non sta sostenendo i costi economici di questi impatti, che ricadono sulle comunità locali e sulla società in genere.
Nel rapporto “I Veri Costi del Carbone” Greenpeace ha messo ben in evidenza che il carbone è il combustibile più economico solamente perché il suo prezzo di mercato non comprende i “costi esterni” connessi ai gravi impatti per l’ambiente e per le persone, ma solo i costi legati all’estrazione del minerale, al trasporto, tasse e profitti.
I gravi impatti non si devono solo alle emissioni di gas serra, ma comprendono anche la deforestazione e la distruzione di interi ecosistemi per e miniere, la contaminazione di suoli e di acque superficiali e di falda, la violazione di diritti umani sia dei lavoratori che delle comunità che vivono nei pressi delle miniere di estrazione del carbone, i prodotti di scarto delle lavorazioni che veicolano nell’ambiente composti tossici come mercurio e arsenico.
Se tutti questi “costi esterni” venissero conteggiati nel prezzo di mercato del carbone, la convenienza economica di realizzare nuove centrali verrebbe meno, a vantaggio delle fonti rinnovabili.
Il rapporto di Greenpeace stima che i costi esterni del carbone sono ammontati a circa 356 miliardi di euro nel 2007.
ILLUSIONE FUTURA:
Nonostante questo, l’industria del carbone sta tentando di presentare il carbone come “pulito”, sostenendo che sarebbe possibile, con tecniche di “cattura e stoccaggio” (CCS), confinare le emissioni di CO2 sottoterra. In realtà stoccare la CO2 sottoterra è solo un’illusione. Il CCS è una tecnologia estremamente costosa, rischiosa e immatura, e non potrà essere commercialmente disponibile prima del 2030. Fino al 2030 il “carbone pulito” rimarrà una sporca bugia per consentire la costruzione di centrali che continueranno a emettere CO2 per i prossimi vent’anni!
Tratto da Greenpeace: http://www.greenpeace.org/italy/rivoluzione-energetica/energia-e-clima/sporco-carbone
In allegato ho inserito alcune foto scattate dal sottoscritto mentre viaggiavo tra il New Mexico e l’Arizona negli USA. Lo spettacolo, come ben visibile, è veramente osceno.