Così non va. Il 2012 si è chiuso con i numeri in rosso e con la consapevolezza che la lotta al narcotraffico in Centroamerica è lungi dal trovare una soluzione. A rivelarlo è l’Unodc, l’agenzia Onu che si interessa della lotta ai traffici della droga, che nella sua relazione annuale dimostra ha dimostrato come solo il 10% delle 900 tonnellate di cocaina che passa per l’istmo centroamericano sia stato sequestrato. Una parte minima che non giustifica le migliaia di morti e la forte penetrazione economica che i cartelli stanno realizzando dal Guatemala a Panama. Il rapporto dell’agenzia palesa un mesto panorama, una conferma che le cose, così come stanno, non funzionano. Dati alla mano, i governi della regione imputano questo fallimento ad una strategia ormai consunta che, imposta dagli Stati Uniti, sta lentamente ma inesorabilmente logorando le società centroamericane. Secondo ciò che traspare dall’analisi dell’Unodc, insomma, le maniere forti finora non sono servite. Washington ha speso quasi 100 milioni di dollari in quattro anni per dotare i governi centroamericani di armamento bellico, apprecchiature militari e consulenze senza riuscire a scalfire minimamente il traffico che dal Sudamerica percorre le rotte centroamericane. Gli Usa, poi, sono andati anche più in là, esportando il loro modello di controllo su tutto e tutti, inaugurando un sistema di biometria che si propone di schedare i cittadini centroamericani. Insomma, a casa propria, con la paura del terrorismo, all’estero con la paura del narcotraffico, il governo Usa continua ad alimentare la paranoia senza però riuscire a debellare il nocciolo della questione.
Sulla base dei numeri negativi dell’anno appena concluso riprende vigore la proposta del presidente guatemalteco Pérez, che nel marzo 2012 aveva suggerito la depenalizzazione delle droghe, un piano rifiutato seccamente dagli Stati Uniti, ma che in Centroamerica aveva suscitato diversi pareri favorevoli. Per la prima volta, i governi centroamericani si sono chiesti quale sia la vera utilità di una strategia repressiva, che lascia il tempo che trova e che, con il tempo, si è rivelata come un’alleata di quegli stessi cartelli che si propone eliminare. Il dibattito è aperto e, anche se Pérez è virtualmente solo nella radicalità della sua proposta, ha ricevuto l’appoggio di Nicaragua, Costa Rica ed El Salvador per la formazione di un fronte comune che affronti un cambiamento nelle tattiche antidroga. Il presidente del Guatemala è stato enfatico sulla sua posizione anche nel forum di Davos del mese scorso, dove ha ricordato che in ¨cinquanta anni di lotta al narcotraffico i cartelli sono cresciuti, così come è cresciuto il consumo e la produzione della droga¨. Accompagnato dal miliardario George Soros, che ne appoggia l’operato, Pérez ha annunciato che, per quanto riguarda il Guatemala, è allo studio una proposta di legge per controllare le piantagioni di amapola che sorgono al confine con il Messico, il primo passo per correggere un sistema che è sbagliato e va corretto. Pérez, insomma, non demorde ed ha già promesso che porterà la sua proposta all’Assemblea generale delle Nazioni Unite prevista per il prossimo giugno.
Anche se non unanimi nel loro appoggio al presidente guatemalteco, i governi centroamericani insistono nel voler coinvolgere i paesi industrializzati –Stati Uniti in testa- ai quali si chiede di prendere efficaci misure interne e non pensare unicamente alla repressione alla fonte. È un circolo, che interessa paesi produttori, di transito e consumatori ed in cui ognuno deve prendersi le proprie responsabilità senza assumere posizioni di leadership o di superiorità. Il riferimento alla ¨lista nera¨ stilata ogni anno dal governo di Washington non è nemmeno troppo velato.
Responsabilità compartita o no, l’aiuto economico è destinato a diminuire (da 100 a 86 milioni di dollari) e, su queste basi, il Centroamerica si interroga che 2013 sarà. I paesi della regione continueranno a collaborare con le unità militari statunitensi nelle operazioni congiunte che nel 2012 hanno portato al sequestro di 32 tonnellate di cocaina (in testa alla classifica dei paesi più attivi c’è Panama, dove sono state confiscate 22 tonnellate di questa droga) ma allo stesso tempo si chiedono come promuovere nuove politiche per frenare la penetrazione dei cartelli. Il narcotraffico in Centroamerica procura guadagni nell’ordine dei 15.000 milioni di dollari, ricavi che i narcos intendono incrementare e che sono all’origine dell’offensiva degli Zetas per il controllo della regione. Guatemala e Honduras sono diventati gli scenari dei regolamenti di conti tra le bande rivali, Costa Rica e Panama buoni mercati su cui investire i proventi delle attività delittive. La trasformazione è in atto: il Centroamerica non è più solo rotta di transito, ma regione prolifica dove stabilire traffici e operazioni.
Articolo apparso in esclusiva sull’appzine L’Indro: http://www.lindro.it/
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Centroamerica e narcotraffico: il fallimento della strategia Usa
Creato il 08 febbraio 2013 da EldoradoPossono interessarti anche questi articoli :
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